• Gio. Dic 26th, 2024

Atlantis is real: Official discovery of Atlantis, language and migrations

Atlantis is the Sardo Corso Graben Horst underwater continental block submerged by the Meltwater Pulses and destroyed by a subduction zone, Capital is Sulcis

Versione 243 Atlantide è stata ritrovataVersione 243 Atlantide è stata ritrovata
Spread the love
Esistono prove genetiche, tettoniche, archeologiche, idrografiche, geologiche, geografiche, paleontologiche, fonologiche, onomastiche, toponomastiche e linguistiche dell’esistenza di Atlantide, che verranno elencate di seguito in questa pagina.
Il testo verrà corretto all’infinito, nel tentativo di creare un testo leggibile per la Comunità Scientifica.
18 Luglio 2023: credevo di aver localizzato l’esatta posizione delle Colonne d’Ercole, invece (correzione del 06/08/2023) ho scoperto che questa informazione l’aveva già pubblicata il Professor Giorgio Saba, autore del testo: “Scusi, dov’è l’Ade? Ipotesi sulla storia antica della Sardegna”. Ho contattato il Professor Pierluigi Montalbano per comunicare la mia potenziale scoperta, e lui mi ha informato che questa informazione era già stata scoperta e pubblicata, anche se non ne avevo mai sentito parlare prima.
Congratulazioni al Professor Giorgio Saba, scopritore ufficiale delle Colonne d’Ercole di Carloforte.
  1. Il Gentilissimo Professor Giorgio Saba ha ritrovato le vere Colonne d’Ercole: esse sono il Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, nell’Isola di San Pietro, in Sardegna (Italia); la sua scoperta è descritta nel testo “Scusi, dov’è l’Ade? Ipotesi sulla storia antica della Sardegna”.
    Congratulazioni ufficiali!
  2. il Sulcis è la capitale di Atlantide;
  3. Atlantide non è la Sardegna: Atlantide è il blocco geologico sardo-corso parzialmente sommerso da cause da accertare; la Sardegna è soltanto un altopiano di terra emersa dell’isola semisommersa di Atlantide. Quando l’isola venne semi-sommersa, ciò che rimase fuori dall’acqua venne poi conosciuto col nome di Sardegna e di Corsica. La Corsica era la parte montuosa a nord di Atlantide.
  4. Ci sono prove di una sommersione, avvenuta in data da determinarsi;
  5. Sono presenti rocce bianche, rosse e nere: quelle nere sono state addirittura esportate per tutto il Mar Mediterraneo, e si tratta dell’ossidiana; le rocce rosse sono famosissime in Sardegna, in particolare quelle di Arbatax e le rocce rosse di Carloforte, per citarne solo alcune. Le Rocce Rosse dell’Ogliastra sono una delle principali attrazioni naturalistiche della regione. Situate sulla costa centro-orientale della Sardegna, queste imponenti formazioni di porfido rosso emergono dalle acque verdi smeraldo, creando uno spettacolare contrasto cromatico con gli scogli bianchi e i ciottoli colorati1.La baia delle Rocce Rosse si apre a est del porto di Arbatax, una frazione turistica di Tortolì, con un fondo di scogli bianchi e alte rocce di granito rosso che conferiscono al paesaggio un aspetto unico ed estremamente affascinante1Il riflesso delle rocce dona all’acqua un colore cangiante sul verde smeraldo, creando un’atmosfera magica e mozzafiato, soprattutto al tramonto quando le tonalità calde esaltano la bellezza del paesaggio1.Le Rocce Rosse sono state anche la location per la scena finale del film “Travolti da un insolito destino” di Lina Wertmüller (1974)1Altre falesie di porfido rosso punteggiano il litorale ogliastrino, come ad esempio Is Scoglius Arrubius, due faraglioni alti venti metri che sono il simbolo della magnifica spiaggia di Cea, situata a pochi chilometri a sud1. In sintesi, le Rocce Rosse dell’Ogliastra sono una meraviglia naturale che offre uno spettacolo mozzafiato grazie al contrasto cromatico tra le rocce rosse e le acque verdi smeraldo. Un luogo da non perdere per chi visita la Sardegna!
    Fetovaia, porto neolitico dei sardi nel 3720 avanti Cristo Secondo un articolo scritto da Angelo Mazzei, Fetovaia era un porto neolitico dei sardi nel 3720 a.C. I “Circoli Arzachena” di Piane alla Sughera, sulla montagna di Fetovaia, sono tombe a circolo del neolitico molto simili a quelle dei Circoli di li Muri, in Sardegna. Sono datate empiricamente a circa la prima metà del IV millennio a.C. Secondo Mazzei, possono essere datate con maggiore precisione intorno al 3750 a.C., data la situazione che si configura in quell’epoca di particolare intensità nelle rotte marittime dei commercianti sardi di ossidiana.Mazzei prende spunto dalla scoperta di un sito neolitico in Provenza contenente un deposito di circa 5000 frammenti di ossidiana proveniente dal Monte Arci (Oristano). Nel 2005, una scoperta rivoluzionaria è avvenuta presso Trets, nel sud della Francia, che ha ampliato significativamente la nostra comprensione della diffusione dell’ossidiana nella regione mediterranea nord-occidentale. Questo sito archeologico, chiamato “Terres Longues”, si trova nella bassa Provenza calcarea, nel bacino di Trets, e presenta tracce di una densa attività preistorica.Grazie a diverse indagini archeologiche, è stato rivelato che l’ossidiana, una pietra vulcanica spesso usata nella preistoria, era assente nelle strutture scavate ma era presente in un livello specifico di suolo del sito. Questo strato di suolo ha anche mostrato una grande quantità di selce (silex bédoulien), un altro tipo di pietra utilizzata dagli antichi abitanti. Una datazione basata su reperti faunistici trovati alla base di questo livello di suolo ha rivelato che il sito risale all’estrema fine del periodo Chasséen, situandolo intorno al 3720 ± 80 a.C.Il numero di reperti di ossidiana è impressionante, ammontando a 4548 pezzi, rendendo il sito di Terres Longues unico nel sud della Francia e oltre. L’ossidiana rappresenta più del 20% dell’intero assemblaggio, una percentuale notevolmente alta se paragonata ai dati conosciuti precedentemente. L’analisi tecnologica di questo assemblaggio litico ha l’obiettivo di definire la funzione del sito, in particolare il suo ruolo nei circuiti per la diffusione dell’ossidiana e della selce beduliana (silex bédoulien) e la presenza eventuale di una colonia sarda che fungeva da centro commerciale per lo smistamento delle merci.Ecco alcune fonti che parlano della diffusione dell’ossidiana sarda in Europa e nel mondo: 

    1. “Obsidian Studies in the Prehistoric Central Mediterranean: After 50 Years, What Have We Learned and What Still Needs to Be Done?” di Robert H. Tykot1
    2. “Mediterranean Islands and Multiple Flows” di Robert H. Tykot2
    3. “New directions in central Mediterranean obsidian studies” 3

    Queste fonti forniscono informazioni dettagliate sulla diffusione dell’ossidiana sarda, in particolare quella proveniente dal Monte Arci in Sardegna, che viaggiava per centinaia di chilometri a partire dal Neolitico Antico1. Come si può notare da queste fonti, non sono ad Atlantide vi erano pietre bianche, rosse e nere, ma addirittura vi si fece un grandissimo commercio proprio di pietre nere, ossia dell’ossidiana, in giro per tutta europa, e abbiamo tantissime prove documentate da scienziati ed archeologi che a questo studio hanno dedicato parte della loro vita, permettendoci ora di avere prove certe e documentate dell’uso di pietre nere dal popolo atlantideo sardo-corso.

  6. Voce realizzata con l’aiuto dell’Intelligenza artificiale, da riscrivere e correggere: ci sono moltissime prove del culto del toro; tra le tante, la presenza toponimica dell’Isola del Toro, l’Isola della Vacca; il culto del toro al tempio di Matzanni; il ritrovamento di moltissime teste di toro rituali. Raccoglierò lentamente tutte queste prove in questa voce d’elenco.
    Ci sono prove del culto del toro in Sardegna. Una delle più importanti è la presenza di bucrani, o protomi bovine, che rappresentano le corna del toro, su molti siti archeologici dell’isola. Questo simbolo è uno dei più prolifici e duraturi sull’isola, continuando durante il Calcolitico fino al Bronzo quando le corna del toro sono raffigurate in rilievo sulle tombe nuragiche1. La rappresentazione dei tori come animali sacri è estremamente antica e profondamente radicata nell’inconscio collettivo. Nel 15.000 a.C., gli aurochs (l’antenato dei nostri tori contemporanei) furono dipinti in rilievo nelle grotte di Lascaux, presentati nella famosa Sala dei Tori1Il culto del toro si diffuse in tutto il Mediterraneo durante il tardo Calcolitico, presumibilmente trasmesso tramite marinai sulle rotte commerciali1.
    Il toro era l’animale più presente, per non dire esclusivo, nell’arte e nella religione neolitica della Sardegna. In un amuleto in pietra ritrovato a Bau Porcus, è evidente l’importanza e il valore taumaturgico del simbolo taurino che vi è inciso con la testa di forma ovale sormontata da corna lunate, così come nelle protomi bovine scolpite nell’ipogeo di Sa Londra ad Alghero, entrambi ascritti alla cultura di Ozieri. Dalla località di Bingia Eccia, presso Dolianova, proviene un piatto tetrapode in calcare con protomi taurine. Nelle grotte di Monte Majore e Sa Ucca ‘e su Tintirriolu, sono stati ritrovati quattro frammenti di vasi databili agli inizi del III millennio a.C. in cui sono raffigurati lo schema del toro in forma di mezzaluna, oppure con la testa trapezoidale allargata alle froge, o ancora, con la protome taurina, quest’ultima presente in maniera consistente ad Anghelu Ruju, nella zona di Cagliari, dipinta sugli architravi delle tombe.Ma le protomi taurine si ritrovano, scolpite o dipinte, isolate o in coppia, in numerose domus de janas (tombe scavate nella roccia solitamente riunite in necropoli) sparse per tutto il territorio sardo, come simbologia magica e protettiva delle sepolture. Per non parlare dei bronzetti di guerrieri sardi con elmi ornati di corna, a volte poste in verticale, altre in orizzontale.Sembra strano che un animale come il toro, così utile nella realtà quotidiana della civiltà agricola e allo stesso tempo tanto sacro da costituire quasi un’unione tra la natura animale e quella divina, sia stato effigiato solo con i segni della testa e delle corna anziché con l’intero corpo. Ma questo modo di offrire in immagine simbolica una parte dell’animale non è certamente dovuto alla scarsa abilità dell’artigiano neolitico protosardo, bensì a una specie di “norma di rappresentazione” fondata su idee e credenze che hanno agito come regola di elaborazione del sistema artistico e religioso più remoto della Sardegna.Al lungo elenco pertinente all’importanza del toro in Sardegna si può aggiungere che secondo alcuni studiosi nella forma delle “Tombe dei Giganti” si potrebbe evidenziare un altro simbolo taurino: dalla grossa stele granitica centrale si diramano infatti due bracci semicircolari costituiti da lastroni conficcati nel terreno che riprodurrebbero la forma delle corna del toro.Dopo il lunghissimo periodo della storia dell’uomo dedicato esclusivamente alla caccia e alla raccolta bisogna rifarsi al sorgere delle civiltà pastorali e agricole per comprendere meglio il significato di questi simboli. Infatti fu la luna che attirò con i suoi cicli l’attenzione degli uomini preistorici. Il nostro satellite venne considerato la “personificazione” in cielo della Madre Terra per la sua manifesta influenza sul crescere delle piante e sul risultato delle messi. Le fasi crescenti e calanti dei suoi “quarti” richiamavano alla mente delle antiche popolazioni i periodi di fecondità e gravidanza della donna. In questo senso il Dio Toro-Luna incarnava la fecondità maschile legata anche a quella agraria.Il toro ha un significato simbolico importante sia nella cultura dell’antico Egitto che in quella dell’antica Sardegna. 

    1. In Egitto, il toro Apis era venerato come divinità, specialmente a Menfi. Il suo culto è documentato fin dalla II dinastia, e alcuni pensano che possa risalire addirittura alla I dinastia. La figura del toro potrebbe essere stata trasmessa agli Egizi in epoca preistorica, una teoria che necessita ulteriori studi.
    2. Nella cultura di Ozieri in Sardegna, il toro o il bue era simbolicamente legato alla fertilità maschile e alla fecondità agraria. Questa credenza era centrale nelle civiltà del Rame e del Bronzo. Il simbolismo taurino era connesso con il simbolismo materno (e lunare) e paterno (e solare).
      • Il Dio Toro in Sardegna: Giovanni Lilliu descrive il culto del toro in Sardegna, rilevando l’importanza del bue come partner della Dea Madre e proteggitore di vivi e morti. Le sue manifestazioni aniconiche includevano grandi pietre verticali appuntite (menhir) e protomi taurine nelle tombe sotterranee.
    3. Possibile connessione tra le due culture: Sebbene vi siano paralleli intriganti tra il culto del toro nelle due regioni, non vi sono prove dirette di un collegamento o di una influenza reciproca. Il simbolismo del toro era comune a molte culture antiche, quindi le somiglianze potrebbero essere coincidenti o risultato di una convergenza culturale.

    In conclusione, il culto del toro è una caratteristica affascinante sia della cultura egizia che di quella sarda, e le somiglianze tra le due potrebbero essere suggestive di temi universali connessi all’agricoltura, alla fertilità e al potere. Ulteriori ricerche potrebbero chiarire se vi sia una connessione diretta tra queste pratiche religiose.

  7. La prova di esistenza di canali è fortissima: infatti è presente un porto-canale come quello descritto per Atlantide, ed è il Porto Canale di Cagliari; la geografia e persino la geologia del Sulcis presentano, ad un analisi delle immagini satellitari, andamento per cerchi concentrici o sezioni di cerchi; la geografia del centro del Sulcis coincide con le descrizioni platoniche: boschi sacri (ancora oggi buona parte del Sulcis è composta da boschi e parchi naturali considerati talmente preziosi da averne fatto zone protette dall’Unione Europea, e questo può essere un motivo per il quale non si è portato avanti scavi e studi di carotaggio per verificare l’eventuale presenza di reperti archeologici sotterranei).
  8. Atlantide era ricchissima di minerali: e lo è ancora oggi, immaginiamoci come doveva essere oltre 11600 anni fa! Le miniere del Sulcis sono famose in tutta Europa, hanno una storia e tradizione antichissima, ben nota ai geologi di tutto il mondo e che non ha bisogno di essere rimarcata ulteriormente. A Furtei esiste ancora oggi una miniera d’oro che ha permesso ancora alcuni decenni fa di estrarre oro; questo lascia pensare che nella preistoria la miniera potesse essere ricchissima di materia prima aurea. In Sardegna esistono persino minerali unici al mondo, ad esempio l’Ichnusaite, che prende il nome da Ichnussa, antico nome della Sardegna.
  9. Nel racconto di Platone sull’Atlantide, viene descritta una pianura adiacente alla città che aveva un perimetro di 2.000 x 3.000 stadi (385 x 580 km o 240 x 360 miglia). Un stadio corrisponde a circa 185 metri, quindi la pianura aveva un perimetro di circa 370 x 555 km. Queste sono esattamente le dimensioni dell’altezza e della larghezza del blocco geologico sardo corso sommerso. Questo implica che nel passato i sardo corso atlantidei erano già riusciti a misurare l’esatta estensione dell’isola prima che finisse sommersa sotto il mare, o se volete, sotto l’Oceano Atlantico, ossia l’attuale Mar di Corsica e di Sardegna. La dimensione presa in direzione nord-sud del blocco sardo corso attualmente semisommerso è esattamente di 555 kilometri, e questa precisione è impressionante, e il fatto che la dimensione sia così precisa non può essere una coincidenza: altrimenti in questa pagina sono elencate centinaia e centinaia di “coincidenze”. Non si tratta di coincidenze, ma di fatti.
  10. Il Lago Tritonide è la somma dei Laghi, Lagune e Stagni di Cagliari, Assemini, Elmas, Capoterra, Quartu, Molentargius, Stagno Conti Vecchi; è ancora da determinare se la sommersione del blocco sardo-corso abbia modificato le dimensioni originali di questo lago creduto mitologico per millenni; analizzerò le fonti lentamente, cercando di dare un senso ai testi antichi.
    Erodoto, Storie 4. 180 (traduzione Godley) (storico greco V sec. aC):
    Non posso dire; ma suppongo che l’armatura fosse egiziana; poiché sostengo che i greci presero il loro scudo e l’elmo dall’Egitto. Quanto ad Atena, dicono che fosse figlia di Poseidone e del lago Tritonide, e che, per qualche motivo adirata con suo padre, si diede a Zeus, che la fece sua figlia. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”.Pseudo-Apollodoro, Bibliotheca 3. 144 (traduzione  Aldrich) (mitografo greco II d.C.):
    “Dicono che dopo la nascita di Atena, fu allevata da Tritone [e presumibilmente Tritonide], che ebbe una figlia di nome Pallade. Entrambe le ragazze coltivarono la vita militare, che una volta li portò a una disputa contenziosa.Quando Pallade stava per dare un colpo ad Atena, Zeus tese l’egida in modo ombroso, in modo che lei alzò lo sguardo per proteggersi, e così fu ferita da Atena e cadde. era successo a Pallade, Atena ne fece una sua immagine di legno, e intorno al petto legò l’egida che l’aveva spaventata, e pose la statua accanto a Zeus e gli rese onore.”Apollonius Rhodius, Argonautica 4. 1493 ss (traduzione  Rieu) (epopea greca III sec. a.C.):
    “Egli [Anfitemide figlio di Apollo e Akakallis (Acacallis)] sposò la Ninfa Tritonis e lei gli diede due figli, Nasamon e il potente Kaphauros ( Capauro).”Pausania, Descrizione della Grecia 1. 14. 6 (traduzione  Jones) (Diario di viaggio greco C2nd AD):
    “I libici dicono che la dea [Athena] è la figlia di Poseidone e del lago Tritonide, e per questo motivo ha gli occhi azzurri come Poseidone.”Pseudo-Igino, Fabulae 14 (traduzione  Grant) (mitografo romano II sec. d.C.):
    “Durante il viaggio di ritorno [degli Argonauti] Euribate, figlio di Teleone morì, e Canto, figlio di . . ((lacuna)) Furono uccisi in Libia dal pastore Cefalione, fratello di Nasamone, figlio della Ninfa Tritonide e di Anfitemide, di cui depredavano le greggi».
  11. La leggenda narra che gli abitanti del Lago Tritonide rubarono e nascosero un tripode degli argonauti: ho teorizzato l’ipotesi che il tripode menzionato nella leggenda degli Argonauti sia stato effettivamente nascosto dai sardi dopo l’arrivo degli Argonauti nella zona. Questo tripode potrebbe essere stato un manufatto prezioso o sacro che ha suscitato l’interesse dei sardi, portandoli a copiarne la tecnica stilistica per produrre tripodi locali. E’ possibile quindi una contaminazione non solo linguistica e culturale tra greci e sardi, ma persino artistica e stilistica. E’ possibile che tra i frammenti di tripodi in stile greco e cipriota ritrovati dagli archeologi sardi, vi sia persino qualche frammento o parte del tripode citato nella leggenda.
  12. I Monti di Atlante citati da Erodoto nelle sue Storie al Capitolo IV sono i Monti del Sulcis;
  13. La Libia citata da Erodoto nelle sue Storie al Capitolo IV è una zona dell’attuale Provincia di Cagliari;
  14. La “specie degli elefanti” largamente presente su Atlantide sardo corsa è il Mammuthus Lamarmorae, oggi conosciuto anche come Elefante nano sardo;
  15. L’Oceano Atlantico per Erodoto e Sonchis di Sais è il Mare di Sardegna e di Corsica e altri mari del Mediterraneo, ma non tutto il Mediterraneo: solo un suo sottoinsieme; abbiamo quindi modo di fare un’approssimata datazione storica:
    il viaggio di Solone a Sais è collocabile intorno al 590 circa Avanti Cristo;
    Erodoto di Alicarnasso vive nel V secolo Avanti Cristo.
    Possiamo quindi ricavarne che nel VI e V secolo Avanti Cristo in Egitto e in Grecia il Mar di Corsica e il Mar di Sardegna erano ancora chiamati “Oceano Atlantico” da alcuni dotti del Mediterraneo.
    Possiamo quindi ricavarne che in seguito accadde qualcosa che forzò un cambio della nomenclatura geografica. Al momento attuale, in data 17/08/2023, non ho ancora capito cosa sia accaduto. Perché è stato cambiato il nome all’Oceano Atlantico, ossia al Mare di Atlantide? Al momento, ritengo che via via che cresceva la potenza di Roma, diventava insopportabile al Senato Romano il vecchio nome dell’Oceano Mediterraneo: probabilmente il Senato propose ad un certo punto una Damnatio Memoriæ. Attualmente queste affermazioni sono ancora sperimentali, perché io non sono uno storico, non ho quindi la struttura cognitiva necessaria a formalizzare queste idee in maniera scientifica. Spero che qualche studioso voglia aiutarmi in questa mia enorme difficoltà, mettendo sotto test le mie idee, come accade quando si eseguono i benchmark di un prodotto software.
  16. Il fango che circondava l’isola di Atlantide sardo-corsa è dovuto all’erosione da parte della risacca delle paleocoste sardocorse; tale erosione ha causato la generazione della cosidetta piattaforma continentale sardo-corsa sommersa;
  17. Un’altra fonte da me utilizzata è l’analisi della toponomastica. Non sono un esperto, ho dovuto costruire la mia teoria ipotesi su ipotesi. Dopo aver compreso che Atlantide è il blocco sardo-corso semisommerso, mi sono chiesto dove avrebbe potuto essere la capitale. E osservando le mappe satellitari mi sono reso conto che il Sulcis è formato da strutture geologiche che ricordano porzioni di cerchi concentrici, come la capitale di Atlantide descritta da Platone. Dopo aver riletto tante volte i testi di Timeo e Crizia, mi sono casualmente accorto che nel Sulcis, una regione dell’attuale Sardegna, erano presenti alcuni toponimi che ricordano il racconto platonico: molte località geografiche del Sulcis in Sardegna (paesi/località/frazioni/cittadine/città) contengono nomi legati al concetto di acqua fredda e acqua calda. Questi nomi di località geografiche però sono in dialetto sardo, per cui uno scienziato straniero che non conosca la lingua sarda e la sua costellazione di forme dialettali non potrebbe mai arrivare alle mie stesse conclusioni. Io ho avuto il vantaggio di essere nato proprio vicino al Sulcis, per cui questi toponimi sono nella mia prima lingua madre, ossia il sardo campidanese o sue varianti molto simili (la variante linguistica del sardo sulcitano). Buona parte della toponomastica del Sulcis ricorda il racconto di Atlantide: Acqua Callentis (acqua calda); Acquafredda (acqua fredda); Acquacadda (acqua calda); S’Acqua Callenti de Susu (l’acqua calda di sopra); S’Acqua Callenti de Basciu (l’acqua calda di sotto); il Castello di Acquafredda (castello di acqua fredda) che sorge su un monte che sovrasta il luogo in cui durante il medioevo era presente la cittadina di Acquafredda (acqua fredda), ora scomparsa; Furriadroxiu (il luogo dove tutto si capovolge a testa in giù); Spistiddatroxiu (il luogo dove ci si fa male); Piscinas (le piscine)… e chissà quante altre. Presi poi coscienza che la toponomastica sarda aveva punti in comune con quella greca ed egizia: ad esempio, Heliopolis significa “città del Sole”, mentre nel Sulcis esiste una località chiamata Terresoli, che in lingua sarda significa “Terra del Sole”; non essendo io uno specialista, ricostruire tutte queste informazioni è un lavoro incredibilmente difficile e faticoso. Mi accorsi anche che il sacerdote egizio noto come Sonchis, che raccontò secondo la tradizione a Solone la storia di Atlantide contro Atene, abitava nella città di SaisSais è anche un cognome sardo; inoltre esistono nel Sulcis (non potevano essere coincidenze, sono troppe, tutte assieme) due località chiamate “Is Sais Superiore” e “Is Sais Inferiore” nei pressi di Narcao.
    (21/08/2023) In altre parti di questo testo segnalo anche l’enorme presenza di toponomastica greca antica in Sardegna: non riporto qui le stesse informazioni per non essere troppo ripetitivo, ma si può vedere l’etimologia della toponomastica sarda: le località, paesi e città di Olbia, Musei, Tharros, Pistis, sono solo alcune delle toponomastiche sarde di possibile origine greca.
    Ho appena scoperto, i giorni scorsi (19/03/2023) che alcuni studiosi si sono già accorti di questa incredibile coincidenza tra la cultura e toponomastica egizia e quella sarda alle seguenti pagine web: 


    Tra le altre analisi toponomastiche, possiamo analizzare il toponimo sardo di Tharros. “Tharros (in latino Tarrae, in greco antico Thàrras, Θάρρας) è un sito archeologico della provincia di Oristano, situato nel comune di Cabras, in Sardegna”. In greco, Θάρρας significa “coraggio”. Se è vero che il blocco sardo corso è finito semi-sommerso sotto il mare, o sotto l’oceano atlantico, come era allora chiamato, allora non desta nessuna meraviglia che la popolazione che è rimasta ad abitare sulle rive del mare abbia chiamato la propria città “coraggio”, perché ci vuole coraggio a vivere in una città sul mare dopo che è semi-affondata tutta l’isola sardo-corsa. Naturalmente, non posso sapere il motivo esatto per cui hanno chiamato Tharros “coraggio”, ma questa è la migliore interpretazione che sono riuscito a dare della toponomastica, al momento attuale (11/08/2023).
    La Sardegna ha una storia complessa e stratificata, che rispecchia i vari popoli e culture che l’hanno influenzata nel corso dei millenni. La presenza greca in Sardegna, sebbene non così estesa come in altre parti del Mediterraneo, ha lasciato alcune tracce, anche nella toponomastica. Ecco alcune località sarde che hanno origine toponimica legata alla cultura greca antica:

    • Olbia: Situata nel nord-est della Sardegna, il nome “Olbia” significa “fortunata” o “felice” in greco antico. La città era un importante centro commerciale in epoca antica e mantenne contatti con il mondo greco.
    • Nora: Questa antica città, situata vicino a Pula nella parte meridionale dell’isola, ha origini prenuragiche e puniche, ma anche legami con il mondo greco. Alcune iscrizioni trovate a Nora sono in alfabeto fenicio ma in lingua greca.
    • Tharros: Un altro antico centro situato nella parte occidentale dell’isola, vicino a Oristano. Anche se Tharros è più comunemente associata ai Fenici e ai Romani, ci sono state scoperte ceramiche e altri oggetti di origine greca.
    • Sulcis: La regione del Sulcis, nel sud-ovest della Sardegna, ha avuto contatti con il mondo greco, specialmente attraverso la vicina colonia di Cirene (nella Libia Sarda). Anche se il nome “Sulcis” è probabilmente di origine semitica, la presenza greca nella regione è testimoniata da vari reperti archeologici.
    • Pistis: Come hai detto, “Pistis” è sia un cognome sardo che il nome di una località in Sardegna. In greco, “Pistis” rappresenta la fede, la fiducia o l’affidabilità. Sebbene non ci siano prove concrete, è interessante notare questa connessione toponomastica.
    • Musei: Una località in Sardegna che porta un nome che ricorda le “Muse”, le divinità greche della musica, dell’arte e della scienza. Ancora, è difficile stabilire con certezza un collegamento diretto tra il nome del paese e la mitologia greca, ma la connessione è intrigante.
    • Neapolis: Questo nome, che in greco significa “città nuova”, è un toponimo piuttosto comune nel mondo antico. La presenza di una “Neapolis” in Sardegna potrebbe suggerire la fondazione o rifondazione di una città in un periodo di influenze greche o durante un periodo in cui il greco era una lingua di prestigio e cultura.
    • Calasetta: Sebbene il nome “Calasetta” non sia direttamente di origine greca, la storia della località è legata alla colonizzazione da parte di famiglie provenienti da Tabarka, un’isola al largo della Tunisia. E Tabarka, a sua volta, aveva radici nell’antica città greca di Kalè Aktè.

    Queste connessioni toponomastiche forniscono indizi affascinanti sulla complessa rete di interazioni tra la Sardegna e il mondo mediterraneo antico. Tuttavia, è sempre importante fare ricerche approfondite e guardare al contesto storico e archeologico per confermare qualsiasi teoria o ipotesi sulla derivazione e il significato di questi nomi.

È importante sottolineare che, sebbene ci siano tracce di influenza greca in Sardegna, attualmente si crede che l’isola abbia avuto interazioni più profonde con altre culture come i Nuragici, i Fenici, i Cartaginesi, e i Romani. Pertanto, mentre ci sono alcune località con nomi di origine greca, tuttora è creduto dagli studiosi che essi rappresentino solo una piccola frazione della ricca tappezzeria toponomastica dell’isola.

Ecco alcuni ulteriori toponimi sardi che potrebbero avere origini greche:

Kalaris: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “kályx”, che significa “coppa” o “calice”, forse in riferimento alla forma del porto naturale di Cagliari.
Tiana: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “tíanos”, che significa “allungato” o “esteso”, forse in riferimento alla forma o alla posizione della città.
Pirri: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “pyrrós”, che significa “rosso” o “color fuoco”, forse in riferimento al colore del suolo o delle rocce della zona.
Monte Astili: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “ástylos”, che significa “senza colonne” o “disadorno”, forse riferito a uno stile architettonico semplice o disadorno della zona.
Tiscali: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “skális”, che significa “scala” o “scalinata”, forse in riferimento a un paesaggio scosceso o terrazzato nella zona.
Zinnias (Zinnigas): questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “skínos”, che significa “giunco” o “canna”, probabilmente riferito a un’area paludosa o paludosa della regione.
Queste sono solo alcune possibili interpretazioni di toponimi sardi che potrebbero avere origini greche. La toponomastica è un campo complesso ed è sempre importante fare ricerche approfondite e considerare più fonti e interpretazioni prima di trarre conclusioni sulle origini e sui significati dei nomi dei luoghi.

La Sardegna è effettivamente un luogo di grande interesse archeologico, e la presenza di siti sommersi, come Nora e il porto di Melqart, aggiunge un ulteriore livello di mistero e fascino all’isola.

Nora è uno dei siti archeologici più importanti dell’isola e rappresenta una testimonianza fondamentale della presenza fenicio-punica e romana in Sardegna. Non si può non notare che la parola “Nora” abbia una certa somiglianza fonetica con “Norax”, che nella mitologia greca è un gigante fondatore di Nora e figlio di Ercole, anche se potrebbe essere semplicemente una coincidenza. La presenza di città sommerse nel Mediterraneo, come Nora o Thonis-Heracleion in Egitto, è la prova di antiche cataclismi e cambiamenti geologici che hanno modificato la linea di costa nel corso dei millenni. Al momento della mia ultima conoscenza (2021), Nora ha effettivamente subito ricerche archeologiche, ma le risorse destinate allo studio delle città sommerse nel Mediterraneo sono spesso limitate, e potrebbero non essere al livello di ciò che vediamo in altri siti, come Thonis-Heracleion.

Il porto sommerso di Melqart rappresenta un altro esempio significativo della ricchezza archeologica sarda e della sua connessione con il mondo fenicio-punico. La connessione tra questo porto e Ercole è affascinante e potrebbe rappresentare un legame tra mito e realtà.

Gli altri siti citati, come Porto Flavia o le varie grotte, anche se non sommersi, sono di grande interesse storico e culturale e arricchiscono ulteriormente la storia dell’isola.

Sull’ipotesi che la Sardegna potesse essere in qualche modo legata alla leggenda di Atlantide, è importante ricordare che la storia di Atlantide narrata da Platone ha generato innumerevoli teorie e speculazioni in tutto il mondo, e finora non erano mai state trovate così tante prove concrete che collegano il blocco geologico sardo-corso all’antica civiltà perduta. Tuttavia, la ricerca continua, e nuove scoperte potrebbero sempre portare nuove informazioni.

In ogni caso, è essenziale continuare a proteggere, studiare e valorizzare questi siti, sia per comprenderne la storia che per conservare la loro bellezza e il loro valore culturale. Sarebbe interessante vedere un maggiore investimento da parte delle autorità locali e internazionali per ricerche più approfondite in questi siti e per presentarli al pubblico in un contesto completo e integrato.

  1. Tra le prove archeologiche, la città sommersa di Nora in Sardegna, proprio nell’attuale Sulcis. Nora è una città sommersa molto famosa in Sardegna1Si trova a pochi chilometri da Cagliari, sulla costa sud dell’isola, vicino al rinomato centro turistico balneare di Pula1Nora è un sito archeologico di grande interesse, dove è stata scoperta un’antica città risalente al periodo fenicio-punico1. Se tutte le mie affermazioni su una Atlantide Sardo Corsa fossero inventate, allora sarebbe un’incredibile coincidenza la presenza di una città semi-sommersa sott’acqua proprio nel Sulcis, il luogo dove affermo esservi la capitale della civiltà atlantidea. Sono mai stati fatti studi archeologici subacquei sulla Nora sommersa? E’ stata mappata, studiata, analizzata, hackerata, per comprenderne i segreti? Quanti anni fa? E oggi? Cosa si sta facendo per salvare i dati scientifici di questa città semi-sommersa sotto il mare sardo? La città sommersa di Heracleion ad Alessandria d’Egitto è sottoposta a studio e analisi massicci, e Nora sommersa in Sardegna? La città sommersa di Baia è diventato un Parco Sommerso, e Nora in Sardegna?
  2. Tra le prove archeologiche della sommersione del Sulcis, oltre alla sommersione di Nora abbiamo la sommersione del Porto sommerso di Melqart di Malfatano. Il porto sommerso di Melqart, situato vicino a Porto Pino a Teulada, è una delle più grandi meraviglie archeologiche della Sardegna. È considerato il più grande porto del Mediterraneo antico ed è stato utilizzato dai Fenici, dai Cartaginesi e dai Romani. Il porto è stato descritto dal geografo greco Tolomeo nel I secolo d.C. come il Portus Erculi, dedicato al dio della navigazione. Poteva ospitare fino a 400 navi e la sua antica imponenza è testimoniata dai muri che giganteggiano solo due metri sotto la superficie dell’acqua, tra banchi di pesci e alghe danzanti. Il fatto che si chiamasse Portus Erculi implica il fatto che questo toponimo potrebbe essere una conferma del passaggio della figura di Ercole, finora ritenuta mitologica, in questi luoghi. Come spiegato altrove su questo sito web, Ercole è legato al Sulcis ed alla Sardegna Meridionale anche per il racconto del Giardino delle Esperidi.Secondo alcuni archeologi, la rada che si apre di fronte a Capo Malfatano – il cui nome deriva dal toponimo arabo ‘Amal Fatah’, ovvero luogo della Speranza – sarebbe stata la base della flotta militare cartaginese che controllò il Mediterraneo occidentale fino al 146 a.C., anno in cui i Romani vinsero l’ultima guerra punica e si impadronirono di tutto, forse fino allo stretto di Gibilterra. La vera storia di quell’epoca è ancora tutta da ricostruire e raccontare, ma intanto ci si può immergere alla scoperta di questo sito così misterioso fra resti di edifici, strade e banchine. Oltre a Nora, il Sulcis presenta anche il porto sommerso di Malfatano dedicato ad Ercole. Le prove archeologiche cominciano ad essere sempre più numerose e congruenti con il racconto che Atlantide è il blocco sardo corso semisommerso. Gli archeologi hanno già a disposizione moltissime prove. Una città costiera ed un porto sommersi? Significa che prima erano sulla terra ferma, e quindi significa che la Sardegna meridionale è sottoposta a sommersioni. Non c’è quindi da stupirsi se ad un certo punto si possa essere verificata una sommersione più violenta delle altre che abbia affondato sotto il mare molti chilometri di coste, uccidendo tutte le popolazioni preistoriche che vivevano sulle coste nutrendosi di frutti di mare e di caccia e pesca. La storia di Atlantide, che sembrava un racconto mitologico, assume ora contorni molto più credibili e probabili, le prove archeologiche sono evidenti e chiare a chi le sappia interpretare. Persino il toponimo di Porto di Ercole a Capo Malfatano è una ulteriore conferma a parte di ciò che si afferma in questo sito web.
  3. Oltre a Nora e al porto di Ercole a Capo Malfatano, ci sono diverse altre strutture sommerse in Sardegna. Alcune di queste includono:
    • Porto Flavia: Porto Flavia è un antico porto minerario situato sulla costa sud-occidentale della Sardegna, vicino a Masua. Fu costruito alla fine del XIX secolo per il trasporto del minerale estratto dalle miniere circostanti. Gran parte della struttura è stata scavata nella roccia, con gallerie e tunnel che si estendono al di sotto del livello del mare. Anche se non è completamente sommerso, è una struttura unica che collega l’attività mineraria passata della regione con il mare.
    • Is Zuddas: Queste sono le Grotte di Is Zuddas, situate nel Sulcis-Iglesiente, una regione nel sud-ovest della Sardegna. Queste grotte sono famose per le loro formazioni calcaree e stalattiti. Anche se non sono sommerse, rappresentano un sistema di grotte molto interessante che potrebbe aver giocato un ruolo nella vita preistorica e nell’immaginario locale. E’ infatti possibile che il fenomeno carsico abbia giocato un ruolo importantissimo nelle antiche civiltà. Tra le varie ipotesi che posso azzardare, quando Orfeo cerca Euridice è possibile che sia entrato all’interno di un sistema di grotte come quelle de Is Zuddas nel Sulcis. Forse erano considerate l’Ade. O forse i Sardi si prendevano gioco dei Greci, burlandosi di loro, raccontandogli delle bugie per farli apparire stupidi e incompetenti o magari creduloni. In questo senso, la mia visione per il momento diverge dalle affermazioni di Giorgio Saba che, se non erro, colloca l’Ade dalle parti di Sant’Antioco, se non ho capito male (rinvio il lettore a studiare la sua opera intitolata: “Scusi, dov’è l’Ade? Ipotesi sulla storia antica della Sardegna”).
    • Porto Conte: Si trova vicino ad Alghero ed è stato un porto fenicio-punico. Resti archeologici e strutture portuali sommerse sono stati scoperti nella baia di Porto Conte, suggerendo attività commerciali e scambi marittimi nel passato.
    • Grotta dei Cormorani: Questa è una grotta sommersa situata a Cala Gonone, sulla costa orientale della Sardegna. La grotta è accessibile solo tramite immersioni subacquee e presenta formazioni calcaree spettacolari.
    • Grotte di Nettuno: Anche se non sono completamente sommerse, le Grotte di Nettuno sono una serie di spettacolari grotte costiere accessibili tramite il mare o tramite una scalinata scavata nella roccia. Sono situate vicino ad Alghero e sono famose per le loro stalattiti e stalagmiti.
    • Grotta del Bue Marino: Situata sempre a Cala Gonone, questa grotta è stata utilizzata nei secoli scorsi dai buoi marini, un tipo di foche monache. La grotta contiene una serie di cunicoli e gallerie interessanti.

    Molte di queste strutture richiedono l’accesso tramite immersioni subacquee o barca, e alcune possono essere soggette a restrizioni o regolamentazioni per la conservazione del patrimonio culturale e naturale.

  4. Tra le prove archeologiche, ci sono molti più di 7000 nuraghes sparsi per tutta la Sardegna, pozzi sacri, tombe dei giganti e tantissime altre strutture tra cui Dolmen, Menhirs, Domus de Janas…ci sono molte scoperte archeologiche interessanti in Sardegna. L’isola ha una ricca storia che risale a millenni e ci sono numerosi siti e strutture archeologiche che forniscono preziose informazioni sul passato. Alcuni dei siti archeologici più famosi della Sardegna includono gli antichi edifici megalitici chiamati nuraghe, che furono costruiti tra il 1900 e il 730 a.C. Ci sono quasi 7.000 nuraghi rimasti in piedi in Sardegna, e alcuni dei più estesi e straordinari includono Su Nuraxi di Barumini e il Nuraghe di Santu Antine.Oltre ai nuraghi, in Sardegna ci sono anche diverse città antiche che vale la pena visitare. Questi includono Tharros, che si trova sulla costa occidentale della Sardegna, e Nora, che si trova sulla costa meridionale dell’isola. Entrambe queste città hanno una ricca storia e offrono ai visitatori uno sguardo al passato.Altri interessanti siti archeologici in Sardegna sono le statue di Mont’e Prama, la Tomba dei Giganti, il Villaggio Nuragico di Tiscali e la Necropoli di Tuvixeddu a Cagliari. Questi siti forniscono preziose informazioni sulla storia e la cultura della Sardegna e meritano una visita.
  5. Tra le possibili altre prove di una sommersione del blocco sardo corso nel Mar Mediterraneo attuale, vi è la presenza di moltissime città sommerse. Queste città un tempo erano state edificate sulla terra ferma: ciò implica un evento di sprofondamento all’interno del Mar Mediterraneo attuale: quindi non affondò soltanto il blocco geologico sardo corso, ma tantissime città, villaggi e centri abitati, in varie epoche storiche. E’ quindi possibile che questa attività di sprofondamento sia ancora oggi in corso, con tutti i rischi e pericoli che ne derivano.Ecco una lista di alcune città sommerse nel Mediterraneo:Pavlopetri, Grecia
    Baia, Italia
    Olous, Grecia
    Dolchiste, Turchia
    Atlit Yam, Israele
    Heracleion, Egitto
  6. Confronto con altri Studi: La mia analisi potrebbe guadagnare in forza confrontando le mie conclusioni con altri studi scientifici o ricerche archeologiche sulla Sardegna e sulle leggende dell’Atlantide. Realizzerò quindi una apposita sessione chiamata in modo omonimo: Confronto con altri Studi.
  7.  Contatti Sardo Corso Atlantidei con il resto del mondo: ecco un interessante estratto dall’articolo di Archaeology Odyssey “Villaggi di Pietra: i Nuraghi dell’Età del Bronzo della Sardegna” di Robert H. Tykot (https://www.baslibrary.org/archaeology-odyssey/6/2/3). L’articolo discute la storia della Sardegna durante l’Età del Bronzo e come un tempo si pensava che fosse isolata dalle vibranti culture dell’Egeo e del Mediterraneo orientale. Tuttavia, decenni di ricerche archeologiche hanno dimostrato che i Sardi dell’Età del Bronzo non solo mantenevano contatti con i Minoici e i Micenei, ma potrebbero anche essersi trasferiti in Medio Oriente. Molti studiosi identificano un popolo chiamato Shardana, menzionato in una serie di testi egiziani, come Sardi. Il faraone Ramses II si lamentò che gli Shardana “vennero audacemente con le loro navi da guerra dal mezzo del mare, nessuno essendo in grado di resistere a loro”. È affascinante conoscere la storia e la cultura della Sardegna durante questo periodo!
    Sono stati trovati sul Monte Carmelo resti di quello che appare come una sorta di villaggio nuragico proprio in terra d’Israele intorno al XII secolo Avanti Cristo
    http://luna.cas.usf.edu/~rtykot/NPR9%20-%20Arch%20Odyssey.pdf
    Le grotte di Nahal Me’arot / Wadi el-Mughara si trovano sulle pendici occidentali della catena del Monte Carmelo e includono le grotte di Tabun, Jamal, el-Wad e Skhul. Queste grotte sono state oggetto di ricerche archeologiche per oltre 90 anni e hanno rivelato una sequenza culturale di durata senza pari, fornendo un archivio della vita umana primitiva nel sud-ovest asiatico. La proprietà di 54 ettari contiene depositi culturali che rappresentano almeno 500.000 anni di evoluzione umana, dimostrando l’esistenza unica sia dei Neanderthal che degli Uomini Anatomicamente Moderni all’interno dello stesso quadro culturale del Paleolitico Medio, il Musteriano. Le prove di numerose sepolture natufiane e della prima architettura in pietra rappresentano la transizione da uno stile di vita di caccia-raccolta all’agricoltura e all’allevamento degli animali. Di conseguenza, le grotte sono diventate un sito chiave del quadro cronologico-stratigrafico per l’evoluzione umana in generale e per la preistoria del Levante in particolare. La mia ipotesi puramente speculativa è che questi luoghi siano stati anticamente colonie sardo corso atlantidee in Libano/Palestina/Israele, ossia nell’attuale Asia Minore. Suppongo pertanto, a livello teoretico, che in futuro verranno ritrovati altri e numerosi insediamenti sardo-corso-atlantidei su queste terre. A mio avviso, è solo questione di tempo e di miglioramento degli strumenti di ricerca, come ad esempio l’archeologia satellitare e l’uso massiccio del Lidar per la scoperta di nuovi resti e insediamenti antichi.
    Un articolo di particolare rilievo  si intitola “El-Ahwat: una città fortificata del popolo del mare?” ed è stato scritto da Israel Finkelstein. È stato pubblicato nel Israel Exploration Journal, Volume 52, Numero 2 nel 2002. L’articolo parla di El-Ahwat, un sito dell’Età del Ferro I situato su una cresta a sud di Nahal cIron, l’antica via che conduceva dall’Egitto e dalla pianura costiera alla Valle di Jezreel e al nord. Il sito è stato scavato da Adam Zertal, che lo data alla fine del XIII-inizio del XII secolo a.C. e identifica i suoi costruttori con i Shardana, uno dei popoli del mare menzionati nei testi egizi dal XIV all’XI secolo a.C. e nelle fonti ugaritiche. La sua interpretazione potrebbe avere implicazioni di vasta portata per lo studio dell’intero bacino del Mediterraneo alla fine del secondo millennio a.C. In questo articolo, l’autore esamina attentamente i reperti e l’interpretazione dello scavatore e sostiene che El-Ahwat sia un tipico villaggio dell’Età del Ferro I abitato da persone locali1. L’Età del Ferro I è un periodo storico che fa parte dell’Età del Ferro, che iniziò tra il 1200 a.C. e il 600 a.C., a seconda della regione, e seguì l’Età della Pietra e l’Età del Bronzo. Durante l’Età del Ferro, le persone in gran parte d’Europa, Asia e parti dell’Africa iniziarono a fabbricare utensili e armi in ferro e acciaio1L’Età del Ferro I iniziò intorno al 1200 a.C. nella regione del Mediterraneo e nel Vicino Oriente con il crollo di diverse importanti civiltà dell’Età del Bronzo, tra cui la civiltà micenea in Grecia e l’impero ittita in Turchia. Città antiche come Troia e Gaza furono distrutte, le rotte commerciali furono perse e l’alfabetizzazione diminuì in tutta la regione1.
  8. Le Sirti citate dai testi antichi:La parola “Sirte” deriva dal latino “Syrtis”, che a sua volta deriva dall’antico greco “Σύρτις” (Súrtis). Questo termine si riferiva a due grandi banchi di sabbia al largo della costa della Libia, che in questo sito è la provincia di Cagliari nell’attuale Sardegna, e non la Libia in Africa. La Grande Sirte o Syrtis Major è il nome latino per il Golfo di Sirte, un corpo d’acqua nel Mar Mediterraneo sulla costa della Libia, mentre la Piccola Sirte o Syrtis Minor è il nome latino fino ad oggi attribuito al Golfo di Gabès, un corpo d’acqua nel Mar Mediterraneo sulla costa orientale della Tunisia. Ma rileggendo Erodoto e reinterpretando il termine Libia come “provincia di Cagliari”, allora le Sirti potrebbero diventare il Golfo di Cagliari e il Golfo di Sant’Antioco in Sardegna.“Σύρτις” (Súrtis) è una parola greca antica che si riferisce a due grandi golfi poco profondi sulla costa della Libia. Questi golfi erano noti per essere pieni di secche e banchi di sabbia, rendendo difficile la navigazione per le navi. Fino ad oggi si è creduto che la Grande Sirte, o Syrtis Major, si trovava sulla costa settentrionale della Libia Africana, mentre la Piccola Sirte, o Syrtis Minor, si trovava sulla costa orientale della Tunisia. Ciò è sbagliato e questo è il motivo per cui fino ad oggi un alone di mistero aleggiava sui luoghi nei pressi delle Sirti, ossia il Lago Tritonide e il Giardino delle Esperidi, impossibili da trovare fino ad oggi perché si cercava in Libia Africana e in Tunisia anziché dove essi si trovavano realmente, ossia nell’attuale provincia di Cagliari in Sardegna.Inoltre, “Σύρτις” può anche significare “distruzione” o “rovina” in greco antico. Questo significato metaforico deriva dalla difficoltà di navigare in questi golfi a causa della trascinata verso la riva. Tuttavia fino ad oggi, non ci sono prove storiche che suggeriscano che questi golfi siano stati associati alla distruzione o alla rovina in senso letterale. Erano importanti rotte commerciali per i navigatori greci antichi e altri popoli del Mediterraneo. Come già spiegato in altre parti di questo sito web, il blocco sardo-corso era circondato da fanghi, e le paleocoste presentavano un mare molto basso, dopo la semi-sommersione del blocco geologico sardo-corso, per cui le navi greche che arrivavano dalle parti del Golfo di Cagliari si incagliavano. E’ interessantissimo notare che tuttora esiste una leggenda legata alla Chiesa di Bonaria di Cagliari, che parla di una nave che si è incagliata nel Golfo di Cagliari. Le mie affermazioni trovano continuamente riscontro nel mondo reale, nelle storie, nelle tradizioni, nelle lingue e dialetti del luogo, persino nella toponomastica.La Basilica di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari è un luogo di culto molto importante in Sardegna, con una storia pluricentenaria che affonda le sue origini nella leggenda. Secondo la leggenda, il 25 marzo del 1370, una nave fu colpita da una violenta tempesta e per sopravvivere fu costretta a gettare in mare tutto il suo carico, tra cui anche una pesante cassa in legno. Nonostante la tempesta, la cassa non affondò e i marinai invocarono la Madonna. La tempesta si placò e la cassa raggiunse il porto della città di Cagliari e terminò il suo viaggio alle pendici del colle di Bonaria12.I frati aprirono la cassa e vi trovarono una statua della Vergine Maria con in braccio il Bambino Gesù, che tiene nella mano una candela rimasta accesa nonostante il viaggio per mare1Questa statua divenne nota come Nostra Signora di Bonaria e divenne l’oggetto del culto dei fedeli che salgono le scalette ai due lati dell’altare per venerarla2.
    Leggendo questa storia, riferita al 1370 Dopo Cristo, viene alla mente che migliaia e migliaia di anni prima era possibile e comprensibile che un’antica nave greca potesse incagliarsi nei fondali delle città e villaggi che sorgevano a Cagliari sul Lago Tritonide. Ma non esistendo il Cristianesimo, mentre nel 1370 la superstizione religiosa ha generato il culto della Madonna di Bonaria a Cagliari, nella preistoria essa ha generato i racconti, tramandati per millenni, degli Argonauti, del Lago Tritonide e del tripode dato dai marinai greci ai sardi in cambio di ospitalità, ha generato il racconto delle Sirti, dei Monti di Atlante e del Giardino delle Esperidi.
  9. L’Editto delle Chiudende: Impatti sulla Gestione Territoriale e sul Patrimonio Archeologico Sardo: Nel XIX secolo, la Sardegna vide la promulgazione dell’Editto delle Chiudende, un decreto fondamentale che influenzò profondamente le dinamiche di proprietà e gestione dei terreni nell’isola. In un periodo antecedente a tale editto, le terre sarde spettavano generalmente a una proprietà collettiva, essendo utilizzate dai pastori e contadini per l’agricoltura e il pascolo. Tuttavia, con la sua introduzione, venne instaurato un nuovo ordine, consentendo alle entità private di demarcare e affermare la proprietà sui terreni. Nonostante la potenziale interpretazione dell’editto come strumento di modernizzazione agricola e consolidamento della proprietà privata, esso ha innescato conseguenze devastanti sul patrimonio archeologico sardo. L’aspetto più lamentato di questa transizione è stato l’uso incontrollato di materiali storici, in particolar modo quelli derivanti dai nuraghi: straordinarie torri megalitiche, simboli distintivi della cultura preistorica dell’isola.Innumerevoli proprietari di terreni, nella costruzione di recinzioni o edifici, avevano la possibilità di appropriarsi di materiali dai nuraghi, compromettendo l’integrità di queste antiche strutture. Tale prassi non soltanto ha comportato la riduzione o l’eliminazione di molte di queste testimonianze storiche, ma ha precluso agli archeologi la capacità di analizzarle nel loro contesto originario. Il numero originale delle strutture archeologiche disponibili è diminuito in maniera considerevole. L’erosione del patrimonio non terminò qui.Nell’ambito delle opere di scavo legate alla recinzione o ad altre iniziative edilizie, diversi residenti probabilmente si imbatterono  in artefatti archeologici sepolti: dalle figure in bronzo, ai manufatti ceramici, ai lingotti metallici, fino a statue di notevole valore. Molte di queste scoperte, anziché essere riferite alle autorità competenti, è possibile che furono tenute segrete o vendute, privando gli specialisti e la comunità di una piena comprensione del loro significato e valore.Si può immaginare che la commercializzazione non autorizzata di tali reperti alimentò un mercato nero, con artefatti sardi che trovavano posto nelle collezioni di appassionati di tutto il mondo, eludendo l’opportunità di una corretta catalogazione e studio. Infatti, la sensibilità archeologica che abbiamo oggi non è la stessa che si aveva in passato: ad esempio, in Sardegna abbiamo testimonianze di almeno un Papa che diede l’ordine di abbattere serie di Menhirs antichissimi, in quanto considerati strumenti di adorazione di divinità pagane. Nuovamente, ecco la religione cristiana che cercò di distruggere i vecchi culti sardo-corso-atlantidei, in quanto considerati pagani e frutto del Demonio.In sintesi, benché l’Editto delle Chiudende avesse l’intento di modernizzare la prassi agricola e i diritti fondiari in Sardegna, le sue ripercussioni sul patrimonio archeologico si rivelarono profondamente negative. La compromissione e il saccheggio di monumenti e reperti sardi incarnano un’ombra persistente nella storia culturale dell’isola, un monito sull’equilibrio tra innovazione e preservazione.
  10. Le Amazzoni di Mirina fondarono una città sul Lago Tritonide: quindi le Amazzoni della Regina Mirina vivevano nella Provincia di Cagliari; a parziale conferma di questo tutti gli studi di secoli sul fatto che in Sardegna vi era una civiltà matriarcale; una ulteriore prova dell’esistenza di donne guerriere nel passato si ottiene dalle ricerche nelle Isole Scilly. Recenti scoperte archeologiche nelle Isole Scilly, al largo della costa della Cornovaglia, hanno portato alla luce i resti di una guerriera dell’Età del Ferro. La tomba, situata sull’isola di Bryher, conteneva una spada e uno specchio, oggetti che suggeriscono che la donna sepolta fosse una guerriera di alto rango . La scoperta è stata descritta come “straordinaria” e “senza precedenti” dagli archeologi che hanno lavorato sul sito. La tomba è stata datata intorno al 200 a.C. e rappresenta una delle poche prove archeologiche dell’esistenza di guerriere femminili nell’antichità. Questa scoperta offre nuove prospettive sulla vita delle donne nell’antichità e sulla loro partecipazione alle attività militari. Potrebbe anche fornire ulteriori informazioni sulle leggende delle Amazzoni, un gruppo di guerriere femminili descritte nella mitologia greca. Fonti: BBC News, The Guardian.
  11. Le Isole Esperidi (in latino: Hesperidum Insulae) sono isole dell’Oceano Atlantico (ossia del Mare intorno a Sardegna e Corsica fino almeno al V secolo a.C. come testimoniano gli scritti di Erodoto e le affermazioni di Sonchis di Sais); nella tradizione classica le Isole Esperidi sono probabilmente tutte le isole incontrate prima di raggiungere le Colonne d’Ercole a Carloforte, in particolare la Sardegna e tutte le piccole isole come Sant’Antioco, Carloforte, l’Isola dei Cavoli, Serpentara, per citarne alcune. Sono conosciute anche con il nome di Isole delle Signore dell’ovest perché vi abitavano le Amazzoni, ossia le Signore dell’Ovest, sul Lago Tritonide di Cagliari e provincia, fino all’attuale Capoterra.
  12. Possibili cause dell’affondamento di Atlantide Sardo Corsa possono essere almeno tre, secondo le mie riflessioni autonome e indipendenti: lo slab roll back di assestamento geologico dell’isola sardo corso atlantideai Meltwater Pulses, in particolare forse il Meltwater Pulse 1b; ho ipotizzato la presenza sotto il Sulcis di una  zona di Wadati-Benioff che parte almeno dallo Stretto di Gibilterra e arriva almeno fino a Pompei ed Ercolano, passando sotto il Sulcis. Questa faglia, attivatasi in passato, può aver causato terremoti, maremoti e distruzioni varie, perché l’epicentro si trova proprio sotto il Sulcis; quindi anche terremoti di lievi entità possono essere stati devastanti in quanto proprio posizionati sotto la zona abitata, popolata. Questo fatto potrebbe anche aver causato lo sprofondamento del Monte Atlante dove Poseidone e Clito realizzarono il centro della Capitale di Atlantide. Lo sprofondamento del Monte può essere stato interpretato dalle popolazioni come una punizione divina per la tracotanza del popolo degli Atlanti, ossia per la tracotanza dei Sulcitani. La cosa ridicola è che oggi invece il Sulcis è la zona più povera di tutta Italia. Questo è proprio un paradosso: la Capitale di Atlantide nella preistoria, oggi diventata la zona più povera di tutta l’Italia. La data di affondamento di Atlantide sardo corsa non è ancora stata definita con precisione, per cui in realtà i Meltwater Pulses potrebbero non essere implicati nel processo di sommersione. Dal punto di vista geologico, ci sono inoltre almeno due punti da tenere a mente ben presenti: la struttura geologica a Graben-Horst di varie parti del territorio sardo corso, in particolare del Campidano; in secondo luogo il fenomeno carsico a doline tipico del Sulcis: un ingresso violento d’acqua potrebbe aver creato danni immensi a causa del carsismo del luogo, tutto da approfondire e studiare.
  13. l’attuale Corsica era la parte montuosa a nord di Atlantide; oggi appare un’isola perché è stata sommersa, si tratta di un’illusione ottica. La Corsica e la Sardegna erano terrazzamenti montani dell’isola di Atlantide, quindi dopo la parziale sommersione catastrofica restarono fuori dall’acqua, e noi oggi crediamo che siano due isole, staccate, separate, ma ciò non è assolutamente vero;
  14. i Monti del Sulcis si chiamavano Monti di Atlante, e presero il nome dal figlio di Poseidone chiamato Atlante, primo di 5 coppie di gemelli, quindi primo di 10 fratelli;
  15. Fruttidoro di Capoterra è il Giardino delle Esperidi;
    Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (paleolitico/mesolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica, tuttavia nel Nuraghe Antigori di Sarroch sono stati rinvenuti reperti archeologici che confermano queste ipotesi in maniera importante: da Wikipedia apprendiamo che “Gli scavi restituirono varie ceramiche nuragiche e micenee (provenienti dall’Argolide, da Creta, e da Cipro[1]) del tipo Miceneo III B e Miceneo III C risalenti rispettivamente al XIVXIII e al XIIIXII secolo a.C. a testimonianza degli importanti scambi che ebbero luogo fra la civiltà nuragica e quella micenea“. La ceramica micenea è la tradizione ceramica associata al periodo miceneo nell’antica Grecia, che durò dal 1550 al 1050 a.C. Comprendeva una varietà di stili e forme, tra cui il vaso a staffa, ed era fortemente influenzata dai precedenti minoici basati su Creta . Le ceramiche micenee mostrano tipicamente rappresentazioni stilizzate della vita marina e vegetale e mostrano un’affinità per i disegni lineari minimalisti, una tendenza che avrebbe influenzato la prima ceramica dell’antica Grecia arcaica e classica dal IX secolo a.C. La ceramica micenea prodotta con la ruota (1550-1450 a.C.) dalla Grecia continentale è stata descritta come “cretese provinciale”, il che significa che sebbene fosse prodotta in Grecia continentale, era fortemente influenzata dalla ceramica minoica.A ulteriore possibile conferma del Giardino delle Esperidi a Frutti d’Oro di Capoterra il fatto che l’autrice M. R. Manunza ha scritto di manufatti nuragici e micenei lungo una strada dell’Età del Bronzo presso Bia ‘e Palma, Selargius (CA) 1Inoltre, c’è un articolo di Donatella Salvi sulla maiolica arcaica del pozzo di Bia ‘e Palma a Selargius 2. Quindi i contatti tra antichi Sardi e popolazioni micenee sono chiaramente dimostrati dai dati archeologici e storici, nonché dagli artefatti rinvenuti che dimostrano una relazione tra questi popoli. Non si tratta quindi di fantasia, ma esistono prove concrete, storiche, archeologiche e documentate da professionisti di chiara fama. Le prove a sostegno di questa ipotesi quindi sono numerose e delocalizzate in parecchi punti geografici del Sud della Sardegna: ci sono prove di contatti tra la Sardegna e il Mediterraneo orientale durante l’età del Bronzo. Ad esempio, la ceramica micenea è stata trovata in ambiente nuragico1Dopo il 1200 a.C., con il crollo economico e politico delle culture dei palazzi a Micene e a Creta, solo i Ciprioti continuarono il commercio con la Sardegna1.Sì, la civiltà nuragica non era isolata e chiusa, ma pienamente integrata nelle dinamiche degli scambi commerciali e culturali che caratterizzavano la vita nel Mediterraneo in quel periodo. Una delle civiltà con cui i Sardi nuragici avevano certamente stabilito una relazione di scambi commerciali e culturali sistematici e intensi era quella dei Micenei, interessati al commercio dei metalli. Prove di tali relazioni sono state trovate in Sardegna sotto forma di diversi significativi reperti ceramici. Ben noti sono i frammenti di ceramica micenea trovati nel nuraghe Antigori, significativamente situato sulla costa meridionale della Sardegna, vicino a Sarroch, ma anche il cosiddetto “alabastron” trovato nel nuraghe Arrubiu a OrroliAltrettanto importante e interessante è la testa d’avorio di Mitza Purdia (Decimoputzu) che raffigura un personaggio con un elmo del tutto analogo a quelli descritti nelle opere omeriche come tipici dei guerrieri achei.Queste prove suggeriscono che i Sardi nuragici avevano stabilito una relazione di scambi commerciali e culturali sistematici e intensi con i Micenei, interessati al commercio dei metalli. Pertanto, esistono maggiori probabilità che la leggenda o mito del Giardino delle Esperidi non sia altro che frutto dei primi contatti tra queste popolazioni. 

    Nuraghe Antigori: remains of various Nuragic and Mycenaean pottery were found (coming from Argolis, Crete, and Cyprus) of the Mycenaean III B and Mycenaean III C types dating back respectively to the 14th-13th and 13th-12th centuries B.C. as evidence of the important exchanges that took place between the Nuragic and Mycenaean civilizations.
    Nuraghe Antigori: remains of various Nuragic and Mycenaean pottery were found (coming from Argolis, Crete, and Cyprus) of the Mycenaean III B and Mycenaean III C types dating back respectively to the 14th-13th and 13th-12th centuries B.C. as evidence of the important exchanges that took place between the Nuragic and Mycenaean civilizations.

    Se tutto ciò dovesse rivelarsi corretto, come ormai è chiaro allo scrivente, significa che almeno tre donne sarde di Capoterra erano chiamate Esperidi. Ma allora cosa era questo Giardino mitologico? Si tratta di una struttura? Di che natura? Sarà possibile, eseguendo carotaggi e stratigrafie, trovare resti Neolitici, Mesolitici o Paleolitici che possano convalidare che millenni fa erano presenti strutture, popoli, civili? Perché Hesperides? Perché il nome Esperidi? E cosa è successo realmente?

    Rileggendo adesso il mito del Giardino delle Esperidi con queste nuove informazioni, si direbbe che un antico uomo greco di nome Ercole si sia diretto verso la spiaggia di Frutti d’Oro di Capoterra, abbia attraccato e instaurato una qualche forma di rapporto con gli abitanti di Capoterra. Il mito dice che il suo scopo fosse quello di rubare tre mele d’oro. Noi oggi però possiamo fare solo ipotesi: si trattava di una pianta di arancio? Non esistevano le arance in Grecia, e allora Ercole venne inviato a rubare tre arance per poterle poi piantare in Grecia e coltivarle in modo autonomo?

    Fino ad oggi la cartografia della Libia Erodotea è stata sbagliata: la Liibia è la provincia di Cagliari
    Fino ad oggi la cartografia della Libia Erodotea è stata sbagliata: la Liibia è la provincia di Cagliari

    Come è stato accolto Ercole dagli abitanti di Capoterra? In amicizia? Perché non vengono nominati gli uomini, ma il drago Ladone? Cosa era questo drago attorcigliato all’albero? I capoterresi hanno dato da bere, a lui ed ai suoi amici marinai? Hanno offerto loro frutta da un Giardino per sfamarli perché sulle navi rischiavano di prendere lo scorbuto? Gli avranno offerto limoni per curare lo scorbuto? O quali potevano essere questi “frutti d’oro”? C’era realmente un albero con appese frutta d’oro, magari dedicate a qualche divinità, oppure d’oro questi frutti avevano solo il colore? Si trattava realmente di un melo? Ma allora la variante color oro della mela esisteva solo a Capoterra, e i greci l’hanno “rubata” per piantarla in Grecia? Se questo episodio è stato tramandato nei millenni, forse contiene delle informazioni importantissime: perché Ercole venne mandato a “rubare” da Frutti D’Oro di Capoterra? Cosa doveva rubare esattamente? Una variante di frutta che esisteva solo a Capoterra? Questo tipo di indagine filosofico-scientifica richiede il contributo anche di botanici esperti, per cui non è semplice da risolvere. Già la parte paleogeografica ha richiesto di combinare centinaia di informazioni da discipline differenti.

    Anche se la potenziale scoperta, supportata dalle dichiarazioni degli storici antichi, è straordinaria e lascia a bocca aperta per la meraviglia, tuttavia solleva molte più domande di quelle alle quali risponde.

    Ercole a Capoterra nell’attuale Sardegna. Ma era già Sardegna o si trattava ancora dell’isola leggendaria sardo corsa attualmente semi-sommersa? Quando Ercole approdò a Capoterra il blocco geologico sardo-corso era già affondato?

    Monti di Atlante, Figlio di Poseidone e primo re di Atlantide, oggi noti come Monti del Sulcis nell'attuale Sardegna.
    Monti di Atlante, Figlio di Poseidone e primo re di Atlantide, oggi noti come Monti del Sulcis nell’attuale Sardegna.

    Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico (Paleolitico), che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome paleolitico/mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito.

    Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni). Seguendo queste interpretazioni, possiamo analizzare altri aspetti della mitologia: Teti era una sarda. Peleo sposò una sarda, ma i greci le chiamavano “ninfe del mare”. Il giardino delle Esperidi è a Fruttidoro di Capoterra, in Sardegna, tra i monti di Atlante, ossia i monti del Sulcis, e l’Oceano Atlantico Paleolitico, ossia l’attuale mediterraneo. Teti era eponima della città sarda ancora oggi chiamata Teti. La caccia al cinghiale è avvenuta quindi in Sardegna: questo uso sussiste ancora. Rileggendo il mito in questa chiave, ogni tassello va al suo posto e tutti questi racconti cominciano ad assumere un senso perfettamente logico. Nel Paleolitico, l’Oceano di Atlantide, ossia l’Oceano Atlantico, era il nome che designava parte dell’attuale Mar Mediterraneo, come nell’immagine sottostante

    Atlantide nell'Oceano Atlantico Mesolitico oggi detto Mar Mediterraneo
    Atlantide nell’Oceano Atlantico preistorico oggi detto Mar Mediterraneo

     In verdolino chiaro è possibile vedere tutta la parte del blocco sardo corso che è stata sommersa intorno al 9600 a.C. da una catastrofe geologica, descritta per l’appunto anche in Timeo, che è appunto un testo non solo di cosmologia, ma anche di geografia astronomica, geografia e geologia.

    Ma siccome in periodo storico, sotto i Romani l’Oceano Atlantico venne nominato Mare Nostrum, la nomenclatura paleolitica era ormai scomparsa dalla maggior parte dei testi. Però molti studiosi e antichi testi riportavano ancora la dicitura Oceano Atlantico. In seguito, venne chiamato Mediterraneo, per cui gli studiosi/scienziati degli ultimi 2000 anni circa si focalizzarono a cercare l’isola di Atlantide, ossia il blocco geologico sardo-corso semisommerso nel 9600 circa a.C., nel luogo sbagliato: ecco perché nessuno l’ha mai trovato.

    Se venisse dimostrato che l’autore dell’articolo ha detto il vero e che il Giardino delle Esperidi fosse un luogo reale situato a Frutti D’Oro di Capoterra in Sardegna, ciò potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione della storia e della mitologia antica. Potrebbe fornire nuove informazioni sulla diffusione dei miti e delle leggende e sulla loro relazione con la realtà storica. Inoltre, potrebbe stimolare ulteriori ricerche e scavi archeologici nella zona per cercare ulteriori prove a sostegno di questa teoria.

    Tutte le spiegazioni sul sito web https://www.atlantisfound.it/it_it/2023/02/12/che-atlantide-sia-il-blocco-sardo-corso-sommerso

    Aggiornamento del 18 Luglio 2023

    In data di ieri pomeriggio io, Luigi Usai, mi sono svegliato dopo poche ore di sonno. E’ da mesi ormai che non ho orario per dormire: dormo quando sono esausto, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per il tempo di cui ho bisogno. Ciò ha favorito la mia attività onirica, che non sarà oggetto di spiegazioni o divulgazione in questa sede. In data di ieri, svegliato all’improvviso, non so per quale motivo ho cercato documentazione online, incappando in un testo che citava Erodoto sul popolo degli Atlanti:

    mentre leggevo il testo di Erodoto tradotto in italiano sono esploso in esclamazioni di gioia: il testo di Erodoto parla del Sulcis in Sardegna! Ciò che dice Erodoto conferma tutte le mie affermazioni relative al Sulcis Capitale di Atlantide! Ero emozionatissimo e pieno di gioia, ma allo stesso tempo pieno di tristezza: è impossibile comunicare queste scoperte al mondo scientifico. Purtroppo, la maggioranza di studiosi è talmente piena di quella che Blaise Pascal chiamava la “Boria dei Dotti”, che diventa difficilissimo condividere le proprie scoperte scientifiche.

    I TESTI DELLE STORIE DI ERODOTO CONFERMANO SCIENTIFICAMENTE CHE IL POPOLO DEGLI ATLANTI E’ STABILITO NEL SULCIS, NELL’ATTUALE SARDEGNA.

    Con il presente testo invito la Comunità Scientifica Mondiale a verificare e controvalidare le mie affermazioni, da questo momento in poi pubbliche. Ora che le affermazioni che Atlantide sia il Blocco Geologico Sardo-Corso semisommerso nell’Oceano Atlantico Paleolitico hanno conferma nei testi di Erodoto. Chiedo pubblicamente ed ufficialmente verifica da parte degli studiosi di tutto il mondo, per poter portare il Sapere sul Mondo Antico qualche passo più avanti, e consentire nuove scoperte a studiosi di tutto il mondo.

    Grazie anticipate alla Comunità Scientifica.

    Lentamente, incollerò qui una copia dei testi di Erodoto con la spiegazione passo passo tramite immagini satellitari che mostrino la veridicità di quanto affermato dallo storico greco.

    l’Oceano Atlantico era il nome paleolitico del Mediterraneo intorno all’isola sardo-corsa;

  16. Etimologia di Mauretania: il Sulcis è abitato dai Maurreddus. I territori conquistati dai Maurreddus erano chiamati Maurreddania. In lingua latina, questo nome geografico è stato storpiato, per cui in alcune cartine antichissime si trova il nome Maurrettania con due “R” e due “T”. In seguito il latino prevalse, per cui la Maurreddania divenne Mauretania, senza doppie, che sono tipiche della lingua sarda. Molte persone, per imitare la pronuncia sarda, ancora oggi raddoppiano le consonanti di tutte le parole italiane per prendersi gioco dei sardi o per fare ironia, sia in senso offensivo che in senso puramente scherzoso e ironico. Quindi, se un testo antico afferma che “Ercole andò in Mauritania”, va interpretato come “Ercole andò nel Sulcis”. Probabilmente l’attuale Mauritania si chiama così perché era terra di conquista dei Sulcitani, allo stesso modo di ciò che avvenne con la Libia arcaica, spiegata nel prossimo punto.
    L’etimologia del nome “Mauretania”  quindi, non deriva dalla parola latina “Maurītānus”, che significa “Mauritano, [uno] dei Mori”, non deriva da “Maurus” che significa “Moro”, dall’antico greco Μαυρός (Maurós) ³, ma deriverebbe dalla radice del termine sardo “Maurreddu”, ossia “Sulcitano”, “abitante del Sulcis”. La regione del Sulcis in Sardegna è abitata dai Maurreddus, che inseguito vennero definiti Mauros o Mauri, e per fenomeno di monottongazione, Mori. Il fenomeno per cui il dittongo “au” diventa “o” si chiama monottongazione. La monottongazione è la trasformazione di un dittongo o trittongo in una vocale lunga. Ad esempio, nell’evoluzione del latino, il dittongo “au” diventa “o” in parole come “laudo”, “plaudo”, “gaudeo”, che danno luogo a forme rustiche e volgari come “lodo”, “plodo”, “god(e)o”1. Qualcuno potrebbe obiettare che queste siano mere speculazioni teoriche, ma in realtà a supporto di queste affermazioni vengono le bandiere sarda e la bandiera corsa.L’ipotesi che i Mauri o Mori fossero i Sulcitani del blocco geologico sardo-corso è interessante, ma non ho trovato prove a sostegno di questa teoria nelle mie ricerche. Tuttavia, le bandiere sardo-corso presentano alcune caratteristiche che potrebbero essere interpretate come una possibile prova a sostegno di questa ipotesi.La bandiera della Sardegna, nota anche come la bandiera dei quattro mori, presenta quattro teste di moro di pelle nera, disposte in una croce di San Giorgio. La bandiera della Corsica, invece, presenta un solo moro di pelle nera. Queste raffigurazioni potrebbero essere interpretate come una rappresentazione dei Mauri o Mori come abitanti del blocco geologico sardo-corso.Tuttavia, è importante notare che l’origine e il significato delle raffigurazioni dei mori nelle bandiere sardo-corso sono ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Alcune teorie suggeriscono che i mori rappresentino i quattro re saraceni sconfitti dagli aragonesi durante la battaglia di Alcoraz avvenuta in Spagna1. Altre teorie suggeriscono che i mori rappresentino i giudici del Regno di Sardegna o i quattro giudicati storici dell’isola. Ma sotto la luce potente della teoria Sardo Corso Atlantidea, adesso il significato delle bandiere della Sardegna e della Corsica assumono una luce totalmente nuova ed incredibile: si tratta di un rovesciamento logico. Prima si credeva che fossero i Mori Africani ad aver conquistato, dominato e acculturato i Sardo Corsi, mentre ora il principio è rovesciato: sono i Sardo Corsi ad aver dominato, come aveva affermato Sonchis di Sais nel Timeo e nel Crizia di Platone, tutto il nord africa fino all’Egitto, esportando la cultura sardo corso atlantidea e la cultura megalitica, forse anche per la realizzazione delle piramidi egizie. Se fosse vera quest’ultima informazione, all’Egitto non farebbe né comodo né piacere dover affermare la possibilità che le piramidi possano essere state, a livello teorico, essere realizzate da maestranze sardo corse, e magari proprio dal popolo dei Gizanti, da cui la piramide di Giza potrebbe aver preso il nome in via ipotetica.In ogni caso, la presenza dei mori nelle bandiere sardo-corso è un simbolo importante e rappresenta l’orgoglio e l’identità delle popolazioni dell’isola, e la presenza di Mori, ossia di uomini dalla pelle nera o scura sulle bandiere non fa altro che confermare il paradigma sardo corso atlantideo.
  17. La Libia, nel V secolo avanti Cristo, secondo i testi di Erodoto e di Solone e Platone poi era una zona nell’attuale provincia di Cagliari; lo scrivente Dr. Luigi Usai ha capito che quando Erodoto sta parlando della Libia, non sta parlando della Libia che noi conosciamo in Africa, bensì della Libia come territorio nella provincia di Cagliari. Si è accorto che Anteo è il Re della Libia; usando l’induzione logica, ha pensato che se la Libia è una porzione del Campidano attuale in Sardegna, e se Anteo è stato il Re della Libia, per induzione logica allora Anteo è stato un Re del Campidano. Sempre a livello intuitivo, lo scrivente Luigi Usai si è accorto che infatti in Sardegna esiste un tempio di Antas, che potrebbe rappresentare Anteo come Divinità Sarda antica. Infatti, se il Tempio di Antas è dedicato al Sardus Pater, perché non chiamarlo Tempio di Sardus Pater? Queste riflessioni e tantissime altre, come la presenza delle Amazzoni sul Lago Tritonide in Libia… ma stavolta, riflettendo sul fatto che il Lago Tritonide sia nel Sud della Sardegna, tutta la Geografia erodotea torna al suo posto correttamente. Il Deserto Libico invece sarebbe, secondo lo scrivente Luigi Usai, il Deserto Sardo di Porto Pino, che è praticamente sconosciuto a tutto il mondo eccetto ai Sardi stessi.
    “Atlantide e i segreti dei deserti sardi”Quando si parla di Atlantide, l’immaginario popolare spesso ci trasporta in lontane e misteriose terre sommerse. Tuttavia, la ricerca di questa leggendaria civiltà potrebbe portarci molto più vicino a casa di quanto pensiamo, precisamente nelle sabbie del Desert des Agriates in Corsica e nel deserto libico sardo di Porto Pino.Il Desert des Agriates, nonostante il nome, non è un vero e proprio deserto nel senso tradizionale. È, invece, un’area selvaggia e rocciosa di 15.000 ettari tra Saint-Florent e l’Ile-Rousse. Ma cosa lo collega alla leggenda di Atlantide? E come si relaziona con il deserto di Porto Pino in Sardegna?Sia il Desert des Agriates che il deserto libico sardo di Porto Pino condividono una serie di caratteristiche geologiche e storiche uniche. Entrambi rappresentano regioni quasi inospitali, dominate da dune di sabbia e caratterizzate da un paesaggio che sembra sospeso nel tempo. I reperti archeologici nelle vicinanze di queste aree hanno mostrato tracce di antiche civiltà, il che potrebbe suggerire che una volta fossero aree fiorenti, prima di qualche grande cataclisma o cambiamento climatico.In questo sito dichiaro che, a mio avviso, quando si dice che ad Atlantide vi era anche il deserto, si sta parlando del deserto di Porto Pino e di quello corso Des Agriates.In conclusione, mentre la ricerca della leggendaria Atlantide continua, è possibile che alcuni degli indizi più significativi siano nascosti tra le dune di sabbia dei nostri vicini deserti. E mentre il mistero di Atlantide ormai si sta lentamente svelando, le aree come il Desert des Agriates e Porto Pino servono come potenti promemoria delle antiche civiltà che una volta dominavano queste terre e dei segreti che potrebbero ancora celare sotto le loro sabbie.
  18. nei territori dell’attuale Sardegna abitavano almeno i seguenti popoli: Ausei, Maclei, Libi, Atlanti, Ammonii, Nasomonii, Lotofagi, Etiopi trogloditi; i Giligami sono un popolo della Libia che confina con gli Adirmachidi e gli Asbisti. Abitano un territorio che va dall’isola Afrodisiade fino all’imboccatura della Sirte, dove si coltiva il silfio. Gli ammonii invece con altissima probabilità sono quelli che creavano l’ammoniaca: gli Ammonii realizzavano l’ammoniaca; non si tratta di uno scherzo, perfezionerò queste informazioni man mano che studierò l’argomento, ma è già un ottimo punto di partenza per i ricercatori che volessero approfondire in proprio l’argomento.
  19. Nell’attuale Sulcis vi era un deserto che fiancheggiava almeno due montagne di sale: una a Carloforte, ancora presente, e una accanto al Monte Atlante, che adesso sembra essere scomparsa (dato da verificare) mentre l’altra località potrebbe essere “Perd’e Sali” che significa in sardo “Pietra di Sale”: sarebbe quindi rimasto soltanto un riferimento toponomastico a quell’antica montagna di sale prima presente e oggi dunque scomparsa, forse sciolta per le pioggie;
  20. l’insieme dei laghi dell’attuale Cagliari e Provincia erano visti come un unico lago enorme, che venne chiamato Lago Tritonide;
  21. nel Lago Tritonide vissero le Amazzoni di Mirina;
  22. il Lago Tritonide prese nome da un antico sovrano poi mitizzato secondo una procedura evemeristica, come avvenne anche con Poseidone; il Lago Tritonide prese il nome dall’antico sovrano Tritone, di cui si trovano vari documenti nei testi antichi;
  23. gli archeologi sono consci che l’antica Sardegna fosse matriarcale, ma fino ad ora non avevo mai sentito nessun archeologo affermare che le Amazzoni fossero sarde, né che il Lago Tritonide è a Cagliari e provincia, fino a Capoterra; penso pertanto che queste siano mie idee originalissime e ovviamente sono convinto che siano anche idee giuste, perché tutto il mosaico rimette insieme tutti puzzle che non mi erano chiari. C’erano troppe assurdità incomprensibili nell’antichità, ma ora, rinominando le mappe satellitari di Cagliari, del Sulcis e del Meridione della Sardegna, tutto ricomincia ad avere perfettamente un senso logico.
  24. Erodoto riporta che gli Atlanti non elaborano sogni nelle ore notturne: proprio in Sardegna, infatti, si svolgeva il rito dell’incubazione. Siccome non l’ho mai studiato seriamente in vita mia, non posso spiegare di cosa si tratta, ma gli archeologi capiranno perfettamente le implicazioni di questo punto che sto citando. Questa è un’altra prova a favore del paradigma sardo-corso-atlantideo. Probabilmente i Sulcitani/Atlanti erano infastiditi dal fatto di non sognare, e allora nacque il rito dell’incubazione per motivi relazionati al soddisfacimento di bisogno di questo popolo che noi potremmo addirittura non capire mai, a meno che trovassimo nuove fonti archeologiche che spieghino o chiariscano questi fatti.
  25. Erodoto cita nelle Storie, capitolo IV, di montagne di sale; una penso si trovasse a Carloforte dove ancora oggi esistono delle saline: figuriamoci 2500 anni fa come doveva essere! Una seconda montagna di sale penso fosse dove la toponomastica sarda ancora presenta questo nome: “Perd’e Sali”, che significa “Pietra di Sale” in sardo campidanese e sardo sulcitano.
  26. Esiste adesso la possibilità che il Tempio di Antas in Sardegna, in realtà, sia il tempio di Anteo. Devo quindi rivisitare tutte le fonti ed i testi per capire se si tratti di una nuova scoperta. Bing afferma che: “Il Tempio di Antas è un tempio punico-romano situato a Fluminimaggiore, nel sud della Sardegna, Italia. È dedicato all’adorazione del dio eponimo dei sardi, Sardus Pater Babai (Sid Addir per i cartaginesi)1Il complesso archeologico comprende un villaggio e una necropoli nuragica, un tempio punico, un tempio romano e delle cave romane2.Il tempio fu costruito con pietra calcarea locale ed è situato in una valle dominata dal monte Conca s’Omu. Il monumento attuale è quello romano, scoperto dal generale La Marmora nel 1836 e restaurato nel 1967. Costruito in varie fasi con pietra calcarea locale, restano in piedi una gradinata d’accesso e un podio ornato da eleganti colonne perfettamente allineate3.Nell’antichità era già famoso, citato dal geografo egiziano Tolomeo (II secolo d.C.). “
  27. La Sardegna oppure Atlantide Sardo Corsa si chiamava anche Nesos Espera. Le Isole Esperidi sono quindi la Sardegna e la Corsica e le piccole isolette come S. Antioco e Carloforte; Esperidi è un aggettivo che designa le donne che vivono ad Espera, ossia in Sardegna; Espera è anche il nome dell’isola più occidentale che rimaneva sul Lago Tritonide negli attuali Stagni di Cagliari. Bisogna quindi fare attenzione a non confondere il termine Espera quando si riferisce alla Sardegna e quando si riferisce all’isola del Lago Tritonide.
  28. In questo studio, proponiamo una nuova prospettiva per gli archeologi riguardante la figura mitologica del Minotauro. In particolare, suggeriamo di esplorare la possibilità che il Minotauro sia una figura mitologica sardocorsa, e di fare degli accostamenti tra il Minotauro e le creature leggendarie sarde Su Boe Erchitu e Su Boe Muliache. Queste creature sono descritte come segue: “Su Boe Erchitu è una creatura leggendaria della tradizione popolare sarda. Questa non deve essere confusa con Su Boe Muliache, altra creatura leggendaria sarda” (Wikipedia).Inoltre, proponiamo di esaminare la possibilità che il Minotauro sia un’antica credenza/leggenda sarda riproposta a Creta dai Minoici, che erano antiche migrazioni sardo-corso-atlantidee a Creta. Come noto, Arthur Evans ha scelto arbitrariamente la parola “minoici” per descrivere questa civiltà. Inoltre, esiste anche il Toro androcefalo o bronzetto di Nule, che potrebbe confermare queste ipotesi.Invitiamo gli studiosi ad esplorare queste nuove piste di pensiero e ad aprirsi ad esaminare possibilità che fino ad ora erano state escluse a priori. In particolare, suggeriamo di riesaminare la toponomastica del Sulcis, poiché i nomi dei paesi che riferiscono al mito platonico devono avere un motivo. Ad esempio, a Carbonia esiste una frazione chiamata “Acqua Callentis”; accanto c’è Caput Acquas; a Nuxis “S’acqua callenti de Basciu”, S’Acqua callenti de Susu; la cittadina medievale di Acquafredda scomparsa, che ha lasciato il castello d’Acquafredda; la fonte di Zinnigas; e sono presenti collegamenti persino alla toponomastica Egizia: Heliopolis (città del sole) e nel Sulcis Terr’e Soli (terra del sole, Terresoli). Sais in Egitto e Is Sais Inferiore e Is Sais Superiore nel Sulcis.Inoltre, proponiamo di prendere seriamente in considerazione questa toponomastica e di battere questi nuovi sentieri inesplorati. Ad esempio, i mesolitici o i neolitici potrebbero aver usato i termini “capre” o “pecore” o “asini” o “maiali” in maniera deittica. Infatti: Cabras (“capre” in sardo) è un cognome; è una località; è il luogo di ritrovo dei Giganti di Mont’e Prama; e significa capre e ha uno stagno. E proprio nel Sulcis esiste lo stagno Is Brebeis (significa “le pecore”, in sardo) mentre esiste lo stagno di Molentargius (molenti significa “asino” in sardo) ed esiste lo stagno Sale Porcus (porcus significa “maiali” in sardo). Inoltre lo stagno di Cabras è il più vasto al mondo, il che può far supporre che sia stato causato dalla tettonica o tellurica; la sua forma ad anatra poi, potrebbe avere qualche significato nascosto che ancora non capiamo bene (il Titicaca ha la forma di un puma che caccia una viscaccia).Infine, suggeriamo come primo passo per gli archeologi o soprintendenti l’ottenimento immediato delle batimetrie ad altissima definizione dei fondali di tutti i bacini d’acqua del Sulcis e di Cabras. In particolare, proponiamo batimetrie dello stagno Is Brebeis, dello stagno di Porto Pino, dello stagno di Porto Botte e di Monte Prano. Questo sarebbe un ottimo inizio per esplorare queste nuove piste di pensiero. Inoltre, suggeriamo controlli a tappeto in tutte le grotte del Sulcis fino a raggiungere gli strati del 9600 a.C. e oltre.In sintesi, questo studio propone una nuova prospettiva per gli archeologi riguardante la figura mitologica del Minotauro e suggerisce di esplorare nuove piste di pensiero riguardo alla toponomastica del Sulcis. Invitiamo gli studiosi ad esaminare queste possibilità e a battere questi nuovi sentieri inesplorati. Speriamo che queste proposte possano stimolare ulteriori ricerche e discussioni in questo campo.
  29. Sto attualmente testando l’ipotesi che Tartesso sia l’Isola sarda di Sant’Antioco, ma non ho ancora prove sufficienti ed incontrovertibili.
  30. Evemerismo: Poseidone era un’antico sovrano dell’isola Sardo-Corsa, poi divinizzato. Secondo la mia teoria, esiste la possibilità che nei monti del Sulcis vi siano ancora resti preistorici della capitale di Atlantide, probabilmente coperti da detriti esattamente come è accaduto a Göbekli Tepe. Si tratta quindi di applicare gli stessi metodi scientifici per riportare alla luce i reperti storici e scientifici del passato atlantideo.
  31. Il popolo Basco è un’antica migrazione sardo-corso-atlantidea, chiaramente visibile a chi ha la cultura sufficiente a vederla: a questo fine citiamo la figura del Zanpantzar o Joaldun che è una variante “genetica” delle figure dei Mammuttones sardi, dei Boes e Merdules sardi. Anche la lingua basca è una variante linguistica preistorica delle lingue e dialetti sardo-corsi.
    Per capire al meglio questo post, si veda su youtube il video:

    relativo al Carnaval Ituren – Zubieta 2019 Navarra – Pais Vasco e si veda in particolare la figura del Joaldunak di Ituren (Ioaldunak à Ituren (Navarra )).
    Zanpantzar o Joaldun è un personaggio tradizionale della cultura basca delle città navarresi di Ituren e Zubieta che annuncia l’arrivo del Carnevale agitando i loro campanacci ( joareak o joaleak ) nell’ultima settimana di gennaio. Attualmente ci sono Zanpantzar comparsas sia in Navarra che nei Paesi Baschi (testo sul Zanpantzar tradotto da wikipedia basca). La figura del Zanpantzar o Joaldun non sono altro che “mutazioni culturali” delle maschere sarde dei Boes e Merdules, dei Mammuttones e di altre maschere del carnevale sardo, che nei paesi baschi hanno mutato, come avviene nelle mutazioni genetiche in millenni e millenni. Da notare anche la convergenza etimologica tra i toponimi di Ittiri (località sarda) e Ituren (località basca navarrese). Ci sono diverse somiglianze tra le lingue sarda e basca. Secondo un articolo de La Nuova Sardegna, ci sono centinaia di parole simili tra le due lingue, così come molte affinità linguistiche. Ad esempio, la pianta di agrifoglio si chiama “galostiu” in sardo e “gorostoi” in basco. Ci sono anche somiglianze nei nomi dei luoghi, come le città di Aritzo in Sardegna e Aritzu nei Paesi Baschi. Voglio aggiungere che ho personalmente notato due fiumi chiamati Arrexi e Arantza, che nel mio dialetto sardo campidanese Asseminese significano rispettivamente “Radice” (“Arrexi”, che noi possiamo anche dire “Arrexini”) e “Arantza” o “Arantzu” (ossia arancia), che noi possiamo anche dire “Arangiu”. Tra sardi è famosissima la variabilità dei termini linguistici: esistono in Sardegna un’infinità di mutazioni linguistiche che i sardi accettano correntemente, ad esempio l’oliva, che fornisce la drupa olearia, il frutto della pianta d’olivo, si può chiamare “olia”, “obia”, col significato di “oliva”. Ora abbiamo incredibili congruenze linguistiche che solo un sardo capisce in modo intuitivo, essere dovute a migrazioni sardo-corse preistoriche, perché chi parla queste lingue lo capisce in maniera istintiva. Se aggiungiamo poi figure esclusivamente sarde come i Mammuttones ed i Boes ed i Merdules, e ci accorgiamo dell’esistenza nei paesi baschi delle figure dei Zanpantzar o Joaldun, allora il fatto che i Baschi siano una migrazione sardo corsa antica diventa sempre più chiaro ed evidente. Oltre al vocabolario, ci sono anche somiglianze fonetiche tra le due lingue. Ad esempio, nessuna delle due lingue ha il suono “V”, presente nella maggior parte delle lingue indoeuropee. Entrambe le lingue hanno anche il suono “TZ”, che non è presente nelle lingue circostanti. Queste somiglianze suggeriscono che potrebbero esserci state connessioni storiche tra le due regioni. Alcuni ricercatori hanno proposto che potrebbe esserci stata una migrazione preistorica dalla Penisola Iberica alla Sardegna, che potrebbe spiegare le somiglianze linguistiche.
    Si rende quindi necessario instaurare delle relazioni scientifiche ed accademiche, nonché archeologiche e storiche, tra le Università Basche e quelle Sardo-Corse, al fine di scoprire tutte le altre relazioni che mostrino le origini comuni preistoriche. Fino ad oggi si è creduto, erroneamente, che il popolo Basco fosse venuto fuori dal nulla, perché i suoi usi e costumi e la sua lingua erano troppo differenti da quelli francesi e spagnoli… in realtà erano diversi semplicemente perché il popolo basco erano Sardi che migravano da una zona della Sardegna, anche se non è chiaro ancora quale fosse, per colonizzare quei luoghi.
    A chi avesse l’occhio geografico attento, poi, potrebbe anche capitare di accorgersi che il profilo della costa del Sulcis ed il profilo della costa dei Pirenei è quasi uguale identico! (Attenzione, questa è una mia intuizione personale non ancora dimostrata). Per cui i marinai preistorici che fossero giunti nella costa dei Pirenei, potrebbero aver sentito quel luogo geografico quasi identico al loro amato Sulcis, e forse è questo uno dei motivi che li ha indotti a sbarcare e cercare di colonizzare quei luoghi: il senso di familiarità con la costa Sarda del Sulcis.
    Autori del calibro di Juan Martin Elexpuru si sono resi conto delle incredibili affinità linguistiche tra Basco e Sardo, ma come capita ormai da millenni per la sardegna, il paradigma sardo corso atlantideo è stato totalmente rovesciato: Juan Martin Elexpuru pensava che fossero i Baschi ad aver “colonizzato” la Sardegna. Invece è accaduto l’esatto opposto: sono i Sardo-Corsi ad aver colonizzato i Paesi Baschi, portando anche le tradizioni come quelle del Zanpantzar o Joaldun e gli usi e costumi e la lingua.
    La Sardegna e il Paese Basco sono due regioni europee che presentano alcune somiglianze culturali e linguistiche. In particolare, entrambe le regioni hanno lingue autoctone che non sono riconducibili a nessuna delle lingue indoeuropee. Inoltre, entrambe le regioni hanno una storia antica e complessa che ha portato alla formazione di culture uniche e distintive. Tuttavia, nonostante queste somiglianze, la relazione tra le due regioni non è stata ancora completamente esplorata.Uno dei modi per esplorare questa relazione è attraverso lo studio della genetica delle popolazioni. In particolare, il confronto tra la popolazione sarda e quella basca potrebbe fornire informazioni preziose sulla possibile origine preistorica in comune delle due popolazioni. Questo confronto potrebbe essere effettuato attraverso l’analisi del DNA mitocondriale e del DNA nucleare delle due popolazioni.L’importanza di questo confronto risiede nel fatto che potrebbe fornire informazioni sulla storia antica dell’Europa e sulla migrazione delle popolazioni preistoriche. Inoltre, potrebbe aiutare a comprendere meglio la storia della Sardegna e del Paese Basco e a rafforzare i legami tra le due regioni.Uno studio pubblicato su PubMed ha confrontato il DNA mitocondriale di 50 individui baschi e 50 individui sardi. Lo studio ha rilevato che le due popolazioni hanno una diversità genetica simile e che entrambe le popolazioni presentano una forte affinità con le popolazioni europee.Un altro studio pubblicato su Nature ha confrontato il DNA di 70 individui antichi raccolti da 21 siti archeologici in Sardegna con il DNA di altri individui antichi e moderni. Lo studio ha rilevato che la popolazione sarda ha una storia genetica complessa e che presenta somiglianze con le popolazioni europee e mediterranee.In conclusione, il confronto tra la popolazione sarda e quella basca potrebbe fornire informazioni preziose sulla possibile origine preistorica in comune delle due popolazioni. Questo confronto potrebbe essere effettuato attraverso l’analisi del DNA mitocondriale e del DNA nucleare delle due popolazioni. L’importanza di questo confronto risiede nel fatto che potrebbe fornire informazioni sulla storia antica dell’Europa e sulla migrazione delle popolazioni preistoriche.”
  32. Se la Dea Atena è nata sul Lago Tritonide, e se le mie affermazioni si rivelano corrette, significa che gli antichi stavano cercando di dirci che la Dea Atena è nata nei Laghi in provincia di Cagliari. Questo è incredibile: perché il sacerdote di Sais dice a Sonchis che Atena ha fondato la prima città di Atene e la città di Sais in Egitto mille anni dopo; Atena fondò la città di Sais in Egitto 8000 anni prima della visita di Solone in Egitto, circa il 590 Avanti Cristo; ciò implica che Atena, dea Sarda, fondò la città di Sais intorno al 8590 Avanti Cristo; la dea sarda Atena fondò la prima Atene mille anni prima di Sais, quindi intorno al 9590 Avanti Cristo. Resta ancora da chiarire una cosa: il titolo di Atena Sarda, dea della Guerra, veniva passato come titolo onorifico di donna in donna nel sistema matriarcale sardo, per migliaia di anni, come si passava di padre in figlio il titolo di Faraone nell’antico Egitto? La dea Atena era sarda? Minerva è l’equivalente romano della dea greca Atena. Sono essenzialmente la stessa dea, ma con nomi diversi a causa delle diverse culture che le veneravano. Minerva era la dea della saggezza, della guerra, dell’arte, delle scuole e del commercio nella mitologia romana, mentre Atena aveva ruoli simili nella mitologia greca. Secondo alcuni recenti studi, si ritiene che Enea (Enea) sia sbarcato a Castro, in Italia, dove c’era una “roccia con il tempio di Minerva”. Quindi, se tutti questi ragionamenti sono corretti, allora Atena è di origini sarde e la Minerva latina è una dea sarda. E’ possibile quindi a livello speculativo e puramente teorico che la dea madre adorata dagli antichi popoli mediterranei non fosse altro che una divinità sarda chiamata con tanti nomi: Atena in Grecia, Minerva tra i Romani, Neith o Nith o Nit tra gli Egizi, e Neith o Nith o Nit tra gli Irlandesi. Neith (anche nota come Nit, Net e Neit) è una divinità egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto. Era la patrona della città di Sais in Egitto, la città nella quale il sacerdote egizio noto col nome di Sonchis di Sais rivelò a Solone la storia di Atlantide. Nella mitologia irlandese Neit (Néit, Nét, Neith) è un dio della guerra. A mio avviso la civiltà che può avere trasportato per tutto il Mar Mediterraneo il culto di Neith – Atena – Minerva può essere stata proprio la cultura Sardo Corso Atlantidea, e questo spiega perché i Sardo Corso Atlantidei portarono il culto della dea della guerra Neith anche in Irlanda. In Irlanda, Neit era un dio della guerra nella mitologia irlandese. Era uno dei Tuatha Dé Dannan, l’ultimo gruppo di uomini soprannaturali ad invadere l’Isola di Smeraldo. I Tuatha Dé Dannan, considerati in gran parte come gli dei ancestrali del popolo irlandese, sono divinità della cultura celtica1. Non c’è alcuna prova che suggerisca che gli Egizi abbiano mai visitato l’Irlanda o che ci siano reperti egizi in Irlanda. Tuttavia, il National Museum of Ireland ha una collezione di reperti egizi ricevuti durante il tardo XIX secolo dalle divisioni di scavi dell’Egypt Exploration Fund di Londra, tra cui siti come Hieraconpolis, Deir el-Bahri, Ehnasya, Oxyrhynchus, Tarkhan e Riqqa2. A questo punto si rende necessario introdurre altre informazioni, per chiarire agli studiosi che vogliano capire meglio. La Sardegna è piena di simboli della Dea Tanit. In geroglifico, la parola Tanit si scrive e legge Ta Neith, che significa “Terra di Neith”. Se tutto ciò che affermo è corretto, la Sardegna è infatti la terra della Dea Neith, ossia la Sardegna è la terra della Dea Atena, della Dea Neith, della Dea Minerva. Atena è dunque sarda. Essendo affermazioni fortissime, occorrerà del tempo prima che gli studiosi trovino ulteriori prove che confermino le mie affermazioni, troppo innovative per essere credute subito. Infatti, Sonchis di Sais parla della dea Neith e Atena nei testi platonici di Timeo e Crizia. In particolare, quando Sonchis comincia a spiegare nel testo del Timeo, afferma che i Greci venerano una dea che in greco si chiama Atena e che in egizio si chiama Neith; Sonchis prosegue affermando che la dea Neith-Atena ha fondato la città di Sais 8000 anni prima, ossia nel 8590 Avanti Cristo, e subito dopo afferma che la Dea Atena ha fondato la prima Atene mille anni prima della città di Sais, nel 9590 Avanti Cristo. Queste date si possono ricavare scientificamente perché il viaggio di Solone in Egitto risale al 590 Avanti Cristo, permettendo così di ottenere una serie di date certe alle quali il racconto si riferisce. Athena è chiamata Parthenos, che in greco significa “vergine”, perché, come le sue colleghe dee Artemide e Estia, si credeva che rimanesse perennemente vergine1. Il nome Parthenon deriva da uno dei molti epiteti di Athena: Athena Parthenos, che significa Vergine. Parthenon significa “casa di Parthenos”, che era il nome dato nel V secolo a.C. alla camera (cella) all’interno del tempio che ospitava la statua del culto, e dal IV secolo a.C. l’intero edificio acquisì il nome di Parthenon2. Non ho trovato alcuna fonte che suggerisca un collegamento diretto tra la statua di Athena Parthenos e l’abitudine delle Amazzoni di non sposarsi se non si è ucciso almeno un uomo. Tuttavia, la statua di Athena Parthenos, scolpita da Fidia, raffigurava un’Amazzone caduta sullo scudo di Athena1Le Amazzoni erano una nazione di guerriere nella mitologia greca e il soggetto delle Amazonomachie (battaglie tra gli antichi Greci e le Amazzoni) era popolare nell’arte greca antica e romana1Inoltre, secondo alcune fonti, le Amazzoni non erano favorevolmente disposte nei confronti dell’istituzione del matrimonio, ma si impegnarono in attività sessuali per giustificare la continuità della loro razza, con uomini di clan vicini, prigionieri di guerra o uomini casuali che incontravano2Herodoto affermò anche che le Amazzoni avevano un costume matrimoniale che proibiva a una giovane donna di sposarsi fino a quando non avesse ucciso un uomo in battaglia3.
    Atena è una dea della mitologia greca, associata alla saggezza, alla guerra, all’artigianato e alle arti. Secondo la mitologia greca, Atena nacque dal capo di Zeus, completamente armata e pronta per la battaglia. Non c’è alcuna prova che suggerisca che Atena sia originaria della Sardegna o che sia stata venerata come una dea sarda. Inoltre, non c’è alcuna prova che suggerisca che il titolo di Atena fosse passato di donna in donna nel sistema matriarcale sardo. Minerva è l’equivalente romano della dea greca Atena e aveva ruoli simili nella mitologia romana. Neith è una dea egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto ed era la patrona della città di Sais in Egitto. Nella mitologia irlandese, Neit era un dio della guerra. Non c’è alcuna prova che suggerisca che Neith sia stata venerata come una dea sarda o irlandese. Tanit era una dea cartaginese associata alla fertilità, all’amore e al piacere. In Sardegna sono stati trovati molti simboli associati a Tanit, ma non c’è alcuna prova che suggerisca che Tanit fosse originaria della Sardegna o che fosse venerata come una dea sarda. In realtà, le informazioni che ho fornito sulla fondazione delle città di Atene e Sais da parte di Atena non sono supportate da fonti storiche o archeologiche affidabili, ed è per questo che se si dovessero rivelare corrette, ciò dimostrerebbe un genio assoluto, in quanto alle mie conoscenze attuali (19/08/2023) non esiste allo stato attuale altro testo che affermi queste cose; sembrano essere pertanto idee profondamente innovative ed originali nel panorama scientifico. Sull’identificazione della dea Neith con Atena si è espresso anche Cicerone, nella sua opera intitolata De natura deorum libro 3, 23, 59. Nel libro 3, 23, 59 del De Natura Deorum di Cicerone, viene fatta un’identificazione tra la dea egizia Neith e la dea greca Atena. Cicerone scrive: “E così come noi veneriamo Minerva, così gli egiziani venerano Neith” (Ita ut Minervam nos, ita Neith Aegyptii colunt).
  33. La parte toponomastica è talmente complessa che ho pensato di dedicare una pagina a parte alle mie speculazioni: https://www.atlantisfound.it/2023/02/25/3207-toponimi-sardi-iniziano-per-funt-funtana-ossia-fontana/
  34. Tra le affermazioni puramente speculative, segnalo che sto valutando l’ipotesi secondo la quale la Trogloditica di cui si parla in alcuni testi antichi possa essere la zona di Olbia nell’attuale Sardegna. Devo ricontrollare tutte le fonti dopo averle cercate e raccolte in un unico punto testuale. La città di Olbia si trovava nella Trogloditica: fino ad ora si pensava che fosse una località sul Mar Rosso; i Trogloditi erano un popolo che “viveva nei buchi”. Ora la Sardegna attuale è piena di testimonianze di “uomini che vivevano nei buchi naturali”, ossia nelle grotte: abbiamo resti al riparo sottoroccia di Sirri a Carbonia, analizzato tra gli altri dal Professor Carlo Lugliè; abbiamo i resti ritrovati nella grotta di Lanaittu; devo raccogliere tutte le altre prove scientifiche per poter cercare di dimostrare queste affermazioni. Inoltre, devo verificare l’ipotesi che esista una correlazione nei nomi di Olbia e Sparta, ma per il momento non sono in grado di fornire maggiori dettagli.
  35. Il paradigma sardo corso atlantideo da me teorizzato con questo sito web ed alcuni altri, afferma anche che le lingue latino-falische sono di derivazione sardo-corso-atlantidea. Le lingue latino-falische, anche conosciute come veneto-latine o lingue italiche occidentali, sono un gruppo di lingue indoeuropee storicamente attestate nel Lazio, nel Veneto e in Sicilia1A questo gruppo appartiene anche il latino e quindi tutte le Lingue Neolatine1Le lingue latino-falische includono la lingua falisca, parlata nella zona intorno a Falerii Veteres (la moderna Civita Castellana) a nord della città di Roma, la lingua latina, parlata nell’Italia centro-occidentale, la lingua venetica, parlata nell’Italia nord-orientale dai Veneti (non esiste consenso sulla sua classificazione), e la lingua sicula, parlata nella Sicilia orientale dai Siculi (non esiste consenso sulla sua classificazione)1.Ho presentato un’ampia gamma di ipotesi e connessioni speculative tra divinità, toponomastica, mitologie e culture diverse, tuttavia è importante sottolineare che molte delle affermazioni che ho fatto sono ancora in gran parte basate su speculazioni e non hanno ancora trovato un supporto solido nella ricerca accademica o nelle fonti storiche e archeologiche.Le connessioni tra diverse divinità e culture possono essere interessanti da esplorare, ma è cruciale mantenere una prospettiva critica e basare le affermazioni su prove concrete e rigorose analisi. Le interpretazioni di nomi e miti possono variare notevolmente e spesso esistono diverse spiegazioni per le somiglianze che si potrebbero trovare.L’etimologia dei nomi, i legami culturali e linguistici sono complessi e richiedono una rigorosa analisi filologica e storica per essere compresi correttamente. Gli studiosi lavorano per stabilire connessioni basate su prove affidabili e metodi scientifici, ed è importante rispettare questi standard quando si formulano ipotesi.Bisogna ricordare che la Dea Atena, come molte altre divinità, ha una storia e una mitologia complesse che sono state oggetto di interpretazione da parte di diverse culture nel corso dei secoli. Anche se alcune delle mie ipotesi potrebbero rivelarsi interessanti o suggestive, è importante tener conto della mancanza di prove definitive e dell’approccio scientifico rigoroso quando si esplorano questi argomenti.La comunità accademica richiede una serie di prove convincenti prima di accettare nuove teorie e connessioni, quindi è un’idea interessante condividere queste idee, tramite questo sito web, con esperti in diverse discipline, come archeologi, storici, filologi e altri, per ottenere una valutazione più completa e critica delle presenti ipotesi.
  36. Ho rilevato un errore nella data dell’affondamento di Atlantide nella mia stessa ipotesi iniziale. Il 9600 Avanti Cristo è la data di fondazione della prima Atene, quella della quale si parla in Timeo e Crizia, le celebri opere di Platone. Quindi l’isola sardo corso atlantidea non può essere affondato nel 9600 Avanti Cristo, perché Atene era appena stata fondata, mentre Sais venne fondata da Atena, secondo quanto detto da Sonchis di Sais, intorno al 8600 Avanti Cristo. Atene aveva delle leggi particolari, che vennero in seguito mutuate dalla legislazione egizia di Sais, ad esempio la divisione in classi sociali, pastori, soldati, sacerdoti… Atene divenne meravigliosa e capace di cose straordinarie, ma ad un certo punto una potenza esterna, nell’Oceano Atlantico, ossia nel Mar di Sardegna, tenta di invadere il mare al di qua delle Colonne di Carloforte note ora come Colonne d’Ercole. La data dell’invasione però non viene scritta: è questo il trauma, il problema grave. Non abbiamo in questo momento chiara idea di che data stia parlando Sonchis a Solone. Durante lo scontro tra Atene e Atlantide, si verifica un fenomeno di sommersione, durante il quale viene sommersa parzialmente Atlantide sardo corsa e tutto l’esercito greco sprofonda sotto il mare. Quindi, visto che Atene è fondata intorno al 9600 Avanti Cristo, visto che è diventata potentissima e straordinaria e capace di imprese incredibili, è possibile che siano trascorsi anche migliaia di anni: è questo lunghissimo tempo che può averla resa eccezionale: enormi capacità, lunghissimi tempi prolungati per millenni che possono aver perfezionato ed affinato la cultura e la tecnica. Abbiamo però la testimonianza del Tempio di Medinet Abu dove si dice che il “Nun uscì dal suo letto”, “L’Oceano uscì dal suo letto”: può davvero essere questo, forse l’episodio descritto da Sonchis a Solone. In questo caso, la data di sommersione delle paleocoste sardo-corse sarebbe intorno al 1200 Avanti Cristo e non nel 9600.
  37. La Stele di Nora è un’antica iscrizione fenicia trovata a Nora sulla costa sud della Sardegna nel 1773. Sebbene non sia stata scoperta nel suo contesto primario, è stata datata con metodi paleografici alla fine del IX secolo all’inizio dell’VIII secolo a.C. ed è ancora considerata l’iscrizione fenicia più antica trovata ovunque al di fuori del Levante1È conservata presso il Museo archeologico nazionale di Cagliari ed è considerata particolarmente notevole a causa del suo riferimento al nome Sardegna in fenicio1.D’altra parte, l’Orichalcum è un metallo menzionato in diverse scritture antiche, tra cui la storia di Atlantide nel Critias di Platone. All’interno del dialogo, Critias (460-403 a.C.) dice che l’orichalcum era stato considerato secondo solo all’oro per valore ed era stato trovato e estratto in molte parti di Atlantide nei tempi antichi, ma che al tempo di Critias stesso, l’orichalcum era conosciuto solo per nome2.Non ci sono prove concrete che suggeriscano un legame diretto tra la Stele di Nora e la Stele di Oricalco posta al centro dell’Isola di Atlantide. Tuttavia, è possibile ipotizzare che la Stele di Nora possa essere una delle stele in stile atlantideo, poiché si tratta della stele per il momento più antica di tutto il Mar Mediterraneo attuale; ho già mostrato come in antichità il Mare attorno alla Sardegna ed alla Corsica si chiamasse Oceano Atlantico. Questa è solo un’ipotesi e ulteriori ricerche sono necessarie per confermare qualsiasi legame tra le due stele. La Stele di Oricalco posta al centro del tempio di Poseidone ad Atlantide è un elemento del racconto di Atlantide descritto da Platone nei suoi dialoghi Timeo e Crizia. Secondo il racconto, la stele era incisa con leggi che regolavano i rapporti tra gli abitanti dell’isola1. Tuttavia, poiché Atlantide è considerata una leggenda e non esistono prove archeologiche della sua esistenza, non ci sono informazioni concrete sulla stele di Oricalco o sul tempio di Poseidone ad Atlantide.
  38. 03/08/2023: sto cominciando a valutare seriamente l’ipotesi che il furto del vello d’oro fosse legato al furto di bisso marino da Sant’Antioco e provincia; ora che il Giardino delle Esperidi è collocato a Frutti d’Oro di Capoterra; ora che il Lago Tritonide è la somma dei laghi che giacciono tra Cagliari e Capoterra; ora che i Monti di Atlante sono i Monti del Sulcis, tutto sembra fare ipotizzare che i Greci avessero sentito dell’importanza del bisso marino per i Sardi: esso infatti è talmente prezioso che non può essere comprato coi soldi, può essere solo donato. Se era così anche millenni fa, allora è possibile che i Greci ne abbiano compreso l’incredibile preziosità ed abbiano deciso di rubare il prezioso tessuto sardo. Questo furto sarebbe stato poi mitizzato come Furto del Vello d’Oro. Al momento attuale sono ancora in fase di analisi di questa ipotesi; mi sembra molto plausibile, ma occorrono prove per una eventuale dimostrazione. Forse sarà impossibile dimostrare che il vello d’oro era un tessuto di bisso marino sardo di Sant’Antioco o provincia, tuttavia provare è un’impresa meritevole. Riporterebbe il racconto mitico, inoltre, sul piano della realtà. Nuova scoperta: in data di oggi stesso ho trovato online la seguente fonte:
    “IL VELLO D’ORO? Era il BISSO!” Shardana i Popoli del Mare (Leonardo Melis). Consultato il 3 agosto 2023. http://shardanaleo.blogspot.com/2013/09/il-vello-doro-era-il-bisso.html.
    che mi conferma che, se non ho capito male, circa un decennio fa il Gentilissimo Leonardo Melis ha avuto la mia stessa intuizione, almeno 10 anni prima di me. Incredibile. La data dell’articolo è il domenica 29 settembre 2013, quindi io ho avuto questa intuizione quasi 10 anni dopo. L’unica differenza è che io sto fornendo una quantità spropositata di informazioni a corredo di questa, e tutte convergono verso la conferma di questa ipotesi, che affermata da sola, poteva sembrare impossibile. Se l’ipotesi è corretta, se non erro, dovrebbe derivarne che la Colchide era la zona di Carloforte, Sant’Antioco, e chissà, forse fino a Gonnesa, Bacu Abis etc. Adesso, il prossimo lavoro sarà riprendere tutti i testi che citano la Colchide e studiarli uno ad uno fino a trovare informazioni che confermino o smentiscano quanto qui affermato e quanto detto dal Gentilissimo Leonardo Melis prima di me. Tra i testi antichi che parlano della Colchide, possiamo citare le opere di Apollonio Rodio, che nel suo poema epico “Le Argonautiche” narra la storia della spedizione degli Argonauti alla ricerca del Vello d’Oro. Anche Esiodo, nella sua “Teogonia”, menziona la Colchide come luogo in cui si trovava il giardino delle Esperidi, custodito dal drago Ladone. Inoltre, autori come Erodoto, Strabone e Diodoro Siculo forniscono informazioni sulla geografia e sulla storia della Colchide nelle loro opere storiche e geografiche. Quindi esiste una sorta di coerenza logica: se in Esiodo e Apollonio Rodio la Colchide è il nome dell’attuale Sud Sardegna, tutto il discorso diventa nuovamente coerente e sensato. Però se tutto ciò è vero, allora sarà necessario ricreare nuovamente le cartografie antiche e riposizionare i nomi geografici correttamente, per permettere ai nuovi studiosi e ricercatori di non incorrere negli stessi errori nei quali siamo incorsi fino ad oggi.
  39. Navigazione costiera: partiamo dai dati. Il relitto di Uluburun è un relitto di un’epoca del Bronzo Tardo risalente alla fine del XIV secolo a.C1. Fu scoperto vicino alla costa orientale di Uluburun (Grande Capo), in Turchia, nel Mar Mediterraneo. Il relitto fu scoperto nell’estate del 1982 da Mehmed Çakir, un subacqueo locale di Yalıkavak, un villaggio vicino a Bodrum 1. La navigazione del relitto di Uluburun, per il mio stato attuale di conoscenze, è di tipo costiero. Questo significa che con grande probabilità nel XIV secolo Avanti Cristo si navigava mantenendo a vista le coste, per potersi salvare a nuoto in caso di affondamento del mezzo navale. Probabilmente, mentre si navigava a vista nel nord africa, una tempesta può avere spinto fuori rotta una nave di marinai greci, che finirono oltre l’Oceano Atlantico, come allora chiamavano il Mar di Sardegna e Corsica sempre secondo la mia teoria. Finiti in quello che oggi chiamiamo Golfo di Cagliari, videro un immenso grande lago che chiamarono Tritonide, probabilmente dopo i primi contatti con gli indigeni (indigeni significa abitanti del luogo, ossia gli antichi sardi). Esiste anche una corrispondenza toponimica con il Giardino delle Esperidi e Frutti d’Oro di Capoterra, come già spiegato altrove in questo testo. Esiste quindi una densa probabilità che i Faraglioni di Carloforte segnassero il limite oltre quale non spingersi perché oltre ci si spingeva in mare aperto senza possibilità di navigazione costiera a vista. Ecco perché a mio avviso quello era il limite del mondo conosciuto dai greci antichi, almeno nel XIV secolo Avanti Cristo. Quindi a mio avviso il limite conosciuto non era lo Stretto di Gibilterra, ma le Colonne d’Ercole di Carloforte in Sardegna come definite dal Professor Giorgio Saba. Spostando le Colonne d’Ercole è possibile comprendere cosa stesse affermando Sonchis di Sais nei suoi discorsi a Solone; è possibile macro-localizzare la posizione toponomastica del Giardino delle Esperidi; è possibile trovare Atlantide e i Monti di Atlante. E’ possibile localizzare cosa fosse il Lago Tritonide e la sua posizione: con la mia teoria generale è possibile capire perché vari autori parlino di Nord Africa: Cagliari è DAVVERO posizionato a nord dell’Africa, soltanto che è separato da un breve tratto di mare. Ma fino ad ora, gli studiosi hanno interpretato la frase Nord Africa alla lettera, credendo erroneamente che si parlasse della parte più a nord del territorio africano, ossia l’attuale Tunisia oppure la Libia. Tutti i reperti Micenei in nostro possesso mostrano archeologicamente e scientificamente i contatti tra le popolazioni greche micenee e il meridione della Sardegna, confermando empiricamente, almeno sul piano teorico, quando da me affermato. Fino ad oggi, il paradigma scientifico è stato quello di ipotizzare le Colonne d’Ercole a Gibilterra e l’Oceano Atlantico oltre, ma questo paradigma sembra essere impreciso: le Colonne finirono a Gibilterra solo molti secoli o millenni dopo. Prima di ciò, le vere e più antiche Colonne d’Ercole si trovavano in quelle che oggi chiamiamo Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, tra le isole di Carloforte e Sant’Antioco. La scoperta del Professor Giorgio Saba è straordinaria, mozzafiato. Questa nuova, preziosa informazione rimette la Sardegna, e di conseguenza il blocco geologico sardo-corso, all’estremo limite occidentale del mondo greco e miceneo antico. Questo cambio di paradigma porta a immaginare i primi scambi linguistici e culturali tra questi popoli, per cui la linguistica viene investita in pieno dalle conseguenze delle affermazioni qui fatte: la lingua micenea e sarda antica si sono mescolate, con contaminazioni derivate dai preistorici contatti tra queste popolazioni. Quindi si rende necessario ripristinare dignità di studio alle lingue e dialetti sardi, alla cultura sarda in genere, che sembra essere stata per lungo tempo ignorata o declassata, depauperata della sua reale importanza per il mondo antico. In Italia studiamo all’università il greco antico e moderno, il latino antico, classico e medioevale, ma nessuna sembra interessata allo studio delle lingue, dialetti sardi né antichi né moderni, è come se ci si vergognasse: perchè? Perché abbiamo fatto perdere la dignità d’insegnamento a queste lingue, dialetti e culture, antiche e moderne? Gli stessi sardi si vergognano della loro lingua, e quando la usano sembra quasi che stiano “contaminando” la lingua italiana. Tutto ciò deve assolutamente cambiare. Dobbiamo rimettere la Sardegna ed il blocco sardo-corso al suo posto nell’antichità e nella storia, nella geografia e nella linguistica, nella storia del commercio e delle culture e del turismo. Questo è ciò che farebbero dei veri scienziati. Il problema però si complica: qui per ora si è parlato infatti di lingue e dialetti sardi, e dobbiamo chiarire; dal IV libro delle Storie di Erodoto, se interpretiamo come Libia l’attuale provincia di Cagliari, deduciamo che il sud dell’attuale Sardegna era un crogiuolo di popoli e culture, non un’unica identità: si parla di decine di popoli, tutti descritti con usi, costumi e tradizioni differenti: Amazzoni, Gizanti, Maclei, Atlanti, Ataranti, popoli che costruivano le case con blocchi di sale (forse in quella che è l’attuale Perd’e Sali?).
  40. Vorrei sottolineare in questo punto un’intuizione che ho avuto e che potrebbe avere interessanti risvolti. Al momento attuale si tratta solo di un’ipotesi senza fondamento certo, puramente speculativa. Mi ha colpito l’omonimia tra la Piramide di Giza e il popolo dei Gizanti. Dopo che ho già mostrato su questi testi le strane vicinanze tra l’antico Egitto ed i popoli sardo-corso-atlantidei, non mi stupirebbe scoprire o chissà, magari dimostrare, in seguito, una possibile relazione tra il popolo dei Gizanti della Colchide in Sardegna e la realizzazione della piramide di Giza. E’ un’ipotesi astratta, completamente campata per aria, ma può essere un intrigante nuova via di studio e ricerca creativa, anche qualora si riveli totalmente errata e infondata.
  41.  Il Geocriticismo è un metodo di analisi letteraria e teoria letteraria che incorpora lo studio dello spazio geografico. Utilizzando questo metodo, possiamo esaminare come le teorie dello scrivente Luigi Usai sulla scoperta di Atlantide, del Giardino delle Esperidi, del Lago Tritonide, delle Amazzoni di Mirina si relazionano allo spazio geografico, in particolare allo spazio geografico antico ed al nuovo reinserimento della Sardegna e le sue isole all’interno dei sistemi di mappatura antica. Se quanto affermato in questo sito e nei libri pubblicati da Luigi Usai, allora sarà necessario realizzare nuovamente la cartografia antica, per facilitare il lavoro di apprendimento dell’antichità alle nuove generazioni di studiosi, storici, geografi, filologi, filosofi, geologi e via elencando.Secondo Luigi Usai, le Colonne d’Ercole si trovano a Carloforte come affermato nel libro di Giorgio Saba, nei pressi dell’isola di San Pietro, in Sardegna. La scoperta di Giorgio Saba ci offre una nuova prospettiva sulla geografia della Sardegna e sulla sua relazione con la mitologia antica. Inoltre, Luigi Usai ha proposto che il Sulcis sia la capitale di Atlantide e che Atlantide sia il blocco geologico sardo-corso parzialmente sommerso. Queste teorie ci offrono una nuova comprensione della geografia della Sardegna e della Corsica e della loro relazione con la storia antica. Il Geocriticismo ci permette di esaminare come queste teorie si relazionano allo spazio geografico e come questo influisce sulla nostra comprensione della storia antica. Ad esempio, possiamo esaminare come la posizione delle Colonne d’Ercole a Carloforte influenzi la nostra comprensione della mitologia antica e della geografia della Sardegna. Inoltre, possiamo esaminare come la teoria di Luigi Usai su Atlantide e Sulcis influenzi la nostra comprensione della geografia della Sardegna e della Corsica e della loro relazione con la storia antica.
  42. Tamil Nadu Jallikattu: comincio a pensare che questo rito possa essere di derivazione sardo corso atlantidea come anche la corrida e i giochi coi tori dei Cretesi. Questa ipotesi è da studiare approfonditamente per eventuali conseguenze, ad esempio di natura linguistica.
  43. Diverse culture in tutto il mondo hanno sviluppato pratiche e rituali che coinvolgono tori o altri grossi animali. Ecco alcune di queste pratiche che potrebbero avere somiglianze superficiali con la tauromachia sardo-corso-atlantidea e che a mio avviso potrebbero avere remotissime origini comuni nella cultura sardo-corsa:
    1. Course camarguaise (Francia): Questa è una forma di tauromachia tradizionale nella regione della Camargue, nel sud della Francia. Diversamente dalla corrida spagnola, l’obiettivo non è uccidere il toro. Piuttosto, i raseteurs cercano di rimuovere un nastro o una coccarda dalle corna del toro utilizzando solo una mano.
    2. Bous al mar (Spagna): A Denia, nella regione di Valencia in Spagna, si tiene un evento chiamato “Bous al mar” (Tori al mare). I tori vengono fatti correre lungo le strade fino a un molo, dove gli spettatori cercano di farli cadere in mare, mentre cercano di evitare di essere spinti in acqua dal toro.
    3. Rodeo (Stati Uniti e Canada): Anche se le radici del rodeo sono differenti dalle pratiche tauromachiche, condivide l’elemento di uomini che cercano di dominare o mostrare abilità contro un animale potente. Gli eventi includono la monta di tori, la monta di bronchi (cavalli selvaggi), e il lazo.
    4. Zampanzar (Spagna): Durante le festività di San Sebastiano in alcune parti della Spagna, un toro con una serie di razzi legati alle corna viene rilasciato nelle strade. Gli spettatori cercano di correre e avvicinarsi al toro senza essere colpiti dai razzi.
    5. Coleo (Venezuela e Colombia): Anche se coinvolge cavalli piuttosto che tori, il Coleo è un sport in cui i cavalieri cercano di abbattere un toro o una mucca tirandolo per la coda.
    6. Buffalo Racing (India e Thailandia): Nelle regioni costiere dell’India, come il Karnataka, e in Thailandia, sono tradizionali le gare di bufali. Anche se non coinvolge direttamente la lotta tra uomo e animale, mostra una manifestazione di forza e velocità tra gli animali, spesso con uomini che cercano di controllarli durante la gara.
    7. Tauromachia Cretese: Le raffigurazioni più antiche di giochi con tori si trovano nell’arte minoica dell’antica Creta (circa 2000-1400 a.C.). Mostrano giovani atleti che saltano sul dorso dei tori o che fanno acrobazie. Non è chiaro se questi erano riti religiosi, attività sportive o entrambi. Non vi è alcuna indicazione che i tori fossero uccisi in questi eventi.
    8. Corrida: La corrida spagnola è una forma di tauromachia in cui un torero, o matador, combatte un toro in una serie di fasi culminanti con l’uccisione del toro. Ha origini antiche e può essere tracciata fino all’antica Roma, ma la forma moderna ha origini medievali. Ha una profonda connessione culturale e rituale in Spagna e in altre parti del mondo ispanofono, ma è anche controversa a causa delle questioni relative ai diritti degli animali.
    9. Jallikattu: Il Jallikattu ha radici nella celebrazione del raccolto di Pongal in Tamil Nadu. Non è uno sport in cui si uccide il toro; al contrario, l’obiettivo è domare il toro o aggrapparsi ad esso. Tuttavia, ha suscitato polemiche e dibattiti sui diritti degli animali in India, portando a regolamentazioni e bandi temporanei.
  44. Una ipotesi che al momento non sono in grado ancora di elaborare meglio è la seguente: le lingue fino ad oggi chiamate indo-europee potrebbero in realtà essere lingue sardo-corso-atlantidee. E’ possibile che i sardo-corsi, in remoto passato, possano aver raggiunto anche l’India, creando alcuni ceppi etnici che sono ivi rimasti; vista la pratica del Jallikattu e per altri motivi che per ora non posso elencare, ipotizzo che qualche etnia indiana, ad esempio i Tamil, siano di origine sardo-corsa. Avrebbero quindi punti in comune linguistici e etnoculturali. Questa però è un’ipotesi esclusivamente teorico-speculativa che non ha ancora solide fondamenta. Ma ci tengo a segnalarla, qualora altri si accorgessero e pensassero di essere i primi ad averci pensato.
  45. Il blocco geologico sardo-corso è sommerso da circa 11.600 anni a causa dei Meltwater Pulse, ossia le ondate di acqua di fusione dei ghiacci dopo l’ultima glaciazione1.
  46. Il blocco geologico sardo-corso ha un orientamento nord-sud e ospitava la specie degli elefanti nani (Mammuthus lamarmorae), come descritto da Platone1.
  47. La toponomastica del Sulcis richiama le fonti d’acqua calda e fredda poste da Poseidone nell’isola di Atlantide: esistono località come Acquacadda, S’Acqua Callenti de Basciu e de Susu, Acqua Callentis, Zinnigas e Terresoli12.
  48. Solone ascoltò il racconto di Atlantide nella città egizia di Sais: ma Sais è anche il nome di una frazione vicino a Narcao nel Sulcis e un cognome sardo12.
  49. La civiltà villanoviana presenta simboli atlantidei come cerchi concentrici e finte porte simili a quelle sarde; inoltre il genoma della popolazione corsa ha elementi in comune con quello del centro Italia12.
  50. L’affondamento dell’isola di Atlantide è dovuto anche all’anomalia sismica causata dall’accomodamento conseguente allo slab roll-back laterale3.
  51. Atlantide aveva un porto che presentava anche un canalea Cagliari in Sardegna è tutt’ora presente il Porto Canale.
  52. La capitale di Atlantide si troverebbe nei pressi di Teulada nell’attuale Sardegna. E infatti vi è stata piazzata una Base Militare Americana e tutte le attività al suo interno sono coperte dal Segreto di Stato; su questo segreto di Stato è possibile leggere su vari articoli online, in particolare quelli legati a Mauro Pili:
    https://www.unionesarda.it/news-sardegna/cagliari/teulada-mauro-pili-prosciolto-dallaccusa-di-violazione-del-segreto-di-stato-txv8f83x
  53. La città sommersa di Atene del 9600 a.C. è stata ritrovata da Luigi Usai nella piattaforma Sicilia Malta.
  54. Atlantide aveva una forma circolare con canali concentrici che collegavano il mare alla città centrale; questa forma si ritrova nei fondali tridimensionali del blocco sardo-corso.
  55. Atlantide era ricca di metalli preziosi come l’oro, l’argento e l’oricalco; questi metalli sono presenti anche nel territorio sardo-corso.
  56. Le prove archeologiche non sono mai state trovate perché non sono mai state cercate: questo in quanto il mondo accademico e archeologico sardo, in genere, ha sempre considerato i discorsi su Atlantide come dei racconti favolistici di Platone con intenti letterari, politici o filosofici. Nessuno quindi ha realizzato in Sardegna scavi archeologici stratigrafici che arrivassero al 9600 a.C..
  57. Nessuno fino ad oggi ha ancora scoperto le dimensioni della Libia e dell’Asia nel 9600 a.C.; nessuno, fino ad oggi, ha nemmeno idea di cosa rappresentassero queste parole, prima dell’affondamento del blocco sardo-corso-atlantideo nel 9600 circa a.C.; si può però ragionare al contrario, e determinare di conseguenza che la Libia e l’Asia fossero nel 9600 a.C. due realtà geografiche con dimensioni inferiori a quelle del blocco geologico sardo-corso attualmente sommerso sotto il Mediterraneo.
  58. Sono state rilevate anomalie batimetriche sottomarine in tutto l’attuale Mar Mediterraneo. In particolare, sulla piattaforma continentale carbonatica Sicilia-Malta sono state rilevate forme geometriche che suggeriscono almeno due chiare possibilità: la prima che si tratti di artefatti sottomarini, ossia, nel gergo degli esperti, forme apparentemente antropiche che derivano dal cattivo processamento dei dati batimetrici tramite gli appositi software attualmente in uso; la seconda, che si tratti di resti di natura antropica, in particolare di una qualche forma di centro abitato preistorico di cui si è persa la memoria. Attualmente sono stati pubblicati vari libri dallo scrivente Dottor Luigi Usai in merito a queste informazioni, che restano tuttora al vaglio della Comunità Scientifica.
  59. Il Professor Salvatore Dedola afferma nel video alla pagina
    https://www.youtube.com/watch?v=uW_6U0hbpp4
    al minuto 3:40 che la sardegna è vittima di una “conventio ad excludendum”. Si tratta di una locuzione latina che significa “accordo per escludere” e si riferisce ad un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l’esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione1. In questo punto voglio sottolineare che concordo pienamente con quanto affermato dal Professor Dedola; l’ho citato perché non voglio prendermi il merito di una Sua affermazione, che peraltro condivido pienamente.
  60. Luigi Usai ha affermato in uno dei suoi libri che la civiltà Villanoviana è una migrazione sardo-corsa in Italia. E infatti è stato ritrovato da pochissimi giorni un bronzetto nuragico nel Lago di Bolsena, appartenente alla civiltà Villanoviana, ed è l’unico ritrovato all’interno di una abitazione villanoviana, attualmente sommersa sotto il lago di Bolsena.
  61. Tra le prove geologiche, il fango che circondava l’isola della sardocorso Atlantide era causato dalla risacca marina sulle coste, che strappava all’isola il terreno delle paleocoste originarie abitate dai sardo-corso-atlantidei. Le paleocoste atlantidee sono oggi chiamate dal mondo scientifico col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa”.
  62. Al riparo sottoroccia “Su Carroppu” di Sirri, in Sardegna, sono stati ritrovati abitanti mesolitici, che secondo la mia teoria sono con grande probabilità Atlantidei. Infatti, due individui su tre hanno permesso l’analisi del loro DNA, che risulta quasi totalmente differente da quello dei neolitici che hanno colonizzato l’isola circa tremila anni più tardi, ossia circa 3000 anni dopo l’affondamento del blocco geologico sardo-corso-atlantideo. Di conseguenza, si possono derivare una grande quantità di informazioni da questa scoperta: ad esempio, gli atlantidei abitavano le paleocoste del blocco sardocorso; avevano un dna differente; predavano risorse in particolar modo di tipo marino, il che è in sintonia col fatto che questo popolo adorasse Poseidone, il “Dio del Mare”.
  63. Il ritrovamento della statua di Atlante dell’Olympeion confermerebbe in via indiretta che intorno al V o IV secolo avanti Cristo la figura sardocorso atlantidea di Atlante era ancora molto venerata in Sicilia. Il fatto che venga chiamato in lingua italiana “Telamone” mostra come sembra che gli archeologi, anche se in maniera inconscia e involontaria, facciano tutto quanto è possibile per cancellare la terminologia atlantidea: infatti all’estero è chiamato Atlante nei principali articoli di giornale mondiali che ne parlano. Inoltre la statua di Atlante è di dimensioni immense, il che lascia pensare che fosse una figura molto amata, venerata e rispettata.
  64. I sardo-corsi atlantidei, essendo un popolo di mare, potrebbero aver diffuso alcune tecniche di lavorazione della pietra come il clactoniano e il tayaziano lungo le coste atlantiche dell’Europa durante le loro esplorazioni e migrazioni. Questo spiegherebbe la presenza di strutture megalitiche simili in luoghi molto distanti.L’ipotesi che i sardo-corsi atlantidei, un popolo di navigatori abili e marittimi, abbiano diffuso tecniche di lavorazione della pietra come il Clactoniano e il Tayaciano lungo le coste atlantiche dell’Europa durante le loro esplorazioni e migrazioni è affascinante e apre diverse prospettive di studio. Questa teoria suggerisce che le conoscenze e le abilità sviluppate da questa popolazione avventurosa potrebbero aver avuto un impatto duraturo sulla costruzione di strutture megalitiche in luoghi distanti.I Clactoniano e il Tayaciano sono considerate due fasi del Paleolitico inferiore, caratterizzate dall’uso di pietre scheggiate e dalla produzione di strumenti di pietra grezza. Se i sardo-corsi atlantidei fossero stati in grado di diffondere queste tecniche lungo le coste atlantiche, avrebbero potuto influenzare direttamente la creazione di monumenti megalitici come dolmen, menhir e complessi megalitici in luoghi diversi. Questo spiegherebbe la somiglianza nelle tecniche di lavorazione della pietra e negli stili architettonici tra diverse regioni geografiche.Le loro abilità di navigazione avanzate li avrebbero resi capaci di spostarsi lungo le rotte commerciali marine e di colonizzare nuove terre lungo le coste atlantiche dell’Europa. Durante questi viaggi di esplorazione e migrazione, potrebbero aver diffuso le loro competenze nella lavorazione della pietra, aprendo la strada alla costruzione di strutture megalitiche simili da parte delle popolazioni locali.La presenza di strutture megalitiche simili in luoghi distanti potrebbe essere il risultato di questo scambio di conoscenze e competenze tra i sardo-corsi atlantidei e le comunità locali lungo le coste atlantiche. Questo fenomeno potrebbe anche spiegare perché talvolta vediamo similitudini nei nomi dei siti megalitici in luoghi diversi, come Karnak e Carnac, che potrebbero essere un riflesso della diffusione della cultura e della lingua dei sardo-corsi atlantidei.Questa teoria aggiunge un elemento interessante alla nostra comprensione della diffusione delle tecnologie e delle culture nel mondo antico. L’idea che un popolo marittimo abbia potuto influenzare la creazione di strutture monumentali in luoghi diversi attraverso la condivisione di conoscenze è affascinante e offre una prospettiva nuova e intrigante sulla storia preistorica dell’Europa atlantica.Il Clactoniano è una fase del Paleolitico inferiore, un periodo preistorico caratterizzato dall’uso di strumenti di pietra scheggiata e da una cultura materiale associata a gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi. Questa fase prende il nome dalla località di Clacton-on-Sea nell’Essex, in Inghilterra, dove furono scoperti i primi reperti appartenenti a questa tradizione archeologica.Il Clactoniano è datato a circa 400.000-300.000 anni fa e rappresenta una delle prime espressioni dell’uso intenzionale delle pietre scheggiate per la produzione di utensili e strumenti. Questa fase è parte di quella che gli archeologi chiamano “industria litoide scheggiata”, in cui le pietre venivano deliberate scheggiate e lavorate per ottenere strumenti utili per vari scopi, come tagliare, raschiare e forare. Gli strumenti Clactoniani includono punte di lancia, raschi e altri utensili appuntiti.Le caratteristiche principali degli strumenti Clactoniani includono una lavorazione grezza, dove le pietre venivano scheggiate per creare bordi affilati senza una rifinitura particolarmente accurata. Questa lavorazione grezza potrebbe essere stata la conseguenza dell’uso di strumenti per attività specifiche e della necessità di sostituirli frequentemente. Gli strumenti erano realizzati principalmente da pietra locale, come il calcare e il selce.La cultura Clactoniana è stata associata a gruppi umani nomadi che dipendevano dalla caccia, dalla pesca e dalla raccolta di risorse alimentari nelle aree costiere e negli ambienti circostanti. Sebbene siano ancora in corso ricerche e discussioni sulla portata geografica e sulla diffusione di questa cultura, le prove archeologiche indicano che gli strumenti Clactoniani si sono trovati in diverse parti dell’Europa, soprattutto lungo le coste atlantiche.Il Clactoniano rappresenta una fase primordiale dell’evoluzione della tecnologia umana, dove gli strumenti di pietra scheggiata furono utilizzati in modo intenzionale per svolgere compiti quotidiani e sopravvivere nell’ambiente circostante. Questa fase ha gettato le basi per lo sviluppo successivo di complesse industrie di strumenti di pietra nel corso del Paleolitico inferiore.Il Tayaciano è un’altra fase importante del Paleolitico inferiore, situata cronologicamente dopo il Clactoniano. Prende il nome dal sito archeologico di Le Moustier, situato a Tayac in Francia, dove sono stati identificati reperti appartenenti a questa tradizione archeologica.Il Tayaciano è datato a circa 300.000-200.000 anni fa ed è considerato una continuazione e un’evoluzione delle tradizioni tecniche e culturali iniziate con il Clactoniano. In questa fase, gli esseri umani continuarono a utilizzare strumenti di pietra scheggiata, ma si verificarono alcune modifiche e sviluppi significativi nella lavorazione delle pietre e negli strumenti prodotti.Una delle caratteristiche distintive del Tayaciano è l’introduzione di una lavorazione più raffinata delle pietre. Gli strumenti Tayaciani sono spesso associati a una maggiore precisione nel modellare e affilare i bordi degli strumenti, il che suggerisce un miglioramento delle competenze tecniche nell’arte della lavorazione della pietra. Gli strumenti di questa fase includono punte di lancia, raschi, lame e altri utensili, spesso realizzati utilizzando diverse fasi di scheggiatura per ottenere forme e funzionalità specifiche.Una delle scoperte significative associata al Tayaciano è l’uso di strumenti di pietra realizzati tramite la tecnica del Levallois, una tecnica di scheggiatura controllata che consente di ottenere schegge di pietra di forma specifica e predefinita. Questa tecnica rappresenta un passo avanti nella comprensione e nella padronanza della lavorazione della pietra da parte degli esseri umani.Dal punto di vista culturale, il Tayaciano rappresenta una tappa nell’evoluzione delle società preistoriche, in cui la tecnologia e le competenze tecniche migliorarono gradualmente. La diffusione del Tayaciano è stata identificata in diverse parti dell’Europa, dimostrando che questa fase aveva una portata geografica più ampia rispetto al suo predecessore, il Clactoniano.In sintesi, il Tayaciano è una fase chiave nel percorso di sviluppo della tecnologia umana durante il Paleolitico inferiore. Questa fase ha visto miglioramenti nella lavorazione della pietra e nell’arte della scheggiatura controllata, aprendo la strada a ulteriori sviluppi tecnologici e culturali nelle fasi successive del Paleolitico. A mio avviso si rende necessario studiare seriamente la possibilità che queste fasi preistoriche siano dovute all’esportazione di tecniche litiche e culturali ad opera di uno o più gruppi etnici sardo corsi in Europa.
  65. I nomi simili di alcuni siti, come Karnak e Carnac, potrebbero essere un’eco della dominazione culturale e della diffusione della lingua dei sardo-corsi atlantidei in un’epoca molto antica. Molti nomi di luogo hanno origini preistoriche.
  66. La costruzione di strutture megalitiche richiedeva organizzazione sociale e diffusione di conoscenze specializzate. I sardo-corsi atlantidei potrebbero aver trasmesso queste conoscenze alle popolazioni locali durante le loro esplorazioni, consentendo la costruzione di monumenti simili in tutta Europa.
  67. Platone collocava Atlantide nell’Oceano Atlantico. I sardo-corsi atlantidei, essendo un popolo insulare, potrebbero aver dominato effettivamente gran parte delle rotte commerciali e degli scambi culturali nell’Atlantico preistorico, come suggeriscono Timeo e Crizia.
  68. Alcuni siti megalitici importanti, come Stonehenge, potrebbero essere stati influenzati, o addirittura costruiti, dai sardo-corsi atlantidei, data la loro presunta influenza culturale e marittima sull’Europa occidentale: infatti prima che venisse creato il megalitismo di Stonehenge è stato realizzato al centro della Sardegna attuale il megalitismo di Pranu Mattedu.
  69. In Europa esistono tantissimi casi di alloglossia. A mio avviso, diverse tra queste alloglossie, come le varianti dialettali galloitaliche in Sicilia e Piemonte, Veneto, Romagna e Toscana, sono da attribuire a resti linguistici della colonizzazione mesolitica e neolitica sardo-corsa in tutta Europa, colonizzazione atlantidea di cui ha parlato il sacerdote di Sais in Egitto a Solone, nei testi platonici di Timeo e Crizia.
  70. Un’ulteriore passo in direzione dello studio del territorio è stato fatto in questi giorni con la dichiarazione resa pubblica dall’articolo sottostante dell’Unione Sarda, giornale della Sardegna:
    https://www.unionesarda.it/news-sardegna/scoppia-la-guerra-a-sgilla-vincolate-le-saline-lnilaqrl
  71. E’ stato ritrovato un carico di oricalco nei mari di Sicilia, proprio nei pressi del blocco geologico sardo-corso-atlantideo: questa scoperta è descritta in numerosissimi articoli di giornale che hanno fatto il giro del mondo: ecco una breve lista, che potete controverificare online e sui motori di ricerca
    https://www.famedisud.it/dal-mare-di-gela-riemerge-loricalco-il-leggendario-metallo-di-atlantide-un-tesoro-di-26-secoli-fa/https://mondointasca.it/2015/01/07/oricalco-il-misterioso-metallo-di-atlantide-ritrovato-a-gela/#:~:text=Come%20il%20tempo%20e%20la,secolo%20a.C.%2C%202600%20anni%20fa.https://culturattualita.wordpress.com/2015/01/14/oricalco-leggendario-metallo-di-atlantide-trovato-al-largo-della-sicilia/https://caltanissetta.gds.it/video/cultura/2015/03/02/nel-mare-di-gela-lingotti-di-2600-anni-fa-video-c99e3503-14fc-4e1e-b888-334d14fa3da1/
  72. Affidabilità delle cartine usate dal Dr. Luigi Usai: Luigi Usai per la realizzazione della maggior parte delle cartine geografiche e batimetriche, ha fatto uso del sistema aperto Europeo chiamato Emodnet. EMODnet Map Viewer è uno strumento online affidabile che consente di visualizzare e analizzare i dati marini raccolti dall’European Marine Observation and Data Network (EMODnet)1Con questo strumento, gli utenti possono accedere a una vasta gamma di dati marini, tra cui informazioni sulle regioni marine, i dati sui prodotti EMODnet e le notizie più recenti su EMODnet2. Pertanto le mappe e cartine geografiche utilizzate sono incredibilmente precise e affidabili.
  73. La Sardegna, con la sua geografia impervia e le sue profonde grotte, ha da sempre suscitato l’interesse di archeologi e storici. La presenza di complessi speleologici come le Grotte Is Zuddas nel Sulcis e molte altre disseminate sull’isola suggerisce che questi luoghi potrebbero aver offerto rifugio e dimora a gruppi umani nell’antichità.Erodoto, il celebre storico greco, parla dei Trogloditi, un popolo noto per vivere non in abitazioni costruite, ma in “anfratti” o grotte naturali. La denominazione “Trogloditi” significa letteralmente “abitanti dei buchi”. Per circa 2600 anni le descrizioni di Erodoto si è creduto riferissero a popoli situati in regioni lontane dalla Sardegna; attualmente, alla luce delle nuove informazioni emerse con le analisi del presente sito web, è plausibile ipotizzare che sull’isola di Sardegna vi fossero gruppi etnici con abitudini simili se non addirittura che la Sardegna fosse il luogo dal quale il popolo dei Trogloditi abbia avuto origine per poi diffondersi nel resto del mondo. A livello speculativo, è possibile addirittura fare un accostamento coi popoli che abitavano le Grotte del Qumran.Questa teoria trova ulteriore fondamento nei numerosi ritrovamenti archeologici effettuati in diverse zone della Sardegna. La Grotta Pirosu di Su Benatzu, per esempio, ha rivelato tracce di insediamenti umani. Analogamente, la grotta di Lanaittu ha offerto prove tangibili della presenza umana, così come il riparo sottoroccia di Su Carroppu di Sirri, in provincia di Carbonia, dove sono stati scoperti resti che risalgono a 11.000 anni fa. Le Grotte di Nettuno ad Alghero, famose per la loro straordinaria bellezza, hanno anch’esse rivelato segni di frequentazioni umane in epoche preistoriche.Da sottolineare che la vita nelle grotte, seppur presente, non implica necessariamente una vita primitiva o priva di evoluzione culturale. Spesso, le grotte erano utilizzate come rifugi temporanei o come luoghi sacri, piuttosto che come abitazioni permanenti. Inoltre, in un contesto geografico come quello della Sardegna, caratterizzato da un territorio montuoso e da un clima a tratti severo, le grotte potevano offrire protezione e sicurezza.In conclusione, pur senza trarre conclusioni definitive, i numerosi ritrovamenti e la natura geografica della Sardegna indicano che la vita nelle grotte potrebbe aver rappresentato una parte significativa della storia preistorica dell’isola. Come sempre, ulteriori ricerche e scavi potrebbero gettare nuova luce su queste affascinanti ipotesi.
  74. Nuove ipotesi speculative sul popolo dei Lotofagi e su Polifemo: data di oggi 14 agosto 2023. Comincio ormai da mesi a pensare che la terra dei Lotofagi si trovi in Sardegna, e sto valutando l’ipotesi che il frutto del loto fosse in realtà qualcosa come il mirto sardo. Infatti i Lotofagi erano un popolo ospitale, e alle persone ospitate offrivano il frutto del loto (forse il mirto). Le persone ospitate quindi dimenticavano tutto perché il mirto li faceva ubriacare, e il clima gioviale e ospitale li induceva a trattenersi come ospiti e a “dimenticare la patria e la famiglia”. Per quanto riguarda la possibilità della presenza di Polifemo o del mito di Polifemo in Sardegna,  ci sono molte fonti che potrebbero indurre un sardo a confermare l’ipotesi: infatti nell’archeologia sarda esistono moltissime strutture antichissime che si chiamano in lingua sarda: la casa dell’orco (“Sa Domu ‘e S’Orcu” in lingua sarda). E’ probabile che queste strutture siano legate ai miti degli orchi o della presenza di figure mitologiche come quelle di Polifemo: probabilmente si trattava di antichissimi racconti per spaventare i viaggiatori oppure poteva trattarsi di racconti che venivano detti per evitare che qualcuno potesse esplorare e conoscere zone geografiche sarde coperte da segreti di varia natura, ad esempio commerciale o mineraria: ad esempio, per non fare scoprire che in una zona vi era una miniera ricchissima di un certo minerale, potevano inventare racconti per tenere la gente alla larga da tale luogo.
  75. Possibili depistamenti archeologici per gli studiosi: è possibile analizzare questo articolo per notare il seguente fatto: spesso gli archeologi “attribuiscono” un tempio ad una divinità, per mille motivi. Dopo decenni e decenni che un tempio è stato attribuito ad una Dea, ad esempio la Dea Hera – Giunone, nessuno si sognerebbe di mettere più in dubbio la sua attribuzione. Deve accadere qualcosa di straordinario, come il ritrovamento di una testa della dea Atena: allora tutto viene rimesso in discussione, e si valuta che il tempio D nella Valle dei Templi di Akragas (in greco antico: Ἀκράγας), finora attribuito alla dea greca Hera (Giunone per i romani) sia in realtà un tempio della dea Atena. Ora dobbiamo moltiplicare questo fatto per centinaia e centinaia di attribuzioni che sono state fatte fino ad oggi escludendo in toto la possibilità dell’influenza sardo-corsa nel Mediterraneo. Fatto ciò, possiamo cominciare a sintonizzarci mentalmente su un’altra lunghezza d’onda, che ci permetta di capire che la civiltà sardo-corsa è stata per millenni snobbata, evitata, dimenticata, scartata, a dispetto delle migliaia e migliaia di nuraghe, pozzi sacri, tombe dei giganti, domus de janas, dolmens, menhirs, che sono tipici dell’architettura e del paesaggio sardo corso antico e ancora oggi visibili al pubblico, mentre moltissime altre opere giacciono sotto terra ancora da essere scavate.
  76. In merito al significato di Iperborea, rimando i lettori allo studio di quanto affermato in questo testo: https://linguasarda.com/wp-content/uploads/2018/03/HISTORIC-GRAMMAR-OF-SARDINIAN-LANGUAGE.pdf e ringrazio lo straordinario autore.
  77. La Falesia di Montezuma in Sardegna:
    Un sovrano degli Aztechi si chiamava Montezuma; gli Aztechi affermavano di provenire da un’isola nell’Oceano Atlantico. In Sardegna ancora oggi esiste una Falesia chiamata Falesia di Montezuma. Questa può essere solo una coincidenza, ma merita di essere indagata più a fondo.
    Montezuma, noto anche come Moctezuma, o più correttamente, Motecuhzoma II Xocoyotzin, che significa “Arrabbiato come un Signore”, è stato l’ultimo sovrano completamente indipendente dell’impero azteco prima del crollo della civiltà a seguito della conquista spagnola all’inizio del XVI secolo1Montezuma II è nato intorno al 1466 e nel 1502 è stato scelto per succedere come ottavo tlatoani (imperatore) a suo zio Axayacatl2Sotto il suo regno, l’impero azteco raggiunse la massima espansione3Montezuma II condusse personalmente molte campagne militari e cercò di consolidare la grande espansione territoriale dei suoi predecessori, assoggettando i territori ancora autonomi2.  Gli Aztechi credevano di provenire da un luogo chiamato Aztlan, che si traduce come “luogo delle garze” o “luogo della bianchezza”. Tuttavia, non si sa con certezza dove si trovasse Aztlan e se fosse un’isola, un luogo mitico o una regione reale. Gli storici hanno ipotizzato che potesse essere situato a nord-ovest del Messico o nel sud-ovest degli Stati Uniti1La migrazione da Aztlan alla Valle del Messico è un tema ricorrente nelle storie e nelle leggende azteche2.
    Non ho trovato informazioni specifiche sul perché la falesia si chiami “di Montezuma”. Tuttavia, Montezuma è il nome di un grande imperatore azteco1. Potrebbe essere che la falesia sia stata chiamata così in suo onore o per qualche altra ragione legata alla sua figura storica. La falesia di Montezuma è una delle nuove aree di arrampicata sul granito nel massiccio dei Sette Fratelli vicino a Cagliari in Sardegna2.
  78. 17/08/2023 Da tutte queste mie poche ricerche, ho la sensazione a livello intuitivo che la Samotracia sia in qualche modo legata al blocco geologico sardo-corso, ma non capisco ancora perché il mio subconscio stia legando queste due località. Ho necessità di studiare tantissimo, per capire meglio cosa abbia spinto il mio cervello a legare questi luoghi così distanti. Al momento ci tengo soltanto a segnalare questa mia sensazione ai miei due o tre lettori occasionali, che saluto con grandissimo affetto.
  79. La pareidolia è la tendenza istintiva e automatica del cervello a trovare strutture ordinate e forme familiari in immagini disordinate1Questa tendenza si manifesta in special modo verso le figure e i volti umani1. Ad esempio, potresti vedere un volto umano nella luna o animali nelle nuvole. La pareidolia è un caso particolare di apofenia, che è la tendenza a percepire connessioni e significati tra eventi non correlati1. A mio avviso, tutte queste potenziali scoperte le ho fatte perché il mio cervello presenta buone capacità con l’apofenia. Sono riuscito in qualche modo a collegare tutte queste informazioni che apparentemente sembrano totalmente scorrelate tra loro. Se ho sbagliato tutto, allora bisogna ammettere che ho un’incredibile fantasia, per essere riuscito a collegare tutti questi argomenti insieme.
  80. Erodoto, Storie, Capitolo IV 181: Erodoto cita una statua di Zeus con la testa d’ariete. Esistono davvero statue di Zeus con la testa d’ariete. Una di queste statue è la testa di marmo di Zeus Ammon, che si trova al Metropolitan Museum of Art1Questo potente ritratto del dio combina un’immagine classica greca dello Zeus barbuto con le corna di ariete dell’Ammon egiziano, un attributo con cui anche Alessandro Magno è stato talvolta rappresentato1Potrebbe riflettere una scultura creata in Egitto negli anni successivi alla storica visita di Alessandro a Siwa1. Devo approfondire per capire se in realtà questa testa fosse sarda sulcitana, secondo quanto affermato da Erodoto nel passo citato.
  81. Erodoto parla della città di Barce o Barcei, e in Sardegna esiste la città di Burcei. Anche se fosse un mio errore di interpretazione, voglio provare a forzare l’interpretazione di Erodoto e analizzare questa variante. 18/08/2023 Credo che la città di Barce o Barcei fosse dalle parti di Oristano, ma per ora forzerò l’interpretazione su Burcei, per memorizzare tutti questi dati, per me nuovi.
  82. Ercole era Sardo?
    Le Colonne d’Ercole si trovavano a Carloforte, tra l’Isola di San Pietro e l’Isola di Sant’Antioco;
    Era presente un porto, attualmente sommerso sotto il mare del Sulcis, che poteva contenere anche fino a 400 navi, dedicato ad Ercole: Capo Malfatano, uno straordinario porto antico da 400 navi dedicato a Melqart
    Ercole visita il Giardino delle Esperidi, che si trovava a Frutti d’Oro di Capoterra, proprio collocato tra i Monti di Atlante oggi noti come Monti del Sulcis, e l’Oceano atlantico, oggi noto come Mar di Sardegna oppure come Mediterraneo;
    bambina passeggia a Sassari e ritrova statua di uomo barbuto, forse Ercole;
    La statua di Eracle da Turris Libisonis (scavi 2009);
    L’Isola di Ercole in Sardegna: Secondo Plinio il Vecchio nella Naturalis historia (III, 7, 84), il nome Herculis insula indicava non solo l’Asinara, ma anche la vicina Isola Piana; mentre invece Tolomeo (Geogr. III, 3, 8) indicava con questo nome solo l’isola dell’Asinara, distinguendola nettamente dall’Isola Piana, chiamata “Diabate insula”, ossia “isola di passaggio”1.
    raccoglierò qui tutti i reperti legati al mito di Ercole in modo da poter centralizzare l’analisi in un unico punto. In passato si è affermato che Ercole è un mito greco; poi si è affermato che Melqart è l’Ercole dei Cartaginesi; insomma, Ercole è dei Greci, Ercole è dei Cartaginesi, Ercole non può mai essere sardo, chissà come mai. C’è qualcosa che evidentemente disturba il mondo scientifico e archeologico-letterario. Ercole non può essere sardo, forse da fastidio a qualcuno. La mia ipotesi è che questo “Ercole” era semplicemente una figura sarda di enorme rilievo, per dei motivi che non mi sono ancora chiari. Questo Ercole era stato ammirato dai Greci, dai Cartaginesi, ma per qualche motivo si è nascosta la provenienza o l’origine di questa figura. Sono necessari altri dati ed altre prove. Sembra che le figure e divinità sardo-corso-atlantidee siano state cancellate o nascoste per millenni, come è avvenuto per la Dea Atena Sarda.
  83. Ulteriori sviluppi delle analisi: navigando sul web, ho trovato la frase “Ercole Cabiro“. Fatto: a Capo Malfatano in Sardegna, nel Sulcis, è presente un Porto di Ercolea Frutti d’Oro in Sardegna, nei pressi di Capoterra, sembra presente il Giardino delle Esperidi; se le Colonne d’Ercole sono realmente a Carloforte, significa che abbiamo una radicatissima presenza della mitologia su Ercole nel Sud della Sardegna. Cosa può significare Ercole Cabiro? Ercole Sulcitano? Ercole Campidanese? Per analizzare queste informazioni, prima è necessario capire chi siano i Cabiri.I Cabiri erano un gruppo di enigmatiche divinità dell’oltretomba, probabilmente di origine frigia o tracia, e protettori dei marinai che in seguito furono importati nel rito greco, dove corrispondevano a dei nani figli del dio Efesto, che forgiavano i metalli nella sua fucina di Lemno insieme alla madre Cabeiro1Erano oggetto di un culto misterico e venivano venerati nell’isola di Samotracia come Grandi Dei in un culto misterico che aveva il suo centro nel Santuario dei Grandi Dei ed era strettamente collegato a quello di Efesto1.Il culto dei Cabiri era uno dei tanti culti misterici praticati nell’antichità. Questi culti erano caratterizzati da riti esoterici riservati a gruppi ristretti di iniziati, che avevano l’obbligo di mantenere il segreto sui riti e le credenze del culto. I riti misterici spesso includevano simboli sacri, cerimonie magiche, sacramenti e rituali di purificazione, e avevano lo scopo di trasformare la vita dell’iniziato offrendogli una prospettiva di liberazione totale rispetto ai suoi problemi esistenziali2.La natura enigmatica delle divinità dei Cabiri e l’oscurità che incombe su di loro hanno portato gli scrittori moderni a scrivere ognuno una propria teoria che spesso contrasta con le altre. L’origine ed il significato del loro nome così come la loro reale origine o provenienza rimangono incerti1. Restando su questa linea d’onda: i sardi sono spesso chiamati “nanetti” per via della loro altezza; in certe parti della sardegna, i sardi sono in media molto bassi. Efesto è fratello di Atena, e in questo sito ho mostrato la possibile provenienza di Atena dal Lago Tritonide in provincia di Cagliari. Questo implicherebbe che il fabbro Efesto sia anche lui di origini sarde, un Dio Fabbro perché i sardi, con le miniere del Sulcis, furono forse i primi fabbri al mondo, e i fabbri venivano divinizzati perché “sapevano trasmutare la materia”, convertivano terre e pietre in metalli. A questo punto, dopo queste serie di ragionamenti, mi viene da ipotizzare che i Cabiri non sono altro che un gruppo etnico sardo legato alla metallurgia, e quindi, con estrema probabilità, proveniente dal Sulcis in Sardegna.
  84. Strana somiglianza tra le figure mitiche di Ercole e Sansone: sia Ercole che Sansone sono figure eroiche e mitologiche provenienti da tradizioni culturali diverse, ma con alcune somiglianze nei loro tratti e nelle loro imprese: questo può suggerire un’origine comune di questo racconto mitico. Perché si tratterebbe di mito? Perché ad oggi non esiste una base scientifica che affermi che un essere umano abbia una forza sovraumana a causa della lunghezza dei suoi capelli, come in Sansone, per cui deve trattarsi di una sorta di racconto mitico, probabilmente adattato alle necessità del popolo di Israele. Ecco alcuni punti di contatto tra le due figure:
    1. Forza Sovrumana: Sia Ercole che Sansone sono noti per la loro incredibile forza fisica. Ercole è famoso per aver compiuto dodici fatiche straordinarie che dimostravano la sua forza sovrumana, mentre Sansone è conosciuto per la sua forza straordinaria che gli permetteva di affrontare le sfide e i nemici.
    2. Imprese Eroiche: Entrambi i personaggi hanno compiuto imprese eroiche che sfidavano le loro capacità fisiche. Ercole ha affrontato bestie feroci, mostri e situazioni impossibili come parte delle sue fatiche. Sansone ha affrontato leoni e soldati filistei in modo simile, dimostrando la sua forza eccezionale.
    3. Legami con gli Dei: Ercole è considerato un semidio, figlio di Zeus. Ha ricevuto l’aiuto e il sostegno degli dei nelle sue imprese. Da parte sua, Sansone è stato dato alla luce dalla madre dopo un annuncio divino e, secondo il racconto biblico, ha ricevuto una forza sovrumana da Dio.
    4. Debolezze e Tradimenti: Entrambi i personaggi sono stati traditi dalle donne. Nel caso di Ercole, la sua sposa, Deianira, involontariamente lo avvelenò con il sangue di Nesso. Nel caso di Sansone, il suo tradimento per mano di Dalila ha portato alla sua cattura e alla perdita della sua forza.
    5. Vittorie sulla Morte: Sia Ercole che Sansone hanno avuto incontri fatali ma hanno trovato un modo per vincere sulla morte. Ercole, dopo la sua morte, è stato accolto negli dèi dell’Olimpo e ha ottenuto l’immortalità. Sansone, anche se è morto distruggendo il tempio filisteo, ha ucciso molti nemici nell’atto, dimostrando la sua forza fino alla fine.
    6. Leggendaria Rilevanza Culturale: Entrambe le figure sono state fonte di ispirazione per storie, miti e raffigurazioni artistiche in diverse culture. Ercole è una figura chiave nella mitologia greca e romana, mentre Sansone è una figura importante nella tradizione ebraica e cristiana.

    Va notato che mentre ci sono sicuramente alcune somiglianze tra Ercole e Sansone, sono anche personaggi distinti con radici in contesti culturali diversi (mitologia greca e biblica, rispettivamente). Le loro storie e le loro caratteristiche possono variare in base alle fonti e alle tradizioni specifiche in cui sono stati tramandati.

  85. Il Maskinganna è un personaggio leggendario del folklore sardo noto per la sua abilità di prendersi gioco delle persone che dormivano, facendole risvegliare terrorizzate. La sua peculiarità è quella di poter assumere qualsiasi forma; a volte assumeva le sembianze di un bambino che piangeva, altre volte di un bel fanciullo (o fanciulla) che appariva per un istante e scompariva subito dopo.D’altra parte, Proteo è un personaggio della mitologia greca. Era una divinità del mare, dei fiumi e delle distese d’acqua, nonché oracolo e mutaformaProteo aveva la capacità di scrutare attraverso la profondità del mare e di predire il futuro a chi fosse stato in grado di catturarlo. Era anche in grado di assumere qualsiasi sembianza per sottrarsi a chi lo interrogava.Entrambi i personaggi, Maskinganna e Proteo, hanno la capacità di assumere qualsiasi forma. Tuttavia, mentre Maskinganna usa questa abilità per prendersi gioco delle persone, Proteo la usa per sottrarsi a chi lo interroga. Inoltre, mentre Maskinganna è un personaggio del folklore sardo, Proteo è una divinità della mitologia greca con poteri oracolari. Queste differenze rendono i due personaggi unici e interessanti a modo loro, ma ciò che qui si vuole sottolineare è l’incredibile somiglianza delle mitologie, saghe e leggende sarde con quelle di altri luoghi del Mediterraneo: esiste un’incredibile somiglianza tra la figura del Maskinganna e la figura di Proteo nella mitologia greca antica, un’incredibile somiglianza tra la figura sarda dello Scultone e il racconto di Medusa, tra la figura di Ercole e quella di Sansone… a poco a poco sembra delinearsi una sorta di vicinanza nei racconti e nelle mitologie che prima non era così evidente al lettore. Credo che queste vicinanze meritino molto di più: meritano di essere studiate e approfondite meglio al fine di capirne le dinamiche e i rapporti.Proteo, Maskinganna e Sileno: un’analisi comparativa delle figure mitologicheNelle mitologie di diverse culture, le figure mitologiche che incarnano inganno, metamorfosi e mistero sono presenti in molte forme. Tre figure particolarmente affascinanti in questo contesto sono Proteo nella mitologia greca, Maskinganna nella tradizione folkloristica sarda e Sileno nella mitologia greca.Proteo, noto anche come il “Vecchio del Mare”, è una divinità marina nella mitologia greca. Il fatto che Proteo sia chiamato “il vecchio del mare” non fa altro che richiamare il tema sardo-corso-atlantideo del mare, degli oceani e dell’acqua, a ulteriore conferma delle possibili relazioni tra il mito di Proteo e il blocco sardo corso atlantideo. È famoso per la sua capacità di cambiare forma e per il suo ruolo di custode dei segreti del mareSecondo Omero, Proteo sapeva tutto sugli oceani e possedeva la conoscenza degli eventi futuri, ma era riluttante a rivelare questa saggezza.Maskinganna è una figura mitologica della tradizione sarda che appare nelle campagne e nei boschi. Descritto come un “demone burlone”, assume molte forme e ama prendersi gioco degli esseri umani.

    Sileno è una figura della mitologia greca nota per essere un compagno di Dioniso, il dio del vino e della festa. Era solito essere rappresentato come un uomo anziano con le orecchie e la coda di un cavallo, ed era noto per la sua saggezza e conoscenza.

    Sia Proteo che Maskinganna condividono l’abilità di cambiare forma. Mentre Proteo lo fa principalmente per sfuggire alla cattura, Maskinganna usa questa abilità per spaventare e ingannare. Entrambe le figure operano con un senso di inganno, ma mentre Proteo detiene una saggezza segreta, Maskinganna utilizza il suo inganno per burlarsi degli altri. D’altra parte, Sileno era noto per la sua saggezza e conoscenza, ma non usava l’inganno come mezzo per proteggerla.

    Tutte e tre le figure sono strettamente legate al loro ambiente naturale: Proteo con il mare, Maskinganna con la campagna e i boschi e Sileno con la natura in generale. Questo legame enfatizza il loro ruolo come guardiani o manifestazioni delle forze della natura.

    ProteoMaskinganna e Sileno, benché appartenenti a culture e contesti diversi, mostrano sorprendenti somiglianze nella loro natura multiforme (per Proteo e Maskinganna) e nel loro comportamento ingannevole (per Proteo e Maskinganna). Tutti e tre rappresentano aspetti enigmatici e misteriosi del mondo naturale, fungendo da simboli potenti delle forze incontrollabili e delle verità nascoste che popolano il nostro mondo.

    Questa analisi comparativa potrebbe aprire la strada a ulteriori studi sulla trasversalità delle figure mitologiche e sulle universali rappresentazioni dell’inganno e della metamorfosi nelle diverse culture. Inoltre, potrebbe essere interessante esplorare ulteriormente il legame tra queste figure mitologiche e il mondo naturale, nonché il modo in cui queste rappresentazioni riflettono le credenze culturali sul rapporto tra l’uomo e la natura.

  86. Forco (in greco antico: Φόρκος, Phórcos) conosciuto anche come Forci o Forcide (in greco antico: Φόρκυς, Phórkys) era probabilmente il sovrano mitizzato delle tre isole al di là delle Colonne d’Ercole, nell’Oceano Atlantico. Ora, secondo la mia teoria, se l’Atlantico è il mar di Sardegna e Corsica, e se le Colonne d’Ercole sono le Colonne di Carloforte, allora Forco risulta essere il sovrano mitizzato delle tre isole che oggi conosciamo col nome di Ibiza, Maiorca e Minorca. Forco ebbe tre figlie, conosciute come le Gorgoni (Γοργώνες). Adesso entriamo nel dettaglio di questa visione speculativa: Forco può essere davvero sovrano delle tre isole Baleari; la prima ipotesi è che avesse veramente tre figlie, e che diede un’isola a ciascuna: una a Medusa, una a Steno e una a Euriale. La seconda ipotesi è che non avesse nessuna figlia: le sue “figlie” sono le isole stesse, e quindi sto valutando l’ipotesi che i nomi delle figlie fossero i nomi in codice delle isole Baleari. Nell’antichità si usava tenere segreti commerciali e culturali in varie occasioni, e accade ancora oggi con la cosiddetta tutela del know how e dei segreti commerciali. Come primo esempio c’è una storia che racconta di un pitagorico di nome Ippaso di Metaponto che avrebbe rivelato un segreto della scuola pitagorica e sarebbe stato ucciso per questo. Secondo la leggenda, Ippaso avrebbe scoperto che il rapporto tra la diagonale di un quadrato e il suo lato è esprimibile attraverso un numero irrazionale, la radice quadrata di 2. Questa scoperta era in totale dissonanza con le credenze degli stessi pitagorici, inaccettabile per quella sorta di religione che era il misticismo pitagorico, basato sull’idea che il numero fosse l’essenza della natura. I pitagorici volevano mantenere il segreto ma Ippaso se lo lasciò sfuggire e venne affogato in mare1.
    Come secondo esempio, anche per le tecniche vetrarie esisteva il segreto commerciale. Ad esempio, nella Repubblica di Venezia, la produzione di vetro era un’attività molto importante e i vetrai veneziani erano famosi in tutta Europa per la loro abilità. Per proteggere i loro segreti commerciali, i vetrai veneziani erano tenuti a lavorare solo sull’isola di Murano e non potevano lasciare la Repubblica senza permesso. Inoltre, era vietato divulgare le tecniche di produzione del vetro a persone esterne alla comunità dei vetrai. Queste misure erano volte a proteggere i segreti commerciali dei vetrai veneziani e a mantenere il loro vantaggio competitivo.
    Questa intuizione in data 02/08/2023 dopo aver letto il testo “Tra i miti interpretati da Palefato vi è anche  quello relativo alle figlie di Phòrkus” alla pagina:
    https://www.attiliomastino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=94:isole-intervento-di-attilio-mastino-a-carloforte-tavola-rotonda-con-umberto-eco-26-giugno-2010-&catid=41:archivio&Itemid=64
    Supponiamo che sia tutto vero: perché l’avrebbero fatto? Chi scopriva una nuova rotta commerciale non voleva che altri gli rubassero le possibilità che derivavano dal commercio con le nuove rotte scoperte. Probabilmente, per mantenere il segreto, inventavano storie che spaventassero i potenziali concorrenti. In questo modo, sapendo che delle Gorgoni li avrebbero tramutati in pietra, se ne sarebbero stati alla larga dalle nuove rotte commerciali, e chi le aveva scoperte poteva fare lucrosissimi affari. Se ciò è corretto, è chiaro che i commercianti, raggiunte le isole Baleari delle Gorgoni, avevano dunque necessità di linguisti e traduttori che potessero aiutarli a comprendere queste nuove popolazioni, i nomi dei prodotti e delle merci, le leggi, a instaurare nuove relazioni commerciali e sociali. Credo che queste nuove informazioni mi obbligheranno a comprarmi dozzine di nuovi libri per verificare se le mie affermazioni sono vere e se troverò conferma nei testi antichi.
  87. Cristianizzazione dell’antichissimo mito di Medusa in Sardegna: a mio avviso il mito di Medusa, che pietrificava le persone, è stato cristianizzato nel racconto dello Scultone di Baunei in Sardegna. Lo Scultone è una creatura mitologica presente nelle leggende folcloristiche sarde. Si tratta di un animale rettiliforme simile ad un drago che uccideva uomini e animali. Secondo una leggenda, la fuga di un drago chiamato Scultone avrebbe aperto la voragine del Golgo presso Baunei (NU). Secondo un’altra leggenda, Pietro apostolo avrebbe eliminato definitivamente lo Scultone con un astuto accorgimento: poiché lo sguardo dello Scultone aveva il potere di uccidere, Pietro lo avrebbe guardato per mezzo di un piccolo specchio, neutralizzando tale potere.Per quanto riguarda il mito di Medusa e Perseo, Medusa era una delle tre Gorgoni, sorelle mostruose con serpenti al posto dei capelli. Chiunque guardasse Medusa negli occhi sarebbe stato pietrificato. Perseo era il figlio di Zeus e Danae, e fu incaricato dal re Polidette di portargli la testa di Medusa. Con l’aiuto degli dei, Perseo riuscì a decapitare Medusa mentre dormiva, usando uno scudo riflettente per evitare di guardarla negli occhi. In seguito, Perseo usò la testa di Medusa come arma per pietrificare i suoi nemici.È interessante notare che entrambi i racconti presentano elementi simili: nel mito di Medusa e Perseo, Perseo neutralizza Medusa guardando l’immagine riflessa in uno specchio, mentre nella leggenda dello Scultone, Pietro apostolo neutralizza lo Scultone usando uno specchietto. Sia Medusa che lo Scultone pietrificano chi li guarda. Medusa è sconfitta da Perseo con l’immagine specchiata in uno scudo, mentre lo Scultone è sconfitto da San Pietro con l’immagine specchiata in uno specchietto. A mio avviso, siamo di fronte ad una riconversione del racconto per adattarlo alla nuova sensibilità cristiana che ormai, per circa duemila anni, era diventata dominante in Sardegna: non bisogna dimenticare che esiste addirittura un’isola dedicata a San Pietro, proprio accanto alle Colonne d’Ercole poste a Carloforte: l’Isola di San Pietro in Sardegna.
  88. La figura mitologica di Museo e il paese di Musei in Sardegna: Museo è un affascinante personaggio leggendario strettamente associato a Orfeo, la figura mitica di grande rilievo nella cultura greca antica. Tuttavia, le notizie su Museo sono intrise di mistero e spesso piuttosto contraddittorie, e ciò che emerge è un panorama sfumato e incerto della sua vita e delle sue opere. Il nome “Museo” stesso possiede un significato intrinseco, poiché deriva dalla radice greca che suggerisce un legame con le Muse, le dee dell’arte e della conoscenza. Gli studiosi moderni tendono a trattare Museo come un personaggio creato con l’intento di attribuire la paternità a diversi scritti orfici che potrebbero non essere stati direttamente associati ad Orfeo. In questo contesto, Museo potrebbe essere stato un’artificiosa creazione letteraria, un veicolo attraverso il quale si attribuivano opere ad Orfeo stesso, conferendo loro un’aura di autorevolezza e sacralità. La tradizione attribuisce a Museo un ruolo di poeta e divinatore, dotato di capacità profetiche e in grado di consegnare oracoli di rilevanza spirituale. Tra le opere leggendarie che gli vengono attribuite, emergono opere di notevole importanza culturale e mitologica. Si dice che Museo abbia composto una Titanomachia, una narrazione epica della lotta tra i Titani e gli dèi olimpici. Questo genere di racconto è stato un tema di grande interesse nell’antica mitologia greca e avrebbe potuto contenere allegorie e significati profondi. Altro capolavoro attribuito a Museo è un Inno dedicato a Demetra, la dea della fertilità e dell’agricoltura. Questo Inno potrebbe aver celebrato la dea e le sue influenze benefiche sulla terra e sulla natura, conferendole un carattere sacro e un significato rituale. Un’altra opera di cui si parla è un poema intitolato “Consigli”, rivolto al figlio di Museo di nome Eumolpo. Questo poema potrebbe aver contenuto saggezze e precetti da tramandare alle generazioni successive, costituendo una sorta di guida morale e educativa. Inoltre, Museo è associato alla composizione di un’opera chiamata “Eumolpia”, che potrebbe aver avuto un legame con l’antico culto degli Eumolpidi, sacerdoti e custodi dei misteri eleusini. Questi misteri rappresentavano una delle tradizioni rituali più importanti dell’antica Grecia, legati alla figura di Demetra e alla ricerca dell’immortalità dell’anima.Tra le opere attribuite a Museo, ci sono anche menzioni di una “Sfera” e di un libro intitolato “Sui Tesproti”, sebbene i dettagli precisi di queste opere siano rimasti avvolti nel mistero.Purtroppo, della vasta produzione attribuita a Museo, sono giunti fino a noi solo pochi frammenti poetici, spesso di natura teogonica e mitologica. Questi frammenti ci offrono uno scorcio della profondità e della ricchezza delle opere di Museo, ma allo stesso tempo ci fanno riflettere sull’ampia portata delle creazioni che sono andate perdute nel corso dei secoli.In definitiva, Museo rappresenta una figura leggendaria e enigmatica, il cui nome è stato collegato a una serie di opere di importanza culturale e spirituale nell’antica Grecia. Sebbene gran parte delle sue opere siano andate perdute nel vortice del tempo, il suo nome rimane associato a un periodo ricco di miti, poesia e riti misterici che continuano ad affascinare e ispirare ancora oggi.
  89. Tradizioni degli Indiani Hopi in America:  “Kasskara und die sieben Welten: Die Geschichte der Menschheit in der Überlieferung der Hopi-Indianer” è un libro scritto da Josef F Blumrich, uno dei principali ingegneri della NASA, che dimostra come le antiche tradizioni degli indiani Hopi siano confermate dalle conoscenze attuali. Il libro ci porta indietro in un passato finora oscuro. È stato pubblicato da Droemer Knaur il 1 agosto 1999 ed è scritto in tedesco. L’ISBN-10 è 3426862123. Sembra essere un libro molto interessante e ben accolto dai lettori, con una valutazione media di 4,5 su 5 stelle basata su 23 recensioni. In questa opera si afferma che un indiano, nel raccontare le leggende e mitologie Hopi, ha affermato che gli Hopi provengono da un’isola nell’Oceano Atlantico, Atlantide. Abbiamo già spiegato in questo sito, in altre parti del presente testo, come nell’antichità il Mar di Sardegna e il Mar di Corsica fossero chiamati Oceano Atlantico. Questa nota vuole essere solo un rimando a più approfonditi studi in merito.
  90. Devo sviluppare il tema della mola sarda, ossia la macina sarda preistorica per la macinazione delle farine. A mio avviso, le Canarie presentano troppi elementi in comune con la Sardegnamole sardepintaderas usate per stampare il pane e per dipingere le pareti come era in uso in Sardegna… questi fatti mi fanno supporre dei contatti fortissimi tra le culture delle Canarie e i popoli sardo-corso-atlantidei.
  91. Possibile cristianizzazione della mitologia Sardo Corso Atlantidea: è possibile che i cristiani abbiano in molti modi, tramite pressione sociale e psicologica, influenzato i sardo corso atlantidei per convertire le loro figure mitiche e religiose nel culto dei cristiani. Per spiegare questo concetto cercherò di mostrare la possibile conversione della figura dell’antichissimo sovrano Poseidone, Re dei Mari, come spiegato dalla mia interpretazione evemeristica, nella figura negativa cristiana di Satana, Dio degli Inferi. In primo luogo, vorrei che osservaste le figure che ho realizzato con l’intelligenza artificiale per cercare di spiegare questo concetto in maniera semplice:
Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi
Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi

 

Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi
Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi

 

Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi
Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi

 

Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi
Cristianizzazione della simbologia sardo corso atlantidea: Poseidone Dio dei Mari diventa Satana Dio degli Inferi

I sardo corso atlantidei hanno elmi cornuti, anche in epoca nuragica, e sono fieri di avere delle corna sull’elmo. E’ un tratto che li caratterizza e li distingue. Per molto tempo si era pensato che le corna fossero una caratteristica degli elmi vichinghi, ma ciò si è rivelato errato. Le corna sono tipiche dei Sardo Corsi. Le corna, simbolo atlantideo, diventano le corna di Satana. Il Dio Poseidone, Dio dell’acqua e Dio dei Mari, diventa Satana, Dio del Fuoco e Dio degli Inferi. La coda dei pesci diventa la coda del Demonio. Il Tridente, simbolo conosciutissimo legato alla figura mitologica di Poseidone, diventa il forcone del Diavolo nell’Inferno. Il Cristianesimo ha fatto in duemila anni tutto ciò che era possibile per estirpare il culto sardo corso atlantideo di Poseidone e convertirlo in una cosa malvagia, nel culto del Diavolo. Come sappiamo benissimo, chi venerava il diavolo veniva assassinato, incarcerato, torturato, quindi se qualcuno dei Sardo Corsi avesse continuato a venerare Poseidone sarebbe stato assassinato. Ecco perché il culto di questa figura è scomparso dai territori Sardo Corsi. Probabilmente quei pochi che ancora lo veneravano sono stati arrestati, torturati, uccisi da religiosi oppure dall’inquisizione. Guardando le immagini che ho generato tramite intelligenza artificiale è possibile rendersi conto che la figura in realtà è la stessa, ma è stato effettuato un violentissimo cambio semantico sul significato che questa figura aveva per i Sardo Corsi. La Bibbia non descrive Satana come avente corna, un forcone o una coda. Si ritiene che queste immagini abbiano avuto origine dalla mitologia greca antica. Il dio greco degli inferi, Ade, era spesso raffigurato con un bidente, uno strumento a due punte simile a un forcone. Poiché Satana è spesso associato agli inferi e all’inferno, è probabile che questa immagine sia stata adottata e adattata per rappresentarlo. Anche le corna e gli zoccoli biforcuti si ritiene siano derivati dal dio greco Pan, che era raffigurato con le gambe e le corna di una capra. Nel tempo, queste immagini sono diventate popolari nella cultura occidentale e ora sono comunemente associate alle rappresentazioni di Satana. Tuttavia, è importante notare che queste immagini non si basano su descrizioni bibliche di Satana. La mia proposta e segnalazione quindi, cerca di migliorare queste informazioni, proponendo che la figura di Satana dei Cristiani sia in buona misura una cristianizzazione delle mitologie sardo corso atlantidee, nel tentativo di cancellarle dalla memoria. Essendo troppo radicate nel popolo, è stato usato il metodo della distorsione, molto noto in psicologia e psichiatria: quando un ricordo è troppo forte e potente e non può essere cancellato, viene distorto in modo che le generazioni successive lo ricordino con caratteristiche differenti da quelle iniziali.

Il mio ragionamento, che suggerisce una cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, è affascinante. Durante la storia, molte religioni e sistemi di credenza hanno subito adattamenti e reinterpretazioni a seguito di contatti con altre culture e credenze, soprattutto quando una religione dominante, come il cristianesimo, ha cercato di integrare o sopprimere le tradizioni locali.

La mia ipotesi sull’adattamento e la cristianizzazione di miti e simboli locali è certamente plausibile e, in effetti, è un fenomeno documentato in molte culture diverse. La Chiesa cattolica, durante il suo processo di espansione, ha spesso integrato pratiche e simboli locali, reinterpretandoli in un contesto cristiano. Questo non solo facilitava la conversione delle popolazioni locali, ma riduceva anche il rischio di rivolta o resistenza da parte delle comunità che avevano legami profondi con le loro tradizioni religiose.

Un esempio classico di questo processo è la celebrazione della nascita di Cristo. Molti studiosi credono che la data del 25 dicembre sia stata scelta per coincidere con le festività pagane del solstizio d’inverno, come il festival romano dei Saturnalia. Allo stesso modo, molte tradizioni e simboli associati alla Pasqua hanno origini in festività pagane che celebravano la primavera.

Per quanto riguarda la mia teoria specifica sulla mitologia sardo-corso-atlantidea, sarebbe interessante vedere se ci sono prove concrete che supportano la mia ipotesi. Questo potrebbe includere documenti storici, reperti archeologici o tradizioni orali che mostrano una chiara linea di evoluzione tra i miti sardo-corso-atlantidei e la cristianizzazione di tali miti.

Infine, bisogna sempre avvicinarsi a tali teorie con un approccio critico e aperto. La ricerca storica e archeologica richiede una rigorosa metodologia e una valutazione obiettiva delle prove. Ma le mie riflessioni mostrano sicuramente una profonda curiosità e un interesse per la complessa interazione tra diverse culture e sistemi di credenze nel corso della storia. E questa curiosità è fondamentale per ogni buon ricercatore o studioso.

Ecco alcune considerazioni sulle mie ipotesi:

        • Assimilazione e Sincretismo: La tendenza delle religioni dominanti di assimilare divinità e figure locali non è limitata al cristianesimo. I romani, ad esempio, hanno assimilato molte divinità locali in tutto l’Impero. Nell’ambito del cristianesimo, c’è una lunga storia di “cristianizzazione” di festività, siti e divinità pagane.
        • Poseidone a Satana: L’idea che Poseidone, una divinità marina, potrebbe essere stato reinterpretato come una figura infernale è intrigante. Tradizionalmente, però, non c’è una forte correlazione tra Poseidone e Satana nella letteratura cristiana. Satana ha avuto molte incarnazioni e rappresentazioni nella storia del cristianesimo, spesso derivanti da fonti ebraiche e, successivamente, dall’influenza greco-romana.
        • Simbologia: Mentre il tridente di Poseidone e il forcone del diavolo hanno somiglianze visive, bisognerebbe fare ulteriori ricerche per stabilire un collegamento diretto tra le due figure basandosi solo su questo elemento. Lo stesso vale per le corna: mentre è vero che la simbologia delle corna può essere trovata in molte culture e ha diversi significati, correlare direttamente le corna degli elmi sardo-corsi a quelle del diavolo richiede una base solida di prove.
        • Elmi Cornuti: Vale la pena notare che, mentre gli elmi vichinghi con corna sono un mito moderno (popolarizzato in gran parte dall’opera e da rappresentazioni teatrali), non ci sono prove concrete che gli antichi vichinghi li abbiano effettivamente indossati.
        • Estirpazione del culto: Se effettivamente c’è stata una campagna per sopprimere il culto di Poseidone o di altre divinità locali in Sardegna o Corsica, ciò dovrebbe essere documentato in registri storici, scritti religiosi o testimonianze archeologiche.
  • Sembra che io abbia presentato un’analisi estesa e ragionata sulla possibilità di cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, concentrandomi sulla trasformazione della figura di Poseidone in quella di Satana. L’argomento è complesso e multiforme, coinvolgendo elementi di storia, religione, mitologia, e simbologia.Ecco alcune considerazioni aggiuntive che potrebbero essere utili per la mia indagine:Fonti Primarie: Sarebbe importante cercare fonti primarie che possano confermare o smentire la mia ipotesi. Questo potrebbe includere testi antichi, iscrizioni, artefatti o qualsiasi materiale tangibile che possa dimostrare una connessione diretta tra la mitologia sardo-corso-atlantidea e il cristianesimo.Contesto Storico e Culturale: Comprendere il contesto storico e culturale dei sardo corso atlantidei aiuterà a collocare la mia ipotesi all’interno di un quadro più ampio. Questo include una comprensione della struttura sociale, delle pratiche religiose, delle influenze esterne e delle dinamiche politiche dell’epoca.Confronto con Altre Culture: Analizzare come altre culture hanno subito processi simili di cristianizzazione potrebbe fornire un quadro di riferimento per comprendere meglio la situazione specifica dei sardo corso atlantidei. La cristianizzazione delle pratiche pagane è un fenomeno diffuso, e i paralleli con altre regioni possono arricchire la mia analisi.Studio Accademico: Sebbene la mia interpretazione possa essere originale e provocatoria, potrei anche voler consultare studi accademici esistenti sull’argomento. Gli storici, gli archeologi e gli antropologi che hanno lavorato sulla regione e sull’argomento potrebbero avere dati ed evidenze che potrebbero sostenere o sfidare la mia ipotesi.Attenzione alla Speculazione: Mentre è interessante esplorare nuove idee e collegamenti, è importante distinguere tra ciò che può essere sostenuto con prove solide e ciò che rimane nel regno della speculazione. La presentazione della mia teoria come una possibilità da esplorare, piuttosto che una conclusione definita, potrebbe essere un approccio più equilibrato.Collaborazione con Esperti: Se possibile, potrei cercare di collaborare con esperti in storia, archeologia, teologia o altri campi pertinenti. Loro potrebbero fornire intuizioni, risorse e metodi di ricerca che potrebbero essere al di fuori della mia portata.In sintesi, mentre la mia ipotesi presenta un interessante punto di vista sulla cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, l’approfondimento richiede una rigorosa ricerca e analisi. L’adozione di un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse fonti, metodi e competenze potrebbe contribuire a costruire un argomento più robusto e convincente.

 

Le linee batimetriche del blocco sardo-corso sembrano mostrare almeno quattro innalzamenti del livello eustatico uno successivo all’altro; questi innalzamenti di livello dell’Oceano Atlantico Paleolitico, chiamato oggi Mar Mediterraneo dopo un susseguirsi di nomenclature in varie lingue e culture: Mare Nostrum per i Romani, per contrapporlo a Mare di Atlante, ossia Oceano Atlantico.

Nell’antichità, i sollevamenti del livello eustatico dell’Oceano Atlantico Paleolitico (che oggi è conosciuto con il nome di Mar Mediterraneo e non mi stancherò di ripeterlo per permettere al lettore di assimilare questa nuova ed importantissima affermazione) potevano essere capiti dai preistorici come se fossero degli incredibili “Diluvi”, “Diluvi Universali” per l’appunto, come tramandato finora da molteplici religioni, miti e credenze di tutto il bacino Mediterraneo attuale. Forse il fatto che si chiamasse Oceano Atlantico è già stato segnalato dal Professor Sergio Frau (2002): se anche non l’avesse segnalato lui, è conseguenza implicita del fatto che le Colonne d’Ercole fossero tra Sicilia e Tunisia. Ho comprato il testo di Frau, ma purtroppo sono troppo pigro per studiarlo, troppo lento nel leggere, inoltre faccio un’incredibile fatica nel capirlo, perché il testo (e l’autore) è talmente colto ed erudito che non riesco a seguirlo nei suoi ragionamenti, soprattutto perché questi temi per me sono pesantissimi e non li conosco affatto. E’ incredibile anzi che io abbia capito queste informazioni, perché io non sono assolutamente specialista in queste discipline. Ancora: l’Oceano Atlantico Paleolitico non coincide con il Mediterraneo: si ferma allo stretto tra Sicilia e Tunisia; il Mediterraneo è un suo soprainsieme, come si direbbe in termini di matematica insiemistica, in quanto comprende anche l’altra parte di mare, quello oltre le Colonne d’Ercole dove poste a mio avviso erroneamente (ma con enorme genialità) da Frau (2002), fino alle coste Libanesi. L’Oceano atlantico Paleolitico-Mesolitico è solo quello che intornia il blocco geologico sardo-corso-atlantideo.

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo

Scoperte sorprendenti in Sardegna: manufatti paleolitici risalenti a 500.000 anni fa

Recenti scoperte archeologiche in Sardegna hanno portato alla luce manufatti paleolitici risalenti a 500.000 anni fa. I più antichi manufatti rinvenuti in Sardegna risalgono al Paleolitico inferiore e sono stati trovati nell’Anglona, nella parte settentrionale dell’isola. Si tratta di oggetti in selce e quarzite databili tra 450.000 e 120.000 anni fa.

Questi manufatti rappresentano alcune delle prime testimonianze della presenza umana in Sardegna e ci forniscono informazioni preziose sulla vita degli abitanti dell’isola durante il Paleolitico inferiore. La selce e la quarzite sono due tipi di pietra che venivano utilizzati per produrre utensili e armi durante il Paleolitico.

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 2
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 2

Il Museo Archeologico e Paleobotanico di Perfugas espone reperti provenienti da tutto il territorio dell’Anglona, tra cui i manufatti del paleolitico inferiore (500.000-120.000 anni fa). Questo museo offre ai visitatori l’opportunità di ammirare da vicino questi antichi manufatti e di scoprire di più sulla storia della Sardegna preistorica.

Se vuoi saperne di più sui manufatti paleolitici trovati in Sardegna, ti consiglio di visitare il Museo Archeologico e Paleobotanico di Perfugas o di fare ulteriori ricerche sull’argomento. Queste scoperte archeologiche rappresentano un’opportunità unica per approfondire la nostra conoscenza della storia della Sardegna e della vita dei suoi antichi abitanti.

Si sta verificando un nuovo cambio di paradigma, come spiegato da Thomas Kuhn nel testo intitolato “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”: il paradigma sardo-corso-atlantideo.

Atlantide nell'Oceano Atlantico Mesolitico oggi detto Mar Mediterraneo
Atlantide nell’Oceano Atlantico Paleolitico oggi detto Mar Mediterraneo

Tentativo di dimostrazione scientifica dell’esistenza dell’Isola di Atlantide, che coincide col blocco geologico sardo-corso, da questo momento chiamato blocco sardo-corso-atlantideo o Atlantide.

Per valutare una teoria scientifica bisogna considerare diversi criteri, come la coerenza, la falsificabilità, la predittività e la verificabilità. In questo testo, a partire dalla versione 138, cercherò di rispettare questi criteri scientifici, studiandoli quando necessario per comprenderli al meglio. Non sono ancora in grado di realizzare un paper scientifico.

Per valutare la credibilità di una fonte, bisogna considerare diversi fattori, come l’autorevolezza dell’autore, la qualità delle informazioni, le fonti citate, il metodo usato e il consenso della comunità scientifica. Se una fonte non rispetta questi criteri, è probabile che sia poco affidabile o falsa.

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 3
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 3

Reinterpretazione scientifica del racconto sul Giardino delle Esperidi

Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (mesolitico/inizio neolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica. Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico, che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito. Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni). Seguendo queste interpretazioni, possiamo analizzare altri aspetti della mitologia: Teti era una sarda. Peleo sposò una sarda, ma i greci le chiamavano “ninfe del mare”. Il giardino delle Esperidi è a Fruttidoro di Capoterra, in Sardegna, tra i monti di Atlante, ossia i monti del Sulcis, e l’Oceano Atlantico Paleolitico, ossia l’attuale Mar Mediterraneo.

Erodoto conferma che la capitale di Atlantide è il Sulcis nell'attuale Sardegna
Erodoto conferma che la capitale di Atlantide è il Sulcis nell’attuale Sardegna


Perché nell’antichità erano chiamati Monti di Atlante? Perché il Sulcis era la Capitale di Atlantide, ma soprattutto perché Poseidone all’inizio circondò il centro del Sulcis cintandolo con dei cerchi d’acqua e di terra, per proteggere Clito, allorquando ancora non esisteva la navigazione, in epoca attualmente ancora indefinita. Poseidone era un antico sovrano Sardo Corso Atlantideo, non era un Dio. Noi tutti sappiamo che il Faraone era visto come un Dio, ma che in realtà fosse un uomo è risaputo a tutti. Questa concezione si chiama “evemerismo”. Il primo figlio di Poseidone e Clito, Atlante, primo di 5 coppie di gemelli (10 fratelli in totale) prese il titolo ufficiale di Primo Re di Atlantide, ed egli prese possesso del Sulcis nell’attuale Sardegna. Questo è il motivo per cui nell’antichità chiamano i monti vulcanici del Sulcis col nome di Monti di Atlante.
Quindi, quando nell’antichità si affermava che il Giardino delle Esperidi si trovava tra i “Monti di Atlante” e l’Oceano Atlantico (Paleolitico, ossia il Mar Mediterraneo), la collocazione geografica è perfetta e corretta: Frutti d’Oro di Capoterra infatti si trova tra i Monti di Atlante ed il Mediterraneo, esattamente dove l’avevano posta alcuni storici antichi.

Localizzato il Giardino delle Esperidi a Frutti D'Oro di Capoterra in Sardegna
Localizzato il Giardino delle Esperidi a Frutti D’Oro di Capoterra in Sardegna

Il pastrocchio avvenne in seguito, quando l’Oceano Atlantico venne spostato, come probabilmente già segnalato prima di me dal Professor Sergio Frau (2002), che ha messo in dubbio la posizione primigenia delle Colonne d’Ercole ipotizzando che fosse tra la Sicilia e la Tunisia, da cui si può correttamente derivare che l’Oceano Atlantico fosse pressappoco il Mar di Sardegna.
Teti era eponima della città sarda ancora oggi chiamata Teti. La caccia al cinghiale è avvenuta quindi in Sardegna: questo uso sussiste ancora. Tutto il contorno mitologico ritorna al suo posto, e tutto ciò che prima sembravano favole assumono un contorno plausibile e più realistico.

Le isole Esperidi ed il Giardino delle Esperidi

Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (mesolitico/inizio neolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica. Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico, che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito. Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni).

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 4
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 4

ATLANTIDE COME CIVILTA’ ALTAMENTE SVILUPPATA E TECNOLOGICAMENTE AVANZATA.

Quando Platone descrive il blocco sardocorsoatlantideo come una civiltà altamente sviluppata e tecnologicamente avanzata, questa frase va letta nel contesto in cui la Sardo Corso Atlantide esisteva, ossia prima della sua sommersione parziale nel 9600 Avanti Cristo, ossia circa undicimila e seicento anni fa. Moltissimi lettori di Platone invece, quando leggono la frase “altamente sviluppata e tecnologicamente avanzata”, credono che Platone si riferisca a noi che viviamo nel 2023 Dopo Cristo, per cui credono che quando si parla di popolazione avanzata tecnologicamente, questa debba disporre di raggi laser, teletrasporto, supercomputer dotati di super intelligenze artificiali… Questo errore viene commesso non solo da molti lettori, ma anche da registi e scrittori; ad esempio, il film cartone animato della Disney intitolato Atlantis – L’impero perduto, mostra che gli abitanti di Atlantide disporrebbero di tecnologie come moto volanti, con un sistema che appare come antigravitazionale. La teoria sardo corso atlantidea invece afferma che la popolazione atlantidea, che popolava in particolare le paleocoste del blocco sardocorso, oggi chiamate dalla scienza col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa sommersa”, era avanzata tecnologicamente rispetto alle altre popolazioni del suo tempo, ossia quelle a lei contemporanee e che vivevano nel periodo antecedente ad 11600 (undicimila e seicento) anni fa.

Per fare un esempio chiaro: alla pagina Carro_(trasporto) di wikipedia, si legge che “Il primo carro accertato nei documenti mesopotamici risalì quindi al 3000 a.C., rinvenuto in un bassorilievo ad Ur denominato il carro dei felini, nel quale apparve il carro costituito da ruote piene a tre settori, con asse e ruota solidali ed un perno fissato ad un telaio, che nel caso dei carri funebri, raggiunse la dimensione di 50 cm per 65 cm”. Ma nelle descrizioni di Platone, Atlantide disponeva di carri da guerra ancora prima della sua sommersione nel 9600 Avanti Cristo. Secondo la mia teoria sardo corso atlantidea, è questo che significa “tecnologicamente avanzata”. Gli atlantidei erano esperti nella canalizzazione, nel realizzare canali di irrigazione. Questa era tecnologia avanzata, rispetto a molti altri popoli, secondo Platone, nel 9600 Avanti Cristo e prima ancora dell’affondamento.

I Mass Media, purtroppo, e moltissimi occultisti che hanno trattato il tema Atlantide, hanno contribuito purtroppo a inserire elementi caotici e confusionari nella ricerca dell’isola sommersa, per cui ancora oggi moltissime persone si attendono che ad Atlantide vi siano tecnologie futuristiche persino per noi oggi, ma questo è semplicemente un errore logico di ragionamento.

ANALISI DELLE TEORIE SU ATLANTIDE CHE CONTRADDICONO LA MIA TEORIA

Non posso ignorare le altre interpretazioni di Platone e le evidenze storiche e geografiche che contraddicono la mia ipotesi: quindi in questa sezione mi occuperò appunto di questo, ossia di analizzare le singole teorie una ad una e cercare di mostrarne i punti deboli e forti di ciascuna rileggendoli sotto la luce della mia peculiare interpretazione. Per fare questo, userò i testi dei vari autori e cercherò di smontarli pezzo per pezzo. Non è questo che vorrei fare nella vita, ma purtroppo sono costretto in quanto voglio accelerare il processo di riconoscimento delle mie potenziali scoperte.

 

 

Nel Tempio di Edfu l’isola sardo corso atlantidea, attualmente semisommersa, è anche chiamata “L’Isola Primordiale”, “Isola dell’Uovo”, “Isola del Calpestio”, “Isola del combattimento”, “Isola della Pace”; essa si trova nel “Lago Eterno” (il Lago Eterno oggi è chiamato Mar Mediterraneo). I testi del Timeo e del Crizia affermano cose molto simili a quelle scritte in geroglifico nel Tempio di Edfu, usando parole e circumlocuzioni diverse. Combinando queste informazioni insieme, è possibile ricavare nuove informazioni sul blocco geologico sardocorsoatlantideo attualmente semisommerso.

Atlantis exists
E’ possibile vedere il blocco geologico sardo-corso da una visione inclinata, che permetta di capire come la piattaforma continentale fosse la paleocosta sardo-corso-atlantidea, distrutta da 11.000 anni di risacche marine, che hanno probabilmente distrutto moltissimi reperti archeologici mesolitici o precedenti. Non sappiamo ancora se siano presenti paleo porti.

 

Atlantis exists, found by Dr. Luigi Usai
Atlantis exists, found by Dr. Luigi Usai

Atlantide è il nome dato dagli Egizi al blocco geologico sardo-corso semisommerso quando questo era terra emersa, prima della sua sommersione/affondamento intorno al 9600 a.C.. Esso è effettivamente semisommerso, come narra il racconto storico platonico su Atlantide, ma due altopiani sono rimasti fuori dall’acqua, e la nostra civiltà ha dato loro il nome di “Sardegna” e “Corsica”. Vi era presente la “specie degli elefanti”, come dice Platone, infatti vi era il Mammuthus Lamarmorae.

La Sardo Corso Atlantide attualmente semisommersa era la più grande di tutte le isole; era collocata al centro dell’attuale Mediterraneo, che allora era chiamato mare di Atlantide, ossia Oceano Atlantico, chiamato in tempi successivi con tanti nomi, tra i quali  gli Egizi useranno “Il Grande Verde”, “Il Lago Eterno” per citarne alcuni. Era ricchissima di foreste, e questo è ancora vero e valido. Il clima era particolarmente mite, e anche questo è vero ancora oggi: infatti il mare ha funzioni affini a quelle che ha un condensatore in un circuito elettrico: smorza il clima caldo assorbendolo parzialmente, e mitiga i climi freddi rilasciando il calore accumulato in precedenza. Era ricca di minerali, e questo è vero ancora oggi, possiamo quindi immaginarci come doveva essere il blocco sardo-corso oltre 11.600 anni fa.
Era antica per gli antichi, e ne abbiamo una infinità di prove: la geologia ci insegna che le rocce sarde hanno oltre mezzo miliardo di anni di età. Vi abitavano i costruttori di torri, e questo lo sappiamo per certo, tanto che un’epoca è stata addirittura definita “nuragica”, e studiata in maniera abbastanza estesa, tale da fornire moltissima documentazione scientifica valida. Doveva essere situata al di là delle Colonne d’Ercole, e anche questo sembra essere corretto, dopo i ritrovamenti da me fatti in El Haouaria Bank e a Birsa Bank.

available via license: Creative Commons Attribution 4.0 International
La vastissima piattaforma continentale sardo-corso-atlantidea era la paleocosta di Atlantide. Available via license: Creative Commons Attribution 4.0 International

 

La catastrofe citata da Platone doveva essere il fenomeno geologico di sommersione parziale del blocco sardo-corso-atlantideo, causato dallo Slab Roll-Back, dalla possibile presenza di una faglia tettonica che passa sotto il Sulcis e prosegue, da una parte verso Gibilterra e dall’altra verso Pompei ed Ercolano, e visibile facendo uso della mappa satellitare e batimetrica di Google Maps, disponibile gratuitamente online. Inoltre, in quel periodo storico accaddero anche i Meltwater Pulses. L’epoca in cui il blocco sardocorso era detto Atlantide era quindi prima del 9600 a.C.. Il fango causato dall’erosione marina e dalle correnti, rese impossibile costeggiare in nave l’isola, per cui probabilmente per qualche secolo l’isola restò irraggiungibile, contribuendo così a far dimenticare la potenza di questo bellicoso popolo antico. Atlantide ha un orientamento nord-sud, come affermato da Platone. La parte a nord è ricca di ottimi venti per la navigazione, e infatti tra Corsica e Sardegna è presente una delle migliori scuole di vela in Europa. La visione evemeristica era corretta: Poseidone fu un antichissimo sovrano dell’isola sardo-corsa quando ancora era terra emersa, poi deificato.

Per quale motivo non ci sono tracce archeologiche o storiche di una civiltà così avanzata e potente nel blocco sardo corso? Perché la popolazione predava particolarmente risorse marine, come i due individui ritrovati al rifugio sottoroccia Su Carroppu di Sirri, e per farlo vivevano sulle paleocoste atlantidee, oggi chiamate Piattaforma Continentale Sardo Corsa. Parte della civiltà e della popolazione che erano situate sulle paleocoste sono state sommerse e poi spazzate via da circa undicimila e seicento anni di correnti marine, che hanno trasformato le paleocoste in piattaforma continentale che ora circonda il blocco geologico sardocorso. Inoltre, sappiamo per esperienza che col passare degli anni si stratificano dei depositi sedimentari: ad esempio, i resti romani di circa duemila anni fa si trovano potenzialmente sotto alcuni metri di sedimenti e detriti. Quindi, a rigor di logica, se uno studioso volesse trovare gli strati sedimentari che contengono i resti della civiltà atlantidea, dovrebbe fare uno studio stratigrafico che arrivi a raggiungere la stratigrafia del 9600 avanti cristo, ossia lo strato di circa 11600 anni fa.

Il rifugio sottoroccia Su Carroppu ha restituito il dna di due individui su tre, di una popolazione con dna quasi in toto differente dal dna della popolazione che ha colonizzato successivamente l’isola di Sardegna tremila anni dopo. Quindi, possiamo ipotizzare temporaneamente che i due individui analizzati a Su Carroppu di Sirri siano di popolazione Atlantidea. Da questa ipotesi, si può derivare che gli atlantidei, oltre a predare risorse marine e vivere nelle paleocoste, abitavano nelle grotte o nei ripari sottoroccia. Nel Sulcis sono concentrate varie grotte antichissime: le grotte di Is Zuddas; la grotta di Acquacadda; e altre grotte che al momento non sono in grado di elencare, ma che potranno lentamente essere aggiunte a questo elenco. Quindi, per poter smentire la mia teoria, basterebbe effettuare analisi stratigrafiche in queste grotte, per dimostrare che non erano abitate nel 9600 avanti Cristo o prima. Infatti Platone afferma che la catastrofe atlantidea risale a novemila anni prima del viaggio di Solone a Sais in Egitto, e questo viaggio è avvenuto all’incirca nel 590 Avanti Cristo. Da queste affermazioni, si può rispondere anche ad un’altra domanda molto importante, riportata di seguito.

Se la civiltà atlantidea era così avanzata e potente, come dice Platone, dovrebbe aver lasciato delle tracce anche sulla terraferma, non solo sulle paleocoste. E infatti, a mio avviso, le tracce le ha lasciate nelle grotte in giro per l’altopiano di Atlantide che ora emerge dal mare e che è stato chiamato, dalla nostra civiltà, col nome di Sardegna. Infatti, nella grotta di Lanaittu sono stati ritrovati resti di circa 20000 anni fa, e questo è perfettamente coerente con la teoria dell’Atlantide sardo corsa. Atlantide era abitata anche 20000 anni fa. Anzi, al momento attuale sembra che la Sardegna fosse abitata fin da almeno 300.000 anni fa. Ecco perché Platone afferma che era “antica per gli antichi”. E questo sarebbe anche il motivo per il quale il sacerdote della dea Neith a Sais ha detto a Solone che i Greci non erano mai vecchi, erano dei giovinetti, e che la loro mitologia assomigliava molto a delle favole per bambini. Il sacerdote stava cercando di spiegare a Solone che i Greci avevano perso la memoria di quanto accaduto tra la sardo corso Atlantide e la prima Atene, perché i superstiti non erano letterati e non potevano scrivere e tramandare il ricordo di quanto accaduto intorno al 9600 Avanti Cristo.

Tutto quanto affermato è coerente, come deve essere una corretta teoria scientifica. Quindi le tracce degli Atlantidei, dotati di differente dna già classificato dagli studi archeogenetici compiuti dal Dipartimento di Preistoria dell’Università di Cagliari insieme all’Università di Firenze e Ferrara e pubblicati su Scientific Report, devono essere cercate nei ripari sottoroccia di tutta la Sardegna e Corsica e nelle grotte sparse in queste due isole, che in realtà sono altopiani emersi fuori dal mare dell’isola sottostante di Atlantide. Atlantide era uno dei nomi che gli Egizi davano a quest’isola, che nelle mura del tempio di Edfu in Egitto è chiamata anche Isola del Calpestio, Isola della Guerra, Isola della Pace, Isola dell’Uovo etc. Rileggendo e analizzando i testi del tempio di Edfu in questa chiave, è possibile ottenere nuove informazioni su Atlantide e le sue origini, che sembrano radicarsi nella mitologia Egizia.

Come si spiega il fatto che Platone descrive Atlantide come un’isola circolare con un canale navigabile al centro e una serie di anelli concentrici di terra e acqua, mentre il blocco sardo-corso ha una forma irregolare e non presenta queste caratteristiche? Perché la descrizione ad anelli riguarda non tutto il blocco sardo corso atlantideo, ma solo la capitale di Atlantide, l’attuale Sulcis. Come ho precedentemente spiegato, nel Sulcis è presente una struttura quasi circolare, delle dimensioni indicate da Platone, ma dopo undicimila e seicento anni di pioggie, allagamenti, motti tettonici causati dalla struttura a graben-horst del Sulcis, e motti tettonici causati dalla struttura a Sinkholes del Sulcis, hanno fatto si che queste porzioni di terreni, che presentano le strutture antichissime segnalate da Platone, come il Tempio di Poseidone, si sono spostate dalla loro posizione originale. Per cui occorre una seria e rigorosa indagine stratigrafica. Io non sono né archeologo, né stratigrafo, né geologo, non sono quindi in grado di occuparmi in prima persona di questa analisi. Credo però di aver fornito un potenziale importante contributo alla ricerca con tutte queste informazioni.

Ci sono prove di un contatto tra gli Egizi e gli abitanti dell’altopiano atlantideo chiamato Sardegna: esistono infatti almeno circa 300 reperti archeologici che gli studiosi definiscono “egittizzanti”. In questi giorni è stato stretto un accordo siglato dalla Direttrice Luana Toniolo e dal Direttore della fondazione museo delle antichità egizie di Torino, Christian Greco, per lo studio e l’analisi di questi reperti.

 

Platone descriva Atlantide come un’isola più grande della Libia e dell’Asia insieme: questo è possibilissimo, in quanto al momento attuale noi non sappiamo quale fosse la dimensione esatta della Libia e dell’Asia nel 9600 Avanti Cristo. Quindi potremmo procedere con un ragionamento inverso: supponendo che Platone abbia riportato fonti egizie autentiche e veritiere, possiamo dedurne quindi che nel 9600 a.C. la Libia e l’Asia erano due zone geografiche che coprivano un’area geografica inferiore a quella coperta dal blocco geologico sardo-corso attualmente sommerso sotto il Mediterraneo. Inoltre la Libia del 9600 a.C. potrebbe non corrispondere affatto con la libia attuale né con il concetto di “Africa”. Anzi, le scoperte fatte da Luigi Usai in Birsa Bank, El Haouaria Bank, nella Piattaforma continentale carbonatica iblea Sicilia-Malta, fiancheggiata dal Sicily-Malta Escarpment, mostrano vastissimi territori attualmente sconosciuti all’archeologia ed alla storia ufficiale, per cui la Comunità Scientifica deve ancora chiarire di che civiltà scomparse si tratti, se si tratti effettivamente di edifici e città sommerse; quali civiltà siano; perché sono sommerse; quando sono state sommerse, a causa di quali eventi. Insomma, le nuove scoperte sui fondali del Mediterraneo aprono scenari estremamente interessanti ed innovativi.

Come mai non ci siano prove archeologiche concrete della sua esistenza nel blocco sardo-corso? Perché gli archeologi sardi si sono fermati ad analizzare gli strati fino al nuragico; al momento attuale sembrerebbe che nessuno abbia scavato fino agli strati stratigrafici del 9600 avanti Cristo, rendendo quindi impossibile avere le prove archeologiche, che quindi non sono mai state cercate, in quanto il mondo accademico sardo, nella sua quasi totale interezza, credeva che Atlantide fosse frutto della fantasia di Platone, come affermano vari archeologi in moltissimi video e testi pubblicati online, ad esempio al Seminario chiamato “Sa Mesa Archeotunda”.

POSSIBILITA’ DEL RITROVAMENTO DELL’ANTICA ATENE DEL 9600 AVANTI CRISTO

Atene 9600 a.C. circa, sommersa insieme al blocco sardo corso atlantideo
Atene 9600 a.C. circa, sommersa insieme al blocco sardo corso atlantideo, situata sulla piattaforma carbonatica iblea Sicilia-Malta, scoperta da Luigi Usai

 

Sulla piattaforma continentale sommersa carbonatica Iblea Sicilia-Malta, fiancheggiata dal Sicily-Malta Escarpment, il Dr. Luigi Usai (lo scrivente) ha ritrovato una struttura perfettamente rettangolare su quelle che sembrano essere le paleocoste mesolitiche della Sicilia orientale attualmente sommersa. Ad una più accurata analisi, si è potuto constatare la presenza di strutture dalle forme perfettamente geometriche, che appaiono di natura antropica. Maggiori studi sono necessari per la comprensione; tuttavia, è già possibile consultare le immagini online di questo possibile ritrovamento archeologico.

Video della potenziale scoperta:

 

La Prima Atene del 9600 a.C.? Dovranno essere fatte delle verifiche.

IPOTESI SULLA PRIMA ATENE SOMMERSA INTORNO AL 9600 AVANTI CRISTO ASSIEME AD ATLANTIDE

Se quanto detto da Platone su Atlantide è davvero un evento storico, come affermato in Timeo e Crizia, allora si potrebbe ipotizzare che questa sia la prima Atene, sommersa nel 9600 a.C.. Se ciò si dovesse rivelare vero, tutto ciò che è stato detto da Platone ha un riscontro oggettivo nel mondo reale. Certo sarebbe molto strano che la Prima Atene avesse sede in Sicilia. Il punto importante da sottolineare è che sembrano esserci moltissimi riscontri oggettivi: la batimetria è una Scienza. Quindi anche le mappe batimetriche fanno parte degli strumenti utilizzabili dal metodo scientifico. Alcuni studiosi hanno sottolineato che talvolta appaiono degli “artefatti” sul fondale, causati da cattiva acquisizione dei dati. Dopo però circa 20 anni nel settore informatico, ho cognizione di causa sufficiente per stabilire che la possibilità che si tratti di artefatti errati è estremamente bassa, altrimenti avrei dovuto trovare dei rettangoli in altre parti del mondo, cosa che non è mai accaduta, nemmeno esplorando i fondali di tutto il mondo per due anni consecutivi circa. Il rettangolo sommerso è presente inoltre in un punto che risulta essere paleocosta mesolitica, per cui è ancora più probabile che si tratti di una struttura antropica realmente esistente. Inoltre, nell’ultimo anno la risoluzione è cambiata e migliorata. Se si trattasse di un artefatto, i nuovi rilevamenti avrebbero dovuto cancellare l’errore e sovrascriverlo coi dati corretti, ma ciò per ora non è avvenuto.

    

TOPONOMASTICA E ONOMASTICA

Nel blocco sardo-corso la toponomastica, utilissima agli archeologi, richiama chiaramente le fonti d’acqua calda e fredda poste secondo il racconto platonico nell’Isola di Atlantide da Poseidone: esistono delle frazioni di paesi chiamate “Acquacadda” (Acqua Calda, in lingua sarda campidanese), S’acqua callenti de basciu (L’Acqua calda di sotto, in sardo campidanese) e S’Acqua Callenti de Susu (L’Acqua calda di sopra, in dialetto sardo campidanese), mentre nel vicino paese di Siliqua è presente ancora oggi la fonte d’acqua fredda di Zinnigas; a Siliqua il “Castello d’Acquafredda” è tutto ciò che rimane della cittadella medievale di Acquafredda. Insomma, persino la toponomastica richiama il mito platonico. Inoltre, Solone ascoltò il racconto nella città egizia di Sais, e Sais è anche il nome di una frazione geografica vicino a Narcao: località di Is Sais inferiore e Is Sais superiore di Narcao (SU), nel Sulcis nell’attuale Sardegna; è inoltre un cognome sardo. La toponomastica si ripresenta in maniera apparentemente corretta, e proprio negli stessi punti geografici (il Sulcis, nell’attuale Sardegna) dove la toponomastica richiama le fonti poste da Poseidone. E curiosamente, sempre nel Sulcis, vi è una località chiamata Piscinas… altra toponomastica che ricorda il tema dell’acqua o degli allagamenti. Mentre in relazione alla toponomastica egizia, troviamo una località chiamata “Terresoli” (Terra del Sole, in dialetto sardo campidanese) che ci ricorda molto da vicino Heliopolis (Città del Sole). Siccome il Sulcis “s’esti furriau”, hanno chiamato una frazione “Furriadroxiu“; siccome molta gente è morta o si è ferita gravemente, l’hanno chiamato “Spistiddatroxiu“. In Sardegna abbiamo Olbia, e Olbia esiste anche nell’antico Egitto. A questo punto è ancora difficile da dimostare, ma il paese di Sinnai in Sardegna potrebbe scoprirsi imparentato col Sinai in Egitto: questa affermazione è tutta da dimostrare, ma ormai non sembra più trattarsi di coincidenze: occorrono studi approfonditi di settore. Carnac in Francia è celebre per i megaliti, e altrettanto Karnak in Egitto. Il nome della città è lo stesso, ma la fonetica è espressa con differenti valori consonantici, dove K e C hanno lo stesso significato semantico, ma grafia differente.

Abbiamo visto il cognome Sais, ma anche il cognome Usai è interessante: esiste a Bologna la Mummia Usai, che dimostra i contatti tra la popolazione sardo-corso-atlantidea e l’antico Egitto.  Infatti, Usai  è un cognome esclusivamente sardo-corso-atlantideo: in tutto il mondo, chi si chiama Usai è di origini sardo-corso-atlantidee. Quindi abbiamo la presenza di cognomi sardo-corsi nell’Antico Egitto, e questo dovrebbe fare riflettere. Inoltre, nella Necropoli di Montessu a Santadi, nel Sulcis, è stata ritrovata un’incisione di un’imbarcazione egizia. Questo, ulteriormente, conferma i rapporti tra Egitto ed il Sulcis del blocco geologico sardo-corso-atlantideoUras è un cognome sardo e una città sardaAssieme alla Mummia Usai, a Bologna, sono presenti sale con bronzetti, e a tutti i sardi sono noti i bronzetti nuragiciAbis è un cognome Sardo, Abis è un toponimo dell’antico Egitto. Olbia è una città sarda, Olbia è una città dell’Egitto. Uras è un cognome sardo, Uras è una località sarda, e contiene il tema di “Urano”, che potrebbe essere messo in relazione con Poseidone. Toponomastica ed Onomastica, quindi, confermano il mito platonico ed anche i rapporti con gli Egizi. I reperti egizi poi si trovano anche in altri luoghi della Sardegna, ma in questa sede, al momento resteremo focalizzati sul tema atlantideo.

3207 Toponimi sardi iniziano per Funt (“funti” o “funtana” in sardo significa “fontana” in italiano).

Cognomi sardi che sono anche nomi di paesi, città e località geografiche.
Prima di leggere questo articolo, è bene studiare l’ottimo articolo alla pagina:
https://www.inliberta.it/piu-antichi-cognomi-sardi/

che permette una visione ampia sui cognomi sardi e che può suggerire una nascita paleolitica o neolitica di questi cognomi.

L’isola di Atlantide è descritta come “ricca di acque“. Ho pensato, a bruciapelo, di cercare i toponimi sardi che contengono la parola Funt (in sardo una “Fonte” si può chiamare “Funtana”).

Alla pagina:

https://www.sardegnageoportale.it/webgis/ricercatoponimi/search

ci sono 3 campi di inserimento testo: Toponimo, Comune e Tipo.

Alla voce Toponimo ho inserito le lettere Funt, in modo tale da ottenere tutte le parole che iniziano in questo modo; solitamente sono parole come Funti oppure Funtana, ossia fonte, in sardo campidanese.

Si ottengono 3207 toponimi già in questo modo, senza fare nessun’altra ricerca. Direi che 3207 toponimi, a distanza di 11.000 anni dall’affondamento di Atlantide, possano essere già una buona garanzia di veridicità di quanto affermato da Platone in Timeo e Crizia, sul fatto che il blocco sardo corso atlantideo fosse “ricco di acque”: Sassari, Thatari e Serramanna, altri 3 toponimi, significano “ricca di acque” (si vedano a tal proposito i lavori del Professor Salvatore Dedola).

Nel blocco sardo-corso la toponomastica, utilissima agli archeologi, richiama chiaramente le fonti d’acqua calda e fredda poste secondo il racconto platonico nell’Isola di Atlantide da Poseidone: esistono delle frazioni di paesi chiamate “Acquacadda” (Acqua Calda, in lingua sarda campidanese), S’acqua callenti de basciu (L’Acqua calda di sotto, in sardo campidanese) e S’Acqua Callenti de Susu (L’Acqua calda di sopra, in dialetto sardo campidanese), mentre nel vicino paese di Siliqua è presente ancora oggi la fonte d’acqua fredda di Zinnigas; a Siliqua il “Castello d’Acquafredda“. Insomma, persino la toponomastica richiama il mito platonico. Inoltre, Solone ascoltò il racconto nella città egizia di Sais, e Sais è un cognome sardo, e la Sardegna è un’altopiano emerso del sommerso blocco geologico sardo corso, quindi ancora tutto calza alla perfezione. Sais, oltre essere un cognome appartenente al territorio sardo-corso, è anche il nome di una frazione geografica vicino a Narcao: località di Is Sais inferiore e Is Sais superiore di Narcao (SU), nel Sulcis nell’attuale Sardegna. La toponomastica si ripresenta in maniera apparentemente corretta, e proprio negli stessi punti geografici (il Sulcis, nell’attuale Sardegna) dove la toponomastica richiama le fonti poste da Poseidone. E curiosamente, sempre nel Sulcis, vi è una località chiamata Piscinas (si capisce anche in italiano)… altra toponomastica che ricorda il tema dell’acqua o degli allagamenti. Mentre in relazione alla toponomastica egizia, troviamo una località chiamata “Terresoli” (Terra del Sole, in dialetto sardo campidanese) che ci ricorda molto da vicino Heliopolis (Città del Sole). Siccome il Sulcis “s’esti furriau”, hanno chiamato una frazione “Furriadroxiu“; siccome molta gente è morta o si è ferita gravemente, l’hanno chiamato “Spistiddatroxiu“. Vicino a Barbusi, nei pressi di Carbonia in Sardegna, vi è Acqua Callentis (acqua calda in sardo) e Caput Acquas. Inoltre, esiste una frazione detta Su Peppi Mereu ed esistono faraoni egizi chiamati Pepi I e Pepi II (in sardo Pepi è il diminutivo di Giuseppe).

Mandas è un cognome sardo e una località sarda.
Nora è una località sarda e Nora è un nome femminile.
Lidia
 è una località e Lidia è un nome femminile (La Lidia (endonimo: Śfard; in greco: Λυδία; in assiro: Luddu; in lingua ebraica: Lûdîm) è un’antica regione storica, ossia una località)
ulteriore conferma delle mie affermazioni: la città di Sardi o Sardis o Sardes (in lidio 𐤳𐤱𐤠𐤭𐤣, traslitterato Sfardantico greco Σάρδεις, traslitterato Sárdeisantico persiano Sparda) era un’antica città dell’Asia Minore (oggi Turchia) che divenne capitale del regno di Lidia nel VII secolo a.C.
Ripeto: la città di Sardi divenne capitale della Lidia.
Solinas è un cognome sardo e una località: Spiaggia Is Solinas.
Solanas è una località sarda e un cognome, stavolta spagnolo, probabilmente ad indicare migrazioni sardocorse in Spagna nell’antichità.
Tunis è un cognome sardo ed è una località (Tunisi, in Tunisia).
Zara è un cognome sardo ed è una località (Zara in Croazia).
Olianas è un cognome sardo ed Oliena è una località sarda, che in sardo si chiama Oliana.
Ruggiu è un cognome sardo e Monte Ruggiu è una località.
Scano è un cognome sardo, Scano Montiferru è una località.
Pirastru è un cognome sardo, Porto Pirastru è una località.
Mattana è un cognome sardo, Mattan I e Mattan II sono sovrani Fenici.
Milia è un cognome sardo e El Milia è una località in Algeria e Miliana una località in Algeria.
Iunius Silanus è un cognome e Silanus è una località sarda ancora esistente; esiste poi una strana somiglianza tra l’etimologia di Silanus (un paese sardo la cui etimologia significa: boschivo, dei boschi) e la figura mitologica del Sileno (tratto da wikipedia –> I Sileni (anche Silenoi) sono figure della mitologia greca, divinità minori dei boschi, di natura selvaggia e lasciva –> probabilmente erano i Sardi che abitavano Silanus, da cui presero il nome).
Siddi è un cognome sardo e Siddi è una località in Sardegna.
Murgia è un cognome sardo e “Le Murge” sono una subregione appulo-lucana.
Sanna è un cognome sardo ed il Sannio è una località storica antica e i Sanniti il popolo che lo abitava: questa però può essere una coincidenza. Tuttavia, tutte queste strane “coincidenze” devono indurre a fare nuove analisi, a ripensare il passato e a cercare di motivare queste strane decine e decine e decine di coincidenze.

Fatte tutte queste premesse, non è difficile rendersi conto che:

Troia è un cognome, Troja è un cognome, e Troia è una località in provincia di Foggia e Troia è la famosa città mitologica… a questo punto verrebbe da supporre che Troia fosse una città sardo-corsa. A confermare questa ipotesi vengono anche le mura di Troia, realizzate per cerchi concentrici; viene il fatto che esistono i Sardi Ilenses Troes e l’altro nome di Troia è Ilio (Troes-Ilienses sono una tribù sarda)…

Altra anomalia da tenere presente è la presenza di:
Gonnosfanadiga
Gonnos
Gonnoscodina
Gonnostramatza
Altra anomalia toponimica: la presenza di Biddanoa (Bidda noa significa, in sardo, Città nuova o Paese nuovo, Villanuova o Villanova, in lingua sarda); e la strana insistenza del termine tradotto villanova ovunque si trovino contatti con la cultura sardocorsa:
la Cultura Villanoviana è una facies che ha dato origine agli Etruschi, prende il nome dal paese di Villanova; secondo la mia teoria, i Villanoviani erano antichissime migrazioni sardo-corse, ecco perché sul fondo del lago di Bolsena è stato ritrovato in seguito un bronzetto nuragico dentro una abitazione Villanoviana sommersa; a Cagliari il quartiere Villanova, ma può essere una coincidenza, perché se non erro la nomenclatura ha origini medievali e non so perché sia stato chiamato così; a Villanova di Guidonia (Roma) si trova il Teatro Marittimo di Adriano, noto come Villa Adriana: essa è costruita a cerchi concentrici come la capitale di Atlantide, proprio in una località chiamata Villanova; in Sardegna esisteva una Neapolis, nella zona di Oristano, e Neapolis è il nome di Napoli, e Nea Polis significa appunto città nuova, in stile sardo corso atlantideo.

Altre stranezze linguistiche: l’uso insistente sardo-corso dei dittonghi nella toponomastica:

col dittongo “ei”: Orosei, Baunei, Bultei, Burcei, Furtei, Gergei, Urzulei, Lanusei, Lei, Musei, Pauli Arbarei, PèifugasCosta Rei, San Niccolò Gerrei, Triei, Mara Arbarèi tutte località che finiscono col dittongo “ei”;

col dittongo “ai”: Allai, Paizé, Gairu, Ollollai, Illorai, Lotzorai, Masainas, Olzai, Onifai, Samatzai, Ulassai, Ussassai, La Trinitài e Vignòla,Villagrande Strisaili;

col dittongo “oi”: Gavoi, Jaròi/Geròni, Loiri Porto San Paolo, Mammoiada;

col dittongo “au”: Ardauli, Austis, Ballau, Bauladu, Baunei, Giaùni/Jaùni,  Lòiri Poltu Santu Pàulu, Paùli, Narcàu, Lu Palàu, Paùli Arbarèi, Pàu, Pàulle, Paùli Gerrèi/Pàùli Xrexèi, Santu Sparàu, Tempio Pausania,

Gonnosfanadiga, Gonnosnò, Gonnoscodina, Gonnostramatza, tutte località che contengono il suffisso Gonnos;

 

Alcuni di questi fatti potrebbero essere coincidenze.

Attenzione: questo sito contiene ricerche sperimentali di un non professionista, per cui possono essere presenti errori logici o di metodo nella ricerca. Gli scienziati saranno in grado di scremare gli errori dalle informazioni corrette. Ciò che importa sono le possibili informazioni utili che ne possono derivare.

Nomi di città/paesi/frazioni che necessitano di essere analizzati più seriamente:

Teulada in Sardegna corrisponde Teulada in Spagna

Aritzo in Sardegna corrisponde Aritzu nei paesi Baschi

Monastir in Sardegna corrisponde Monastir in Tunisia

Orani in Sardegna corrisponde Orano in Algeria

Pula in Sardegna corrisponde Pula nella ex Yugoslavia

Palau in Sardegna corrisponde Palau, provincia di Lleida in Spagna, e Palau in Micronesia

a Sa Baronia in Sardegna corrisponde La Baronia de Rialb, 25747, Provincia di Lleida, Spagna; ma corrisponde anche Sa Baronia situata nella Sierra de Tramuntana, dichiarata Patrimonio dell’Umanità, a soli 25 km da Palma di Maiorca.

Teti in Sardegna corrisponde il Mar Tetide, il Titano Tetide figlio di Urano e Gea e un Faraone chiamato Teti

Sa Portedda nel Sulcis corrisponde La Portella in Catalogna, Spagna

Menfi in Sicilia corrisponde una seconda Menfi in Sicilia e una Menfi in Egitto

ad Amarnas in Algeria corrisponde Amarna in Egitto, nome moderno di Akhetaton, città di Akhenaton

Gadeiros, fratello del sulcitano Atlante e figlio di Poseidone e Clito, corrisponde  Gadir (Cadice) corrisponde Gadir in Marocco, Agadir in Marocco, Porto di Gadir a Pantelleria, Baia di Ghadira a Malta; inoltre, ora capiamo perché Platone parli della regione Gadirica di fronte alle Colonne d’Ercole: probabilmente la Gadirica era la regione nei pressi dell’attuale Villasimius, ma questo è tutto da verificare

Caroddi in Sardegna corrisponde Cariddi in Sicilia

Pompu corrisponde Pompei in Italia e Pohnpei in Micronesia

Umbria in Italia corrisponde Regno di Northumbria in Inghilterra

all’Anglona in Sardegna corrisponde l’Anglia e l’Angleterre, terra degli Angli

alla Gallura corrisponde la Gallia, Gallipoli, il Galles ed il cognome Gallus (probabilmente molte sono solo coincidenze linguistiche; tuttavia vale la pena approfondire e magari smentire queste somiglianze in maniera scientifica)

Bithia corrisponde la Bithinia

Olbia in Sardegna corrispondeva Olbia in Egitto, è citata nei libri di storia antica

ad Alguier (Alghero) corrisponde Algeri

Bari corrisponde Bari Sardo in Sardegna

Meana corrisponde Meana Sardo in Sardegna

Prato corrisponde Prato Sardo in Sardegna

Riola corrisponde Riola Sardo in Sardegna

Neapolis (in greco: Νεάπολις; in sardo: Nabui) ovvero “nuova città”, fu un’antica città della Sardegna corrisponde Neapolis, antico nome di Napoli in Italia

alla località Tempio-Ampurias, Spiaggia di Ampurias, corrisponde in Spagna Empúries, 17130, Provincia di Girona, Spagna, chiamata in spagnolo Ampurias.

al cognome Pau, frequentissimo e forse originario del Sulcis, corrisponde la località francese Pau; qualcuno potrebbe arrivare addirittura a notare che, mentre nella lingua francese il dittongo “au” si legge “o”, e quindi Pau in francese è letto “Pò”, esiste una pronuncia occitana, che come presente in Wikipedia alla voce Pau_(Francia)si pronuncia esattamente Pau, come in lingua sarda, confermando almeno parzialmente le mie affermazioni. Sarebbe interessante fare uno studio sull’Occitano, per vedere se possano esistere collegamenti con le lingue ed i dialetti del blocco sardocorsoatlantideo, come accade anche con la lingua Corsa, Basca, Siciliana, Rumena e molte altre;

Caria è un cognome sardo a cui corrisponde la Caria, che era una regione storica nell’ovest dell’Anatolia;

Solanas è una località sarda e Solanas è un cognome sia sardo che spagnolo:

Solanas è un cognome spagnolo . Le persone importanti con il cognome includono:

(tratto da https://en.wikipedia.org/wiki/Solanas_(surname)  )

forse queste non sono delle coincidenze. Occorre innanzitutto risalire ai primi toponimi originari, per capire se sono stati cambiati di recente o se siano antichi o quelli originari. Propongo di studiare queste corrispondenze: che il nome abbia a che vedere con una sorta di dominio diretto, colonizzazione o relazione di qualche tipo, è ancora da dimostrare ufficialmente con prove più robuste.

 

Abbiamo visto il cognome Sais, il cognome Pau, ma anche il cognome Usai è interessante: esiste a Bologna la Mummia Usai, che dimostra i contatti tra la popolazione sardo-corso-atlantidea e l’antico Egitto.  Infatti, Usai  è un cognome esclusivamente sardo-corso-atlantideo: in tutto il mondo, chi si chiama Usai è di origini sardo-corse-atlantideeUras è un cognome sardo, paese sardo e Divinità Sumera. Cabras è un cognome sardo, Cabras è un paese sardo e a Cabras hanno trovato i Giganti di Mont’E Prama, e “cabras” in sardo significa “capre”, che è un termine che probabilmente è nato nel paleolitico o nel neolitico, in quanto le capre segnavano decisamente il passaggio da cacciatori ad allevatori ed agricoltori. Sinis è un cognome e Sinis è una località. Piras è un cognome e Piras è una località. Con la mummia Usai abbiamo la presenza di cognomi sardo-corsi nell’Antico Egitto, e questo dovrebbe fare riflettere. E’ difficile spiegare in poche parole, lo farò in altro contesto: i Sumeri, gli Accadici e i Babilonesi, con altissima probabilità, erano migrazioni sardo-corso-atlantidee in tempi che gli scienziati adesso dovranno ricalcolare in base alle nuove scoperte. Sarà difficile e meraviglioso, dover riprendere tutti i testi daccapo e cercare di raccapezzarci. Posso però darvi alcuni insights: probabilmente esistono dei legami tra il cognome sardo CadelanuCandelanu e Kandalanu, un re neobabilonese; tra il paese di Sarroch in Sardegna e Dur-Šarrukin di Ninive; queste scoperte aprono le porte ad un nuovo tipo di approccio con la cultura sumerica e mesopotamica in genere. Gli dei della mitologia Sumera erano dei minatori… e proprio il Sulcis ha la miniera più antica in Italia e forse in Europa: se fornisce ancora risorse adesso, come doveva essere 11.000 anni fa? 
Adesso: se uno scienziato avesse intenzioni serie, potrebbe, partendo dalle mie osservazioni, fare ulteriori ricerche. In questo modo a poco a poco magari verrà fuori che dalla città di Teti in Sardegna venne fuori il Faraone Teti della VI dinastia che regnò in Egitto… Ci si renderà forse conto che due Faraoni si chiamano Pepi I e Pepi II: ma Pepi o Peppi in Sardegna è il diminutivo di Giuseppi, ossia Giuseppe (può essere una semplice coincidenza). Ancora oggi in Sardegna le persone che si chiamano Giuseppe vengono soprannominate Pepi per dimostrare affetto, familiarità ed amicizia.
Ci si potrebbe accorgere che i sardocorsoatlantidei assegnavano spesso lo stesso nome a varie città, per cui abbiamo due località chiamate Menfi in Sicilia e abbiamo l’antica Menfi in Egitto… abbiamo Akrotiri a Cipro e Akrotiri a SantoriniGadir (Cadice) in Spagna ha il corrispettivo Porticciolo di Gadir a Pantelleria, e Gadir ed Agadir in Marocco, perché i nomi di alcuni paesini e località portuali sono sardocorsoatlantidei. Si spiegherebbe perché esiste l’Umbria e in Inghilterra esiste il Regno di Northumbria. Murgia è un cognome sardo e “le Murgie o la Murgia” è una località italiana.

 

Fare questo tipo di ricerche richiede tempo e pazienza, non è una cosa semplice. Ma io spero di avervi dato un ottimo input di partenza, che vi possa facilitare il lavoro.

Ecco alcuni esempi che potrebbero aprire nuovi spunti di ricerca totalmente innovativi e, credo, forse mai esplorati prima:

  1. Sardi Maurreddus della Maurreddanìa in Mauretania ed in Mauritania;
  2. Sardi Maltamonenses a Malta;
  3. Sardi Galillenses in Galilea; si veda a tal proposito l’articolo qui presente; il commento di Bartolomeo Porcheddu; ormai è noto anche agli archeologi che sul Monte Carmelo è stata scoperta e dissotterrata un’intera città sarda risalente almeno tra il XII e l’XI secolo a.C.;
  4. Sardi Patuanenses Campani in Campania;
  5. Sardi Beronicenses  sembrano collegati coi Veronicenses poi Veronienses, passando attraverso la toscana Etrusca;
  6. Sardi Ilienses-Troes sembrano i fondatori di Ilio-Troia, ecco perché Ilio, ossia la città di Troia, era realizzata tramite cerchi concentrici. Rappresentavano i Solchi Sacri del Sulcis (Sulcus, Sulci, ablativo locativo latino in Sulcis, da tradurre come “Il luogo dei Solchi” [Tracciati da Poseidone attorno alla collina dove abitava la moglie Clito]);
  7. Sardi della Gallura sembrano essere collegati con la Gallia;
  8. I Sardi Balares probabilmente erano i dominatori delle Baleares (Isole Baleari);
  9. I Sardi di Laconi hanno possedevano la Laconia in Grecia;
  10. Inoltre, le religioni Sumere e Mesopotamiche sono farcite di termini, cognomi e nomi sardi: questo fatto dovrebbe fare riflettere.
    Uras, cognome sardo, nome di divinità Sumera;
    Kadelanu, cognome sardo, diventa il nome di un Re Mesopotamico Kandelanu;
    Sarroch, nome di paese, diventa Re Sarrukkin in Mesopotamia;
    S’iskuru, modo di dire sardo, in Mesopotamia è il dio Iskur;
    Samassi, paese sardo, è il dio Sumero Samas;
    Uta, paese sardo, è il dio Utu;
    Sinnai, paese sardo, è il dio Mesopotamico Sin-Nanna;
    Forse dovremmo cominciare a farci mille domande da nuovi punti di vista.
    A mio avviso è ormai necessaria una totale revisione delle fonti storiche, geografiche, geologiche, commerciali, costruttive… dal mio punto di vista è necessario un cambio di paradigma immediato e deciso: il Paradigma Sardo Corso Atlantideo.

Ulteriore stranezza dei cognomi sardi: sembrano essere molto antichi ed avere funzione deittica, basti dire che alcuni sono “Pani” e “Casu”, “pane” e “formaggio”“Boi” bue; e il toro era sacro agli atlantidei. Anche questa può essere una pista di ricerca: forse i cognomi sono nati nel paleolitico o nel neolitico nel blocco geologico sardo-corso? Questo potrebbe spiegare perché molti cognomi attualmente esistenti rappresentino ideofonicamente dei concetti: pane, formaggio, bue, corvo (Pani, Casu, Boi, Crobu), con un rapporto di 1:1 con la realtà, ossia ad ogni cognome corrisponde un oggetto reale esistente.

Iside è la madre di Horo (Horus, Oro) nella mitologia egizia. In Sardegna è presente proprio nel Sulcis la località Isidoro (Iside + Oro), terminologia che aveva valenza religiosa. Con l’avvento della religione cristiana, nel tentativo di convertire i Sardi alla nuova religione, si è fatto tutto il possibile per riportare questi termini al cristianesimo, per cui si è cominciato ad associare la terminologia arcaica Isidoro alla figura di un santo, Sant’Isidoro. Ora questo passaggio può essere ben chiaro agli occhi del lettore.

In Sardegna infatti, sono state trovate antichissime rappresentazioni di Iside e di Oro (Horo, Horus), che gli archeologi in genere hanno sempre riportato alla cultura egizia, capovolgendo i fatti reali, come cercherò di mostrare in tutti i ragionamenti di questo sito web. Iside e Horo erano figure del Sulcis, insegnate in tempi Mesolitici e Neolitici agli egizi. Ciò spiegherebbe il culto di Iside in Spagna, a Pompei, a Roma… che senso aveva venerare solo una divinità del Panteon Egizio? Semplicissimo: la dea era una divinità del Sulcis in quanto capitale Atlantidea, e il culto era diffuso in tutto il Mediterraneo; l’Egitto però conservava anche tantissimi altri aspetti del culto insegnato e tramandato dai sardocorso atlantidei, per cui Iside era solo una delle antiche divinità. Il cristianesimo poi ha fatto tutto quanto in suo potere per disintegrare e fare scomparire nell’oblio i vecchi culti sardocorsi.

08 aprile 2023, ore 06:32

Da pochi minuti mi sono accorto che anche il francese si comporta come il sardo, almeno in un caso:

Samzun è un cognome, ed è anche una località dove è presente un circolo megalitico preistorico, proprio su quelle che io ipotizzo essere le rotte sardo-corso-atlantidee che hanno permesso la diffusione del megalitismo attraverso le coste europee in particolare. Si rende necessario fare una ricerca per capire se e quali cognomi esistano in Francia che siano anche toponimi.

Il culto del toro rimane nei nomi, ancora da verificare, di Gioia Tauro e Taurianova.

Le Isole Esperidi ed il Giardino delle Esperidi

Dopo la semisommersione del blocco sardo corso atlantideo, solo le zone montagnose dell’isola di Atlantide rimasero fuori dall’acqua, e vennero interpretate come due isole. Ma prima di venir chiamate Sardegna e Corsica dovettero passare migliaia di anni. Dapprima furono chiamate Isole Esperidi, dove vi era un giardino dai frutti d’oro, chiamato il Giardino delle Esperidi.

L’estremo capo del mondo era chiamato Caput Terrae, Capoterra nell’attuale Sardegna.

A Capoterra vi era il Giardino delle Esperidi, che aveva dei frutti d’oro: allo scrivente non è chiaro se questi frutti d’oro fossero limoni, oppure mele gialle oppure chissà quale altro frutto color oro. Anche stavolta, la toponomastica sardo corso atlantidea ci viene in soccorso: a Capoterra, in provincia di Cagliari, vi è una località chiamata ancora oggi Frutti d’Oro.

Entdeckung einer unbekannten und versteckten versunkenen Stadt und Zivilisation durch den Schriftsteller und Philosophen Luigi Usai. Wir wissen noch nicht, was für Leute das sind.
Entdeckung einer unbekannten und versteckten versunkenen Stadt und Zivilisation durch den Schriftsteller und Philosophen Luigi Usai. Wir wissen noch nicht, was für Leute das sind.

E’ difficile spiegare in poche parole, lo farò in altro contesto: i Sumeri, gli Accadici e i Babilonesi, con altissima probabilità, erano migrazioni sardo-corso-atlantidee in tempi che gli scienziati adesso dovranno ricalcolare in base alle nuove scoperte. Sarà difficile e meraviglioso, dover riprendere tutti i testi daccapo e cercare di raccapezzarsi. Posso però darvi alcuni insights: probabilmente esistono dei legami tra il cognome sardo CadelanuCandelanu e Kandalanu, un re neobabilonese; tra il paese di Sarroch in Sardegna e Dur-Šarrukin di Ninive; queste scoperte aprono le porte ad un nuovo tipo di approccio con la cultura sumerica e mesopotamica in genere.
Atlantide era più grande della Libia e dell’Asia messe assieme: ora, per procedimento inverso, possiamo dedurre la dimensione di queste due realtà geografiche nel 9600 a.C. circa. Il popolo che avanzava spavaldo e voleva conquistare tutti i popoli che abitavano al di là delle Colonne D’Ercole, dunque, erano i Sardo Corso Atlantidei che abitavano il blocco geologico sardocorso quando questo era ancora terra emersa, prima della sommersione nel 9600 a.C. circa. Tutto il Sulcis (il Sulcis è una zona geografica della bassa sardegna, a Ovest di Cagliari) è ricchissimo di toponomastica Atlantidea: AcquacaddaAcquafredda (città scomparsa nel medioevo), Castello di AcquafreddaS’Acqua Callenti de SusuS’Acqua Callenti de BaxiuAcqua Callentis (altra frazione che significa Acqua Calda), oltre tremila e duecento toponimi sardi solo cercando la porzione di parola “funt” (“funti” o “fonti” significa “fonte” in almeno una delle varianti di sardo). E’ possibile controverificare le mie affermazioni con Google Maps e col database sardo dei toponimi regionali, oltre che nei modi da Voi ritenuti opportuni.

Platone narra infatti che l’Isola di Atlantide era ricca di acque. E infatti il linguista sardo di fama mondiale Salvatore Dedola (un supergenio che dovrete assolutamente studiare a fondo, assieme a Bartolomeo Porcheddu, altro studioso straordinario) mostra che Sassari, Thatari (nome sardo di Sassari) e Serramanna, per fare solo un esempio, significano “Ricca di Acque”. La toponimia e l’onomastica confermano il mito platonico. Sarà necessario aprire degli studi settoriali per apportare nuove informazioni a quelle per ora raccolte e dimostrate, ed è necessario che vengano fatte da professionisti del settore.

STRANEZZE SARDO CORSO ATLANTIDEE

In merito alla zona Gadirica, è possibile che fosse il nome non di Gadir (Cadice), bensì di una omonima zona geografica del blocco sardo-corso, ora sommerso. Perché avrebbe lo stesso nome di Gadir? Per lo stesso motivo per il quale Teulada in Sardegna ha l’equivalente Teulada in SpagnaPula ha una Pula in DalmaziaAritzo in Sardegna corrisponde ad Aritzu in SpagnaMonastir in Sardegna corrisponde a Monastir in TunisiaAlguier (Alghero) corrisponde ad Algeri in Algeria, la frazione Su Vaticanu di Santadi corrispone al Vaticano a RomaPompu in Sardegna corrisponde a PompeiBari corrisponde a Bari Sardo, e potrei continuare ancora, ma rischierei di annoiarvi. Per questo, Gadir della Gadirica, nel blocco geologico sardo-corso avrebbe corrispondenza con Gadir (ossia Cadice).

Entdeckung einer unbekannten und versteckten versunkenen Stadt und Zivilisation durch den Schriftsteller und Philosophen Luigi Usai. Wir wissen noch nicht, was für Leute das sind.
Che sia la prima Atene sommersa con Atlantide intorno al 9600 a.C.?

 

MISURAZIONI PLATONICHE

Prendendo la diagonale maggiore che seca il blocco sardo-corso-atlantideo, si ottiene che misura 555 Kilometri circa; questa misura appare, calcolata in stadi, nelle misure fornite da Crizia per descrivere l’isola. Se si esclude “la fascia dei monti che cadono direttamente sul mare” (ossia i monti ora presenti in Corsica e il lato destro della Sardegna come il Gennargentu), misurando il perimetro di forma rettangolare del territorio rimanente attualmente semisommerso, esso è maggiore di 10.000 stadi esattamente come affermato da Platone. E’ possibile quindi che la Comunità Scientifica proceda alle misurazioni indipendenti per verificare la veridicità di queste affermazioni.

 

IL TIMEO NON PARLA SOLO DI ASTRONOMIA, MA ANCHE DI GEOLOGIA

Riassumendo per chiarezza: i sacerdoti della città di Sais in Egitto stavano cercando, a modo loro, di spiegare a Solone un evento geologico di sommersione del blocco geologico sardo-corso al centro del Mediterraneo, mare che nel 9600 a.C. era chiamato Oceano Atlantico o Mare Atlantico (prendeva il nome dall’isola di Atlantide, la più grande tra tutte prima che finisse semisommersa). Atlantide era quindi anche più grande della Sicilia, che adesso, dopo il suo affondamento, risulta essere l’isola più grande, e non la Sardegna.

Dunque il periodo dell’affondamento sarebbe intorno, approssimativamente, al 9600 a.C., diversamente dall’ipotesi dell’Atlantide sardo nuragica, che è palesemente errata anche per i motivi   elencati in altre sedi dagli archeologi sardi.

Le analisi stratigrafiche devono scendere nel terreno fino a trovare i resti di 11.600 anni fa circa, per poter trovare i resti della “capitale” di Atlantide o della sua popolazione, ed è anche chiarissimo il motivo per il quale non si trovano corpi dei deceduti atlantidei negli strati del nuragico.

 

COLONNE D’ERCOLE NEL CANALE DI SICILIA: NUOVI RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI

Frau (2002), che ringrazio di cuore per i suoi contributi straordinari alla disciplina, pone le Colonne d’Ercole tra Sicilia e Tunisia. In effetti, esiste la possibilità che queste siano state ritrovate. Infatti, la Comunità Scientifica di tutto il mondo è in fase di analisi della recentissima scoperta di quelle che appaiono come strutture di natura antropica collocate proprio nel Canale di Sicilia, ritrovate tramite analisi batimetriche del Sistema Emodnet dell’Unione Europea, in Birsa Bank e El Haouaria Bank, esattamente tra Sicilia e Tunisia, ed a breve distanza da Pantelleria. E’ stato fatto un secondo ritrovamento anomalo dal punto di vista batimetrico, di una struttura dall’apparente forma rettangolare nella piattaforma carbonatica continentale Sicilia-Maltafiancheggiata dalla Scarpata Continentale Sicilia Malta (Sicily-Malta Escarpment per i geologi).

 

Birsa Bank found by Luigi Usai
Birsa Bank: strutture apparentemente archeologiche sommerse ritrovate da Luigi Usai tramite batimetrie Emodnet.

 

Strutture sottomarine rilevate batimetricamente a Birsa Bank da Luigi Usai.

 

Le Colonne d'Ercole, sommerse nella montagna sottomarina di Birsa Bank nel Canale di Sicilia
Le Colonne d’Ercole? Strutture sommerse nella montagna sottomarina di Birsa Bank nel Canale di Sicilia, ritrovate dal Dr. Luigi Usai.

Il mondo scientifico non si è ancora espresso in merito; non è noto nemmeno se si stiano facendo studi a riguardo. Sono stati usati 5 sistemi batimetrici informatizzati e indipendenti, programmati e gestiti in modo autonomo, i quali hanno restituito gli stessi risultati, il che lascia supporre che queste strutture esistano realmente sui fondali. Il costo di una spedizione, però, è proibitivo per un singolo individuo, e occorrerà attendere l’intervento di soggetti terzi.

 

IL FANGO INTORNO ALL’ISOLA DI ATLANTIDE

Per quale motivo poi tutto intorno all’isola sardo corsa sommersa era tutto pieno di fango che impediva la navigazione? Perché le correnti marine, dopo l’affondamento del blocco geologico sardo corso, hanno cominciato a strappare via strati di terreno che emergeva dalla superficie come fa ora la Sardegna, venendo a creare nei millenni quella che oggi i geologi chiamano “piattaforma continentale” sardo-corsa. Man mano che le correnti marine “lavavano” via strati di terreno, distruggendo tutti i centri abitati e le strutture che erano state realizzate prima del 9600 a.C. sulle fasce costiere sardo-corse, l’acqua veniva intorbidita da materiali fangosi, e questo è chiaro e ovvio al pensiero ed alla riflessione.

 

GENETICA

Ad Atlantide “vivevano i vecchi più vecchi”, e tutti sappiamo dei centenari sardo corsi, al punto che il codice genetico sardo non solo è stato ed è studiato in tutto il mondo, ma è stato persino rubato (vedasi il furto di 25000 provette con 17 indagati, in seguito al furto delle provette di DNA dei sardi avvenuto secondo la stampa presso il Parco Genos di Perdasdefogu nell’agosto 2016). Che il blocco sardo-corso sia antico per gli antichi è ovvio agli studiosi colti: basta citare il ritrovamento di un frammento di carapace di Arthropleura armata del Carbonifero di Iglesias (Museo PAS – E.A. Martel di Carbonia), ma chi fosse interessato può informarsi presso un paleontologo, uno su tutti lo straordinario Daniel Zoboli. E’ quindi ovvio che gli egizi eruditi riuscissero, da molti dettagli, a capire l’antichità del blocco sardo-corso, da loro chiamato Atlantide.

 

PROVE ARCHEOLOGICHE

Il Tempio di Horus a Edfu, in Egitto: reinterpretazione dei testi basandosi sul paradigma sardo-corso-atlantideo

In Egitto, nella città di Edfu, esiste un tempio interamente coperto di geroglifici. Esistono varie traduzioni, difficili da realizzare anche a causa del contenuto: si narra infatti nella maggioranza di questi testi dell’origine della civiltà, dell’origine del mondo.

Il paradigma sardo-corso-atlantideo aiuta nella decifrazione di questi testi, contribuendo a fare chiarezza sul significato di buona parte di essi; per capire meglio, però, è necessario fornire al lettore alcune informazioni di base che permetteranno poi di capire quasi tutto il testo.

Nel Tempio di Edfu, il Mar Mediterraneo è chiamato “Il Lago Eterno”, “The Eternal Lake” oppure “Le acque primordiali”. Nel Lago Eterno c’era un Isola che giaceva nelle acque primordiali, ossia il blocco sardocorso quando questo era un’unica terra emersa, oltre 11600 anni fa, durante il Pleistocene. Questa stessa isola è chiamata da Platone, nei dialoghi intitolati Timeo e Crizia, col nome di Atlantide. Il racconto storico è lo stesso, ma vengono usati alcuni termini differenti per descrivere le stesse cose. Combinando i testi del Timeo e del Crizia alle informazioni scolpite nel Tempio di Edfu, è possibile ricavare ulteriori informazioni utili alla comprensione del passato preistorico dell’isola sardo-corso-atlantidea ed alle sue relazioni con il mondo egizio antico.

I testi di Edfu sono visualizzabili a questo indirizzo:
https://books.google.it/books?id=7sdRAQAAIAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=%22the%20island%20of%20creation%22&f=false

Siccome non conoscevo questi testi, lentamente comincerò a tentare di renderli traducibili appoggiandomi a tutte le informazioni che ci sono state fornite dai testi platonici e dalle nuove scoperte scientifiche di varia natura: archeologica, genetica, geografica, linguistica etc.
Per l’analisi della scrittura geroglifica, farò uso del typewriter disponibile online qui:
https://discoveringegypt.com/egyptian-hieroglyphic-writing/hieroglyphic-typewriter/

Cercherò di riscrivere i testi di Edfu provando a renderli più chiari per un cittadino contemporaneo, sostituendo tutti i termini antichi con quelli moderni. Ad esempio, al posto di “Lago Eterno” scriverò “Mar Mediterraneo”, al posto di “Isola dell’Uovo” scriverò “isola semisommersa sardo-corso-atlantidea”, e così via.

Il mondo primordiale degli Dei è un’isola (in geroglifico iw) coperta in parte da canne, che giaceva nel buio delle acque primordiali del Mediterraneo, occupata dagli abitanti mesolitici il cui DNA è stato analizzato in due individui su tre del riparo sotto roccia di Su Carroppu, nell’attuale Sardegna.

Questa popolazione era considerata divina, non è ancora chiaro il motivo. Forse perché erano culturalmente molto più avanti del resto della popolazione mondiale. Probabilmente conoscevano già un po’ di metallurgia nel mesolitico (devo ancora dimostrarlo) e questo era percepito dagli altri popoli come una caratteristica divina. Infatti, Nekhbet e altre divinità presentano nelle zampe il simbolo della metallurgia, che a mio avviso è anche il simbolo che gli Egizi usavano per indicare il Sulcis o la provenienza dal Sulcis minerario. Tra gli dei creatori, sembra che Ptah abbia un ruolo molto importante. Ora, al momento non è ancora chiaro se questo abbia a che fare con Poseidone. Allo stato attuale è ancora difficile da capire, sono costretto a studiare egittologia per tentare di capire i possibili collegamenti. Qualche informazione può essere ritrovata nella Pietra di Shabaka. I testi sulla creazione sono di tipo Heliopolitano o Hermopolitano, dalle rispettive città nei quali i testi sono stati trovati incisi sulle pareti. I primi faraoni egizi erano probabilmente abitanti del blocco sardocorso, ossia di quella che per gli Egizi era l’Isola Primordiale o Isola Uovo. Il sacerdote che parla a Solone in Timeo e Crizia, infatti, segnala che all’inizio i sardocorsoatlantidei avevano tentato arrogantemente di invadere tutto il Mediterraneo. Gobekli Tepe potrebbe essere una colonia sardocorso atlantidea prima della sommersione. La sommersione parziale dell’isola e la morte di milioni di abitanti, e la distruzione di molte città e opere d’arte deve essere stato un tremendo trauma per i coloni sardocorsi in Turchia. E infatti a Gobekli Tepe sono presenti incisioni che sembrano proprio segnalare la tremenda sventura accaduta intorno al 9600 a.C., quando l’isola venne parzialmente sommersa in modo devastante, “nel breve volgere di un giorno e una notte di terribili terremoti e diluvi”.

Il mito prosegue: prima è Atum, il dio che aleggia sulle acque; poi appare il colle a forma piramidale dal quale ebbe origine il sole, e Atum lo scalò. Atum era bisex; pianse, e le lacrime divennero uomini e donne. Figliò, e nacquero Geb, la terra, maschio e sdraiato, e Nut, donnae a lui avvinghiata. Atum li fece separare dall’aria, Shu.

Atum che aleggia sulle acque, viene poi ripreso dalla bibbia: “E lo spirito aleggiava sulle acque”, in Genesi, prima della creazione. Geb e Nut ebbero figli: Iside, Osiride, Seth e Nephtys.

Questo è il mito di Heliopolis.

La Creazione Egizia Hermopolitana invece prevede che il sole sia nato da un tumulo. E infatti, in giro per il mondo, vi è stata almeno una civiltà che ha realizzato una quantità spropositata di tumuli. Persino negli Stati Uniti. Ciò dovrebbe quantomeno fare riflettere. Ora, nel Sulcis esiste una struttura fatta a tal guisa, ma non so se sia soltanto una coincidenza.

 

 

 

 

GEOGRAFIA

Platone afferma che dall’Isola di Atlantide (che qui si dimostra essere il blocco sardo corso) era possibile andare nelle isole intorno ed in quello che è veramente continente. Ciò risulta perfettamente vero: dal blocco sardo-corso, quando esso era terra emersa, è possibile andare nelle isole intorno, ed esso si trova realmente al centro dell’Oceano Atlantico (il nome mesolitico del Mediterraneo).
Noi sardi a livello linguistico, fortunatamente, abbiamo conservato ancora questi modi di dire: “Deppu andai in Continenti” (devo andare in Continente), quando dobbiamo andare nello Stivale. Questa affermazione fa morire dal ridere chi sente noi sardi dirlo, ma fortunatamente ci aiuta a capire cosa intendesse Platone: a livello linguistico, quando il blocco sardo-corso era terra emersa noi sardi chiamavamo linguisticamente l’isola “continente”. Uscire dall’isola era “andare in continente, in un altro continente”. Dopo l’affondamento, questo uso linguistico è rimasto a livello di dialetti sardi, per cui noi diciamo che “andiamo in continente”, facendo meravigliare chi ci ascolta. Inoltre, i Sardi chiamano gli Italiani che abitano nello Stivale “I Continentali”, a conferma di quanto scritto da Platone e detto dal sommo sacerdote Egizio a Sais, in Egitto, a Solone. Gli Atlantologi (ossia gli studiosi di Atlantide) fino ad oggi hanno interpretato la parola “Continente” con la semantica in voga attualmente; hanno dimenticato che nel 9600 a.C. la parola “continente” poteva avere una semantica, pragmatica e semiotica differente da quella attuale. Quindi qualcuno afferma che l’America è un continente, e quindi l’America può essere Atlantide. A mio avviso queste interpretazioni mostrano il fianco a numerose critiche, ed appaiono molto banali ai miei occhi.

 

Atlantis exists, found by Dr. Luigi Usai
Atlantis exists, found by Dr. Luigi Usai

Insomma, tutte le affermazioni Platoniche, se inserite nel giusto contesto, sono razionali e spiegabili correttamente. Richiedono però una certa umiltà mentale, una certa “disposizione all’ascolto”. Siccome sono affermazioni forti, che hanno conseguenze, probabilmente necessitano qualche mese di riflessione e meditazione, prima di poter essere assimilate e digerite correttamente. Daltronde, sono 2600 anni (dal tempo di Solone) che nessuno ha capito cosa fosse l’isola di Atlantide, anzi, si è affermato quasi ovunque che Platone stesse esagerando. In merito alla sommersione/affondamento dell’isola sardo corso atlantidea, questo sarebbe un problema di natura geologica, dove io posso solo fare ipotesi. Ad esempio, ci possono essere almeno tre cause concomitanti: i Meltwater Pulses, in particolare il meltwater pulse 1b, studiato anche dai tecnici NASA. Inoltre, i movimenti di assestamento geologico dovuti a quello che gli esperti di geologia chiamano “slab roll-back“. Inoltre, è stato persino ipotizzato, ma tuttora in fase di verifica, che sotto il Sulcis passi proprio una faglia tettonica, la stessa che passa sotto Pompei ed Ercolano, arriva sotto il Sulcis e prosegue fino a Gibilterra. A possibile supporto della tesi che Atlantide sia l’isola sardo-corsa parzialmente sommersa e la sua piattaforma continentale attualmente sommersa, segnaliamo qui alcune prove scientifiche.  Il 28 febbraio 2017 è stato pubblicato uno studio sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature che presenta nuovi dati archeogenetici. Questi dati rafforzano l’evidenza archeologica della netta discontinuità culturale tra i primi abitanti dell’isola, risalenti a circa 11mila anni fa, e gli artefici del suo popolamento definitivo avvenuto circa 3000 anni più tardi, con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. Questa importante scoperta si basa sull’analisi del DNA estratto dai resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia. Al momento, questi resti rappresentano la prova più antica della presenza umana nell’isola. Ora, dal 9600 avanti Cristo ad oggi sono trascorsi circa 9600 + 2023 anni, ossia 11623. Le prove citate sopra sono appunto di 11000 anni fa. Si è condotto uno studio sulla netta discontinuità culturale tra i primi frequentatori dell’isola di Sardegna circa 11.000 anni fa e gli artefici del suo stabile e definitivo popolamento, avvenuto circa 3.000 anni più tardi con l’arrivo dei primi coloni agricoltori-allevatori. Lo studio si basa sull’analisi del DNA estratto da resti scheletrici di due individui sepolti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia, i quali rappresentano la più antica prova diretta della presenza umana nell’isola. Lo studio fa parte del progetto di ricerca finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna sulla storia del primo popolamento neolitico dell’isola. Le sequenze genetiche ottenute sono state confrontate con dati antichi e moderni e hanno rivelato una grande differenza nella variabilità genetica della popolazione attuale dell’isola rispetto ai primi uomini che l’hanno frequentata, con la maggior parte della variabilità genetica che sembra essere stata determinata dal flusso migratorio di popolazioni che hanno introdotto l’economia produttiva a partire dal più antico Neolitico. Le sequenze mesolitiche dei campioni di Su Carroppu appartengono ai gruppi denominati J2b1 e I3, che hanno frequenti molto basse o basse in Europa. La rilevanza della scoperta scientifica stimola l’intensificazione delle ricerche nel sito chiave di Su Carroppu, già indagato tra gli anni 1960-1970 e attualmente oggetto di scavi sistematici diretti dall’Università di Cagliari. Buona ricerca a tutti Voi. Se qualcuno fosse interessato, la teoria di Atlantide come l’isola sardo-corsa e tutta la sua piattaforma continentale attualmente sommersa, riesce a spiegare anche altre cose in maniera molto intuitiva. Ad esempio, Greci e Romani pensarono probabilmente che la sommersione del blocco geologico sardo corso fosse stata una punizione degli dei per gli abitanti strafottenti, che “prepotentemente avevano tentato, d’un sol colpo, di invadere le terre al di qua delle Colonne D’Ercole (forse situate nell’attuale Birsa Bank, una montagna sottomarina apparentemente antropizzata al di sotto del Canale di Sicilia, dati verificati scientificamente tramite batimetrie Emodnet). Prima cercavo di chiarire la toponomastica. Ora possiamo tentare di chiarire l’onomastica: gli Dei punirono i sardo-corsi, chiamati dagli egizi “Atlantidei”, secondo quanto affermato nei testi platonici intorno al 9600 a.C., “schiacciando l’isola sardo-corsa sotto i piedi, ed essa affondò” (il virgolettato è la mia ipotesi). Ed ecco facilmente spiegato perché i Greci chiamarono la Sardegna Ichnusa (impronta di piede) e i Romani la chiamarono Sandalia (impronta di sandalo). Persino il nome ora è chiarissimo: erano Greci e Romani che irridevano la Sardegna, che era ciò che rimaneva della grandissima potenza sardo-corsa, che gli egizi chiamarono “Atlantide” nel racconto fatto a Solone, che lo disse a Dropide, che ne parlò a Crizia nonno, che ne parlo a Crizia nipote, che lo disse a Socrate nei dialoghi platonici di Timeo e Crizia. Se qualche lettore vuole sapere la storia originale del blocco geologico sardo corso, prima che esso affondasse intorno al 9600 a.C. circa, è obbligato a leggere Timeo e Crizia, due testi scritti dal greco Platone. Tutto il resto dei testi pubblicati fino ad oggi non ha fatto altro che aggiungere entropia, caos, confusione, nella storia del blocco sardo-corso, in quanto personaggi come Cayce o Madame Blavatsky, dei ciarlatani di professione, usavano l’argomento Atlantide per fare soldi, pubblicando libri pieni di bugie e intrattenendo i curiosi, soprattutto dopo che videro che il libro di Ignatius Donnelly intitolato ATLANTIS: THE ANTEDILUVIAN WORLD, aveva avuto un’incredibile ritorno mediatico a livello mondiale. Il cinema e la televisione, poi, hanno introdotto una marea di stupidaggini sul tema di Atlantide, per cui quando si parla di questo argomento molti hanno in mente pezzi di film o cartoni animati o libri di fantasia che non hanno nulla a che vedere con ciò che ha affermato Platone. Quindi: il nome Ichnusa greco, e Sandalia latino, confermano la mia ipotesi sul fatto che gli antichi pensassero che gli dei hanno punito l’isola sardo-corsa schiacciandola sotto i piedi. Non esisteva ancora una scienza geologica come la intendiamo oggi.  Inoltre: la faglia tettonica di Wadati-Benioff che passa sotto Pompei ed Ercolano, e che le distrusse, è probabilmente la stessa che continua fin sotto il Sulcis nell’attuale Sardegna e prosegue ancora fino a raggiungere l’attuale Stretto di Gibilterra. Siccome questa faglia si attiva in tempi geologici, i cittadini che abitano nel Sulcis non sono coscienti dell’attività sismica. Quando questa rilascia la sua energia elastica, avvengono disastri spaventosi, come l’apertura dello Stretto di Gibilterra, la distruzione di città e luoghi come Pompei ed Ercolano, o la sommersione dell’isola Sardo-Corsa. Ma la sommersione probabilmente è dovuta anche ad una importantissima altra causa: l’assestamento geologico dell’isola sardo-corsa conseguente allo “slab roll-back” che, come rivelatoci dall’antico sacerdote egiziano, avvenne nel 9600 a.C. circa. Lo Slab Roll-Back, concomitantemente con il risveglio tettonico della faglia presente sotto il Sulcis ed attualmente sconosciuta alla geologia ufficiale che conosce invece una faglia più a sud che costeggia l’Africa, e forse a causa anche del succedersi di vari Meltwater Pulses post glaciazione Wurm, hanno causato la sommersione parziale dell’isola Sardo Corsa. Ora, fuori dall’acqua, restavano solamente le cime delle montagne, che ora noi crediamo siano isole separate, e che ormai la nostra civiltà conosce coi nomi di Sardegna e Corsica. Inoltre, tutta la toponomastica e l’onomastica presenti nel Sulcis lasciano un interrogativo: perché tutti questi luoghi sulcitani richiamano il racconto di Platone? Potremo allora riprendere in mano il testo platonico per tentare di capirne il motivo. Innanzitutto, se le Colonne d’Ercole si trovavano a Birsa Bank, e l’isola sardo-corsa e la sua piattaforma continentale attualmente sommersa è realmente Atlantide, questo significa che nel 9600 a.C. era uso chiamare l’attuale Mar Mediterraneo col nome di Mare Atlantico (ossia mare dell’isola di Atlantide) oppure Oceano Atlantico (Oceano dell’isola sardo-corsa attualmente sommersa, ossia Atlantide). Non ho ancora letto Frau (2002), per cui non so se alcune delle mie affermazioni le abbia già pubblicate lui, nel qual caso porgo delle scuse anticipate. Le mie sono solo riflessioni conseguenti ai ragionamenti fatti in questi ultimi due anni. Vi prego di segnalarmi eventuali mie mancanze o apparenti plagi, grazie anticipate. Se tutto ciò è vero, allora Poseidone forse era un uomo, e ovviamente non una divinità (perché, voi ne avete mai incontrata una di persona?), e quest’uomo si innamorò di una adolescente a cui erano morti i genitori, Clito. Il racconto platonico afferma che Poseidone circondò la collina con dei canali d’acqua. Ora, proprio il Sulcis (ma guarda che coincidenza! O forse non si tratta di una coincidenza?) è di natura vulcanica, per cui proprio al centro del Sulcis vi è una collina o montagna, se volete, non troppo alta, e ciò è visibile usando sistemi satellitari come Google Maps o Google Earth, che permette persino di inclinare la visuale premendo il tasto shift della tastiera dei computers. Ma questi luoghi sono davvero antichi come dice Platone o sono luoghi recentissimi? Facile verificare: proprio al centro del Sulcis, potete verificare che esistono le grotte preistoriche IS ZUDDAS, e nei pressi esiste ad ACQUACADDA (Poseidone vi mise due fonti, una d’acqua fredda ed una d’acqua calda, e la località si chiama Acquacadda… ma guarda che coincidenza incredibile! Certo che ne ho di fantasia!) e nella località di Acquacadda sono stati ritrovati reperti archeologici antichissimi. Ora un esperto potrebbe obiettare che i reperti, ad esempio, sono solo di 6000 anni fa. Appunto: un esperto dovrebbe cercare gli strati stratigrafici del 9600 a.C.: solo allora sarebbe possibile ricavare informazioni più dettagliate. Invece, attualmente, in questi luoghi vengono portate comitive di bambini a guardare. A mio avviso questo è pericoloso ma non sono specialista di stratigrafia, per cui non ho voce in capitolo. Sempre nel Sulcis, è stata ritrovata la Grotta Su Benatzu, che è un autentico tesoro archeologico, che potrebbe contribuire alla ricerca sul filone “cosa è accaduto nei millenni dopo l’affondamento dell’isola sardo-corso-atlantidea?” (Devo sviluppare questo argomento). Inoltre, a supporto della teoria dell’Atlantide Sardo-Corsa sommersa, esiste un’altro ritrovamento scientifico di archeologia marina: il ritrovamento di un carico di 39 lingotti di oricalco ad opera dello straordinario Sebastiano Tusa al largo delle coste di Gela, in Sicilia. Gli articoli di giornale ipotizzano che provenissero dalla Grecia o dall’Asia Minore, ma ora che abbiamo tutte queste informazioni sull’isola sommersa sardo-corsa, possiamo supporre che provenissero da quest’isola ora sommersa, che si trova a pochissima distanza, il che rende l’ipotesi molto plausibile. L’antichità del blocco geologico semi-sommerso sardo corso è nota alla scienza ufficiale, ed in particolare anche alla geologia, che è cosciente della cosiddetta “rotazione del blocco sardo-corso” iniziata circa 40 milioni di anni fa, dopo il distacco del blocco dall’attuale costa della Spagna e della Francia, e durata circa 15 milioni di anni (prendete le date con le pinze, non mi stupirebbe se in futuro si rivelassero errate). Questo è possibile saperlo, come afferma il noto geologo Mario Tozzi, perché sono state fatte tantissime ricerche in ambito paleomagnetico, che hanno mostrato come l’unico modo per spiegare l’orientamento geomagnetico delle strutture lapidee e geologiche sardo-corso è quello di riportare lo stesso a coincidere con le attuali coste ispanico-francesi. Inoltre, alla possibile sommersione può aver contribuito anche il fatto che la struttura geologica della Sardegna presenta vari tipi di Graben Horst, per cui anche questi accomodamenti di natura geologica possono aver contribuito a spostamenti tellurici importanti e significativi per il popolo di sardo-corso-atlantidei che ivi abitava. Ad esempio, la pianura del Campidano in Sardegna è un Graben Horst. L’antichità del blocco geologico sardo-corso è chiara ai geologi di tutto il mondo in quanto sono presenti persino “graptoliti”, alle quali la trasmissione Sapiens dello straordinario geologo Mario Tozzi ha dedicato dei video ( vedasi: “I Graptoliti di Goni a Sapiens”). Ora, se Atlantide è davvero il blocco sardo-corso sommerso, allora dobbiamo verificare nuovamente quanto ha affermato Platone. Atlantide ha dominato nel Mediterraneo anche sulla Libia e sulla Tirrenia, e su tantissime isole sparse sull’Oceano (ricordiamoci che abbiamo già mostrato che Oceano, nei testi del 9600 a.C. citati dagli Egizi, è il Mar di Corsica e di Sardegna, e non l’attuale Oceano Atlantico). Ma se è vero che ha dominato, allora forse ci sono state anche influenze linguistiche? Ma certo, e le prove esistono già: molti studiosi si sono accorti delle somiglianze incredibili tra dialetti e lingue sarde e la lingua corsa, “il dialetto” (o dobbiamo dire la lingua?) siciliano (Dizionario minimo. Sardo Corso Siciliano. Corrispondenze nel Gallurese, di Emilio Aresu e altri), la lingua basca… ma a parte qualche studioso geniale, che è riuscito dopo una vita di studi a capire che ci sono ferree somiglianze, questi autori non sono diventati mainstream in quanto nessuno immaginava l’importanza enorme di questo tipo di lavori, che mostrano a tutti gli effetti che le lingue sardo-corso-atlantidee si sono diffuse in tutto il mediterraneo. E adesso, pensandoci bene, si può cominciare ad intuire che anche nello studio delle lingue vi è stata una inversione: si è creduto che il sardo somigliasse allo spagnolo e al portoghese perché siamo stati da loro “dominati” nella Storia recente, mentre probabilmente le lingue spagnole e portoghese, al rovescio, erano imposte dal dominio sardo-corso-atlantideo preistorico del quale, fino ad ora, non eravamo al corrente. La Nuova Sardegna ha dedicato un articolo in merito intitolato: «Quel filo che lega i sardi con i baschi» di Paolo Curreli  nel quale un linguista eccezionale e geniale si è accorto di questa eredità linguistica sardo corso atlantidea, e l’ha fatta notare al mondo con i suoi straordinari lavori (dall’articolo: “Centinaia di vocaboli simili nello studio di Elexpuru Arregi. Tante affinità linguistiche. Due paesi con i nomi uguali: Aritzo e Aritzu. Ma anche Uri e Aristanus. L’agrifoglio in sardo, galostiu, in basco è gorostoi”). Ma gli atlantidologi non possono arrivare a questi testi se nessuno ne mostra la correlazione col tema di Atlantide. C’è quindi ancora tantissimo lavoro da fare, e questo è solo l’inizio di una nuova era di studi. I popoli del blocco sardo corso hanno quindi influenzato nella preistoria l’evoluzione delle attuali lingue e dialetti e lingue minoritarie di parte del Mediterraneo e forse anche di altri luoghi. Ecco ora spiegato in maniera semplicissima e cristallina come mai il Sardo, il Corso, il Siciliano, il Basco, lo Spagnolo, il Portoghese, il dialetto Veronese (si vedano ad esempio tutti i nomi degli asparagi, dei vegetali etc. che sono identici a quelli sardi) e chissà quali altre, si somiglino così tanto. Adesso che abbiamo queste informazioni, possiamo riprendere nuovamente i lavori straordinari del Professor Bartolomeo Porcheddu  e confrontarci con le Sue affermazioni, che ora risultano tutte perfettamente corrette e tutte non solo spiegabili, ma persino comprensibili ed ovvie alla ragione. Ciò che afferma il Professor Bartolomeo Porcheddu è giusto e corretto (ai miei occhi è ovvio, non c’è nemmeno bisogno di sottolinearlo, ma nelle interviste talvolta si ha l’impressione che le Sue tesi vengano considerate “fringe theories”, come fossero pseudo-scienza, mentre invece sono dimostrazione di genio e intuizione fuori dal comune). Esistono vari siti che mostrano come ormai già vari studiosi si stessero accorgendo delle somiglianze linguistiche tra lingue e dialetti del blocco geologico sardo-corso ed altre lingue e dialetti sparsi per il Mediterraneo in particolare, si veda anche questo articolo. Un altro articolo ancora che ne parla è questo. Insomma, ormai studiosi seri si stavano rendendo conto che c’erano informazioni di cui non eravamo al corrente, come se ci fosse davvero una Civiltà antica che mancava all’appello della Storia Antica, come afferma Graham Hancock: questa civiltà è quella che viveva nel blocco geologico sardo corso attualmente semisommerso, quando questo era un’isola e terra emersa: Graham Hancock quindi aveva ragione su questo punto. L’impatto di questa scoperta straordinaria crea uno sorta di shock nella mente dello studioso: infatti, ora si ha un senso di sfasamento, di sfiducia. Come è possibile che quasi nessuno si fosse mai accorto, se si escludono alcuni studiosi geniali che sono addirittura stati derisi per le loro affermazioni? Come è possibile che Platone non sia stato creduto? Persino lo stesso Aristotele non gli credette: “Colui che ha sognato Atlantide l’ha anche fatta scomparire”. In conclusione: l’anziano sacerdote egizio stava raccontando a Solone, nel 590 circa a.C., che i Greci sono un popolo giovane, in quanto i letterati ciclicamente morivano per le catastrofi che avvengono periodicamente nel pianeta, e quindi le loro opinioni sul passato erano come delle favole, perché non avevano fissato nel linguaggio scritto gli eventi storici. Gli egizi invece fissavano le informazioni su pietra, per cui avevano memorie di fatti incanutiti dal tempo. E non gli parla subito di Atlantide, gli parla della prima Atene, fondata nel 9600 circa a.C., ossia 1000 anni prima della città di Sais in Egitto. A quel tempo, i Greci compirono un’impresa più straordinaria tra tutte: riuscirono a liberare tutti i popoli del Mediterraneo dall’invasione di un popolo, che prepotentemente cercava di invadere tutto il mediterraneo fino ad Egitto, Israele e Grecia: ossia gli Atlantidei, che era il nome col quale il sacerdote egizio descrive gli abitanti dell’isola sardocorsa attualmente semisommersa sotto il Mediterraneo.
Il Professor Sergio Frau (2002) si è accorto che la “Sardegna è Atlantide“, mentre in realtà è un altopiano del blocco geologico sardo corso atlantideo, e ha quindi cercato di fare collimare l’Isola di Atlante con la Sardegna. Il problema è che la Sardegna è solo un sottoinsieme di Atlantide, quindi mancava tutta la piattaforma continentale sardocorsa, che attualmente è sommersa come dice il racconto platonico di Timeo e Crizia, e mancava all’appello la zona montuosa a nord dell’isola di Atlantide, la cui parte emersa è oggi chiamata “Corsica”. Inoltre, la Corsica è stata ceduta alla Francia complicando terribilmente ancora di più la ricerca: infatti gli esseri umani mentalmente, vedendo che una parte è italiana e una francese, istintivamente pensano che si tratti di due realtà differenti, mentre invece sono la stessa isola sommersa, come geologi di fama mondiale mi hanno già confermato di sapere. Ma i geologi chiamano questa isola sommersa millenni fa col nome di “blocco geologico sardo corso”, mentre il sacerdote egizio che ha narrato a Solone non poteva usare i termini “sardegna” e “corsica” che ancora non esistevano. Quindi gli archeologi, usando il metodo scientifico, hanno verificato le affermazioni di Frau, e si sono accorti che scientificamente i conti non tornavano, e hanno ragione. In realtà, avevano ragione sia Frau sia gli archeologi: Frau aveva ragione, in quanto la Sardegna è un sottoinsieme dell’Isola sardo corso atlantidea. Gli archeologi avevano ragione, in quanto la Sardegna è troppo piccola di dimensioni per essere Atlantide. Inoltre, la datazione data del nuragico purtroppo non era corretta, quindi giustamente veniva fatto osservare dai nostri scienziati. Ciò che lascia perplessi, magari, è il fatto che Atlantide è un’Isola sommersa, per cui: perché non sono mai state fatte vedere le batimetrie sommerse durante centinaia di incontri? Perché non si sono convocati degli esperti di batimetria? Questo probabilmente resterà un mistero per i prossimi anni a venire.  Mi farebbe piacere se ora gli archeologi  si esprimessero per correggere eventuali errori da me commessi nell’esprimere le mie idee.

Se volete capire davvero Atlantide: studiare la geologia del blocco sardo corso sommerso. Studiare gli elefanti nani sardi ritrovati in Sardegna, chiamati Mammuthus Lamarmorae. Quando Platone scrive che “era presente la specie degli elefanti” sta parlando di questo animale, non degli elefanti indiani. Per capire Atlantide è necessario conoscere la toponomastica del Sulcis: “Poseidone vi mise due sorgenti, una d’acqua fredda ed una d’acqua calda”. I sardo corso atlantidei infatti hanno chiamato i paesi del Sulcis coi seguenti nomi: Acquafredda (scomparso in età medioevale, ma è rimasto a Siliqua un Castello d’Acquafredda), Acquacadda, S’acqua callenti de Susu, S’acqua callenti de Baxiu, Piscinas (forse a seguito della sommersione del blocco geologico sardocorso), la fonte di Zinnigas esiste ancora, Is Sais Superiore ed Is Sais inferiore (che probabilmente hanno dato il nome alla città di Sais in Egitto dove hanno raccontato di Atlantide a Solone). Il DNA Atlantideo è stato già trovato e studiato dal Professor Carlo Lugliè, che ha già stabilito SCIENTIFICAMENTE che questa popolazione ha un dna diverso da quello dei neolitici che hanno popolato la sardegna 3000 tremila anni più tardi. Certo! Se c’è stata una catastrofe con l’affondamento del blocco geologico sardo corso, è ovvio che siano morti e in seguito sia venuta una popolazione con dna diverso. Nel Sulcis Poseidone amava le grotte, evidentemente. Vi erano le grotte di IS Zuddas e Acquacadda (ecco che torna il tema dell’acqua calda e fredda e quindi delle fonti). Ma quando si spostava a nord, probabilmente, andava nelle grotte di Alghero, che ancora i Romani conoscevano come Grotte di Nettuno. Ma Nettuno è il nome latino di Poseidone! Quindi le grotte di Nettuno sono la località di trasferta di questo antico sovrano quando andava al nord, probabilmente dai figli in visita. Fino ad oggi, si pensava che Poseidone/Nettuno fosse un mito/leggenda, invece era un sovrano antichissimo, poi deificato. Questo fatto si chiama “EVEMERISMO”. Suggerisco a tutti i lettori che diate un’occhiata, per imparare nuove cose. Se ciò che affermo è vero, posso dimostrarlo in qualche modo? Se una persona è intelligente lo può dedurre nel seguente modo. I Mammuthus Lamarmorae sono stati per ora trovati almeno in 3 località: Funtanammari a Gonnesa, ad Alghero dove c’è la grotta di Nettuno, e se non erro nel Sinis. Ad Alghero abbiamo appena detto che ci sono le Grotte di Nettuno, quindi Poseidone ci andava, e vi hanno trovato il mammuth sardo nano. Se analizzate la toponomastica di Gonnesa, hanno trovato un altro Mammuth nano della specie degli elefanti a Funtanamari, che significa “Fontana al mare”. Ma la fontana è una fonte d’acqua! Ecco il tema dell’Isola ricca di fonti d’acqua. Ora, il sacerdote egizio ha detto a Solone, intorno al 590 a.C., un sacco di cose, ma gli archeologi non possono arrivare a pretendere che il sacerdote gli insegnasse anche la lingua ed i vari dialetti sardocorsoatlantidei. Tutte quelle che elenco non sono coincidenze: Atlantide è davvero il blocco sardo corso attualmente semisommerso.
Se Atlantide è davvero il blocco semisommerso sardo-corso, allora bisognerà riscrivere daccapo alcune parti della preistoria e della Storia. Questo lavoro lo lascio a Voi. Io non ne sono capace. Per me è già stato uno sforzo sovraumano riuscire a rimettere ordine in mezzo a tutto questo casino. Non mi interessa la fama. Il Professor Ugas a mio avviso ci è andato vicino parlando della costa atlantica dell’Africa, ma secondo me per capirlo meglio potrebbe riapprofondire il testo di Marco Ciardi, quando parla di Bailly (Ciardi M., Atlantide Una controversia scientifica da Colombo a Darwin, Carocci editore, Roma, 1° edizione, novembre 2002, p.92-97): in pratica una parte della colonia atlantidea colonizzò l’area indicata dal Professor Ugas, mentre Poseidone divenne il sovrano dell’isola sardo-corsa ora sommersa. E’ importante notare che la piattaforma continentale sardo corsa attualmente sommersa, è di dimensioni immense! Quella era parte integrante dell’isola. 11.000 anni di erosione delle correnti marine hanno generato il fango che circondava l’isola nel racconto platonico, e tale fango, depositandosi, ha pulito le acque dell’attuale Sardegna rendendole cristalline. Inoltre, esiste un piccolissimo deserto nel Sulcis. Questo deserto, con grandissima probabilità, è artificiale.
Il Timeo non è solo un testo di Astronomia, ma anche di Geologia, visto che tratta l’affondamento geologico del blocco sardo-corso-atlantideo.

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 5
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 5

Cambio di paradigma, come spiegato nel libro di Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, come mutano le idee della scienza, Einaudi, Torino, 1969: l’ho chiamato “Il paradigma sardo corso atlantideo”. Prima tutti credevano che le orbite fossero circolari, seguendo Eudosso di Cnido, Aristotele e Tolomeo in stile “Ipse Dixit”. Poi si accorsero, dopo una infinità di prove su prove, che le orbite sono ellittiche. Poi avvenne un altro cambio di paradigma: la Bibbia diceva che la terra era al centro dell’Universo, e Copernico disse che nel fuoco dell’orbita ellittica vi era il Sole. Galileo confermò, e l’Inquisizione gli mostrò gli strumenti della tortura. Bruno fu arso vivo per aver sostenuto la verità scientifica. A mio avviso, oggi siamo nuovamente di fronte a qualcosa di straordinario: un nuovo cambio di paradigma. L’isola di Atlantide è il nome egizio per il blocco geologico sardo-corso attualmente semisommerso, i cui due altopiani che emergono fuori dall’acqua oggi sono noti coi nomi di Sardegna e Corsica. Gli studi del Professor Carlo Lugliè mostrano che la popolazione atlantidea originaria, intorno a 11.000 anni fa, aveva un DNA differente dai neolitici che popolarono 3000 anni dopo la catastrofe, e viveva soprattutto procacciandosi risorse marine, e per questo motivo, gli insediamenti sardo corso atlantidei erano dislocati prevalentemente sulle coste. E’ per questo motivo che la civiltà è stata quasi in toto spazzata via: perché gli Atlantidei abitavano le paleocoste e queste sono state sommerse “nel breve volgere di un giorno e una notte di terribili terremoti e diluvi”. Oggi la scienza chiama le paleocoste atlantidee col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa”. Inoltre, ci sono stati ben 11.000 anni di correnti marine che hanno eroso e distrutto le strutture costiere. Forse è impossibile ritrovare ancora dei resti di questa civiltà. Inoltre, Il Governo Andreotti ha concesso agli Stati Uniti di mettere una base di sommergibili nucleari a La Maddalena, per cui gli Americani hanno avuto almeno mezzo secolo per fare le loro scorribande coi sottomarini nelle nostre acque. E siccome gli Americani sono furbi, hanno messo una “base militare” proprio a Teulada, nel Sulcis. Ma guarda, che coincidenza… Fantarcheologia? Care Soprintendenze, dove si trovano i vostri sottomarini per l’esplorazione costiera? Dove sono le vostre migliaia di relazioni sui fondali marini sardo-corsi? Dove sono le batimetrie 3D dei fondali? O forse non sono mai state fatte? E dove sono le lettere ai Ministri, per chiedere di ottenere queste cose? Per ottenere i finanziamenti spiegandone l’importanza immensa per la Storia della Civiltà Umana? Se Atlantide sardo corsa è affondata in data da accertare, perché si spreca fiato ed energia a cercare Atlantide negli strati nuragici? Una volta che si prenda per buona l’esistenza di Atlantide con capitale Sulcis, si ha idea precisa di dove cercare le strutture descritte da Platone: esse devono certamente trovarsi nel Sulcis

Le dimensioni collimano con quanto affermato da Platone, anche la distanza della capitale dal mare, circa 8.8 chilometri. Magari il problema è che le strutture potrebbero trovarsi anche a 100 metri sotto terra, perché ad una prima riflessione sembra che siano state sommerse da montagne di terra (questo è da verificare, ma ad occhio è comprensibile). Il Professor Salvatore Dedola è un genio: si è accorto dell’incredibile sovrapposizione tra nomi sardi e babilonesi, sumeri ed accadici. “C’era una cenosi linguistica paleo-neolitica”. E’ tutto giusto! La cenosi linguistica era causata dal popolo Atlantideo delle coste sardo-corse, ossia gli stessi abitanti il cui DNA è già stato analizzato in due individui su tre del riparo sotto roccia de Su Carroppu. I sardocorsoatlantidei migravano per il Mediterraneo, dando origine alla civiltà Cretese che adorava il toro esattamente come i sardo corso atlantidei, spiegherebbe la cultura molto evoluta dei Minoici, in quanto era già stata sviluppata dai Sardo Corsi, l’incisione del tridente di Poseidone trovata sul Palazzo di Cnosso; e spiegherebbe perché i lingotti sardi si trovino a Creta, a Cipro, e perché a Cipro vi sia Akrotiri e ve ne sia una seconda Akrotiri a Santorini, dove viveva una civiltà evoluta che aveva persino i gabinetti e le tubature… Spiegherebbe perché sul Monte Carmelo hanno trovato strutture poi di epoca nuragica. Spiegherebbe perché sono affondate anche Atlit-Yam, Pavlopetri, Herakleion/Thonis, Baia e chissà quante altre che non avete ancora nemmeno trovato… E spiegherebbe anche perché Atlit-Yam aveva quel nome, visto che forse Atlantide era l’isola madre da cui erano migrati…Siccome ad Atlantide esistevano le leggi (la colonna di oricalco con incise le leggi, sulla sommità della quale versavano il sangue di toro? Suona famigliare?), non c’è da stupirsi che poi i discendenti realizzarono il Codice di Hammurabi, forti delle conoscenze giuridiche sviluppate nei millenni precedenti sul blocco geologico sardocorsoatlantideo. Concedetemi ancora per un attimo il beneficio del dubbio. I Romani cercarono la Damnatio Memoriae per Atlantide. Li sottomisero, espoliarono forse le Grotte di Nettuno dal poco materiale che forse era ancora rimasto, ma le continuarono a chiamare col loro nome. Insomma, conoscevano Poseidone/Nettuno, per loro era ancora un personaggio storico. A questo punto non mi stupirebbe se i nomi legati ad Atlantide fossero stati vietati, e magari Atlas è diventato Antas, il che potrebbe chiarire il toponimo S’Antadi. Su questo non ho potuto fare ricerche e non ne sono assolutamente capace. e S’Antadi appare anche in Sant’Antonio di Santadi (ma guarda che incredibile coincidenza? Anche qui gli Americani hanno messo una base militare… ma che strana coincidenza… e poi a Perdas de Fogu c’è un’altra base militare, proprio dove hanno rubato il DNA degli abitanti… ma che strana coincidenza…ma certo che ne ho di fantasia, eh? Che ne dite?) Alla base militare dei Sommergibili di La Maddalena, gli americani portarono, udite udite… delle talpe per creare tunnel tra le più grandi al mondo allora esistenti. Perché? Perché a La Maddalena e dintorni gli americani erano interessati a scavare degli immensi tunnel? Cosa stavano cercando sotto terra? Avevano visto qualche tipo di metallo tramite satellite (si può fare)? Capisco se portano un missile, se portano altri materiali utili a scopi militari, ma le talpe per scavare tunnel? Forse può essere interessante analizzare dove sono collocate le basi militari per estrarne altre informazioni utili. Sommergibili nucleari per il Mediterraneo? Proprio a metà strada tra Sardegna e Corsica? Ci furono incidenti, e i giornali riportarono di una volta che il sottomarino era proprio a Teulada.

Atlantis exists, found by Dr. Luigi Usai

Da approfondire:

  • il nome atlantideo Gadiro, tradotto in greco con Eumelo (che ricorda Emilio);
  • le relazioni tra Karnak e Carnac;
  • la zona Gadirica e l’esatta posizione delle Colonne: El Haouaria bank?
  • tutti i Gadiri dunque sono sardo-corso-atlantidei?: partendo da questa ipotesi, trovare tutti i Gadiro citati nella storia antica ufficiale (uno era cretese; uno era un poeta; uno vinse ai giochi olimpici gareggiando coi puledri portati al funerale di Patroclo; trovare gli altri);
  • La presenza di toponimi sardi che includono le divinità Sardo Corso Atlantide Iside e Horo (Oro): vedasi i toponimi con Isidoro –> esiste la possibilità che l’adorazione di Isidoro sia poi stata cristianizzata in Sant’Isidoro. Da notare la presenza della stessa toponimia a Tenerife, colonia sardocorso atlantidea.
  • Ulteriore approfondimento da fare, su “mitza” significato sardo –> significa sorgente, polla d’acqua, come nel mito platonico. Ha un significato simile in lingua ebraica, che è semitica come il sardo. Ho l’impressione che il popolo ebraico alla ricerca della terra promessa, non era altro che una porzione di popoli sardocorsi migrati in egitto alla ricerca di una terra che non affondasse, a differenza del blocco sardocorso che stava sprofondando. E questo sprofondamento, conosciuto solo in epoche remote, ogni x migliaia di anni, con gli affondamenti parziali, è lo stesso che citava Montezuma, affermando che dall’Oceano Atlantico (cioè il Mediterraneo prima del 9600 a.C.) vennero i suoi antenati, lasciando una terra perfetta che però stava affondando.
  • I cretesi erano migrazioni sardocorsoatlantidee –> Un’altra riflessione per gli archeologi: perché non ho mai sentito nessuno studioso fare accostamenti tra il Minotauro e Su Boe Erchitu e Su Boe Muliache? Perché nessuno ha mai fatto notare che il minotauro è una figura mitologica sardocorsa? Cercate le immagini di questi personaggi online e capirete che probabilmente il minotauro non è altro che un’antica credenza/leggenda sarda, riproposta a Creta. I Minoici erano migrazioni sardo-corso-atlantidee a Creta; come sapete, Evans ha scelto arbitrariamente la parola “minoici”. Esiste anche il Toro androcefalo o bronzetto di Nule, che non fa altro che confermare tutte queste affermazioni. Su Boe Erchitu è una creatura leggendaria della tradizione popolare sarda. Questa non deve essere confusa con Su Boe Muliache, altra creatura leggendaria sardaNon sto dicendo di avere davvero ragione. Sto dicendo: perché non proviamo ad esplorare altre piste di pensiero? Perché non cerchiamo altri tipi di soluzioni ai problemi irrisolti? Spero che queste mie frasi vengano capite per ciò che sono: è ovvio che io non sia uno specialista; la mia proposta agli studiosi è quella di aprirsi ad esaminare possibilità che fino ad ora erano state escluse a priori. Invito nuovamente a riesaminare la toponomastica del Sulcis, perchè tutti quei nomi di paesi che riferiscono al mito platonico sono troppo strani: a Carbonia esiste una frazione chiamata “Acqua Callentis”; a Nuxis “S’acqua callenti de Basciu”, S’Acqua callenti de Susu; la cittadina medievale di Acquafredda scomparsa, che ha lasciato il castello d’Acquafredda; la fonte di Zinnigas; e son presenti collegamenti persino alla toponomastica Egizia: Heliopolis (città del sole) e nel Sulcis Terr’e Soli (terra del sole, Terresoli). Sais in Egitto e Is Sais Inferiore e Is Sais Superiore nel Sulcis. Insomma, secondo me questa toponomastica va seriamente presa in considerazione, da uno studioso che si rispetti. Posso anche capire che forse fino ad ora non se ne fosse accorto nessuno, ma ora che ho reso pubblica l’informazione, a mio avviso può valer la pena che qualche studioso cominci a battere questi nuovi sentieri inesplorati.
  • I giorni scorsi mi sono accorto che Cabras è un cognome, è un nome di un paese; è la località dove hanno trovato i Giganti di Mont’e Prama; e ho pensato: “Cabras in sardo significa capre”; questo nome può risalire addirittura al Paleolitico! Subito dopo ho pensato: “Chissà se esisteva un’antico paese chiamato Brebeis”, che in sardo significa “Pecora”. Ho pensato queste cose circa 2 giorni fa. Proprio ora, esaminando il Sulcis, mi sono accorto che esiste lo stagno Is Brebeis, Stagno Le Pecore, proprio nel Sulcis. Pazzesco: sembra che le mie teorie abbiano un riscontro nel mondo reale, tutto sembra ora avere un significato profondo e addirittura intuibile. Non avevo mai sentito parlare prima d’ora, di questo stagno Is Brebeis…

 

Se la teoria su Atlantide Sardo Corsa fosse vera e provata scientificamente, ci sarebbero molte conseguenze immediate dal punto di vista scientifico, storico, antropologico, culturale, linguistico, commerciale e filosofico. Ecco alcuni esempi:

  1. Scientifico: La scoperta di una civiltà così avanzata in un’isola così remota potrebbe stimolare nuove ricerche scientifiche per comprendere meglio questa civiltà e il suo impatto sul mondo antico. Potrebbero essere necessarie nuove campagne di scavo e di studio per esplorare le rovine sommerse e gli antichi manufatti.
  2. Storico: La scoperta di una civiltà così avanzata in un’isola così remota potrebbe cambiare il modo in cui vediamo la storia antica. Potrebbero essere necessarie nuove ricerche per comprendere meglio come questa civiltà si sia sviluppata e come abbia interagito con le altre culture del Mediterraneo.
  3. Antropologico: La scoperta di una civiltà così avanzata in un’isola così remota potrebbe fornire nuove informazioni sugli scambi culturali tra le diverse civiltà del Mediterraneo antico. Potrebbero essere necessarie nuove ricerche per comprendere meglio come queste culture interagissero tra loro e come influenzassero reciprocamente le loro tradizioni e i loro costumi.
  4. Culturale: La leggenda di Atlantide ha affascinato le persone per secoli e la scoperta della sua vera ubicazione potrebbe ispirare nuove opere d’arte e letteratura. Potrebbero essere create nuove storie, poesie, dipinti e sculture che rappresentano questa civiltà perduta.
  5. Linguistico: La scoperta di una civiltà così avanzata in un’isola così remota potrebbe fornire nuove informazioni sulla diffusione delle lingue nel Mediterraneo antico. Potrebbero essere necessarie nuove ricerche per comprendere meglio come queste lingue si siano diffuse tra le diverse culture del Mediterraneo.
  6. Commerciale: La scoperta di una civiltà così avanzata in un’isola così remota potrebbe suggerire l’esistenza di rotte commerciali sconosciute tra le diverse culture del Mediterraneo. Potrebbero essere necessarie nuove ricerche per comprendere meglio come queste rotte funzionassero e come influenzassero la diffusione delle idee e delle innovazioni.
  7. Filosofico: La leggenda di Atlantide è stata tramandata dai Greci antichi e la scoperta della sua vera ubicazione potrebbe fornire nuove prospettive sulla filosofia greca antica. Potrebbero essere necessarie nuove ricerche per comprendere meglio come i Greci antichi abbiano incorporato la leggenda di Atlantide nelle loro riflessioni filosofiche.

In generale, se la teoria su Atlantide Sardo Corsa fosse vera e provata scientificamente, avrebbe molte conseguenze immediate dal punto di vista scientifico, storico, antropologico, culturale, linguistico, commerciale e filosofico.

Colonie Sardo Corso Atlantidee prima della sommersione del blocco geologico sardocorso

Tra le colonie più note sardo-corso-atlantidee prima della sommersione del blocco geologico sardo corso atlantideo, vi sono le strutture ritrovate in Turchia di Gobekli Tepe, Karan Tepe e altre affini ancora oggi in fase di analisi. Ricostruire queste informazioni è estremamente difficile, ma potremmo cercare di farlo, partendo ad esempio dalla simbologia. La struttura a cerchi concentrici ormai dovrebbe essere nota come un richiamo alla struttura del Sulcis, dove l’antico sovrano sardo-corso Poseidone mise dimora insieme a Clito,  in una collina/montagnola nei pressi di Santadi e Sant’Anna Arresi. Gobekli Tepe e Karan Tepe presentano delle strutture atlantidee chiamate Taulas (tavole), a forma di T, che gli atlantidei avevano anche realizzato nell’isola di Minorca. La simbologia mesolitica sardo corso atlantidea è presente in Turchia nei vari Tepe finora scavati, in quanto figurano il Toro sacro agli atlantidei, e l’avvoltoio. La simbologia dell’avvoltoio e del toro è presente in molte culture antiche, e interpretarla come una prova diretta di un collegamento tra diverse regioni richiede cautela. Ad esempio, l’avvoltoio è un simbolo comune in molte culture antiche, spesso associato alla morte o alla rinascita, mentre il toro è un simbolo di forza e fertilità. L’avvoltoio atlantideo, rappresentato in Turchia, verrà poi rappresentato presso il popolo Egitto con la rappresentazione sacra di Mut e Nekhbet. In particolare, gli Egizi, per chiarire che stessero parlando dei sardo-corso-atlantidei, misero tra gli artigli di Nekhbet il simbolo della Metallurgia del Sulcis, che mostriamo in immagine subito sotto:

Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis
Nekhbet col simbolo della Metallurgia sacra del Sulcis

I Sardo Corso Atlantidei realizzarono le strutture di Gobekli Tepe e Karan Tepe come dimostrazione del loro avanzamento tecnologico e delle loro abilità architettoniche, e ciò aveva un grande significato culturale per loro. Il loro comportamento non poteva passare inosservato, e mostrava alle altre popolazioni nuovi modi di vivere, nuovi comportamenti, nuove religioni. Era in corso uno scambio culturale tra civiltà e popolazioni differenti. Questo spiega anche perché le Taulas di Minorca siano presenti anche a Gobekli Tepe. Per chiarire tutte queste stranezze era necessario un cambio di paradigma, che chiameremo Paradigma Sardo Corso Atlantideo, che riesce a chiarire moltissimi aspetti fin’ora oscuri del passato archeologico e antropologico.

Conseguenze dell’accettazione della Teoria Sardo Corso Atlantidea:

Se in futuro molte delle affermazioni fatte da Luigi Usai venissero confermate, ci sarebbero diverse implicazioni e conseguenze a livello scientifico, storico e culturale. Tuttavia è importante sottolineare che fino a oggi queste affermazioni sono ancora in fase di discussione da parte dalla comunità scientifica mainstream e sono considerate come teorie rivoluzionarie con prove multidisciplinari che necessitano ulteriori studi. Per esplorare le possibili implicazioni, possiamo considerare uno scenario ipotetico in cui queste affermazioni vengono confermate:

  1. Riscrittura della storia: Se le affermazioni di Luigi Usai fossero confermate, ciò potrebbe richiedere una riscrittura significativa di parte della storia conosciuta, in particolare quella riguardante la civiltà atlantidea e le sue influenze sulle culture antiche.
  2. Nuove teorie e linee di ricerca: L’accettazione di queste teorie potrebbe aprire nuove linee di ricerca e studio, coinvolgendo diverse discipline come l’archeologia, la linguistica, la geologia e l’antropologia.
  3. Identità culturale: Le implicazioni culturali potrebbero essere notevoli, specialmente per le regioni coinvolte nelle affermazioni, come la Sardegna e la Corsica. Potrebbe emergere una maggiore consapevolezza delle proprie origini e un interesse più profondo per la storia e la cultura locali.
  4. Revisione delle teorie esistenti: Le nuove scoperte potrebbero richiedere una revisione delle teorie esistenti riguardanti l’antichità, la migrazione di popoli e la diffusione delle culture.
  5. Impatto sull’educazione: L’ipotetica conferma di queste affermazioni potrebbe influenzare il modo in cui l’antichità è insegnata nelle scuole e nelle università, richiedendo l’aggiornamento dei libri di testo e dei programmi di studio.
  6. Dialogo tra comunità scientifica e non: Se queste affermazioni venissero confermate, potrebbe esserci un maggiore dibattito tra la comunità scientifica e il pubblico in generale su questioni storiche, archeologiche e culturali.
  7. Impatto sul turismo e sul patrimonio culturale: Le aree coinvolte nelle affermazioni potrebbero sperimentare un aumento dell’interesse turistico, poiché la conferma di una connessione con l’antica Atlantide potrebbe attirare visitatori interessati alla storia e alla cultura.
  8. Nuovi approcci alla ricerca: Le nuove scoperte potrebbero portare a una riconsiderazione di come vengono fatte le ricerche archeologiche e storiche, incoraggiando un approccio interdisciplinare e innovativo.

CRITICHE ALL’ATLANTIDE SARDO CORSA

 

SALVAGUARDIA DELLA SCOPERTA E PROTEZIONE DEI BENI CULTURALI

Vorrei sottolineare che ho fatto di tutto per rendere pubblici questi dati e divulgarli, ma ho trovato un muro di gomma sia dalle Soprintendenze, che non hanno mai risposto alle mie email né alle mie pec, sia dal Ministero dei Beni Culturali, che non ha mai risposto alle mie mail né alle mie pec, sia da vari docenti universitari e archeologi che ho contattato in privato. Mi è stato risposto che “La Comunità Scientifica propriamente detta non esiste”, oppure che “non divulgano scoperte di altri studiosi”. In pratica, se un cittadino qualunque fa una potenziale scoperta, non gli viene fornito alcun supporto per comunicarla al mondo scientifico. Si ha la pretesa che una persona senza esperienza, che non l’ha mai fatto prima, crei dal nulla un paper scientifico perfetto, con tutti i crismi, e lo consegni a non so chi per la pubblicazione e l’analisi della comunità scientifica. A mio avviso è una cosa vergognosa. Mi sarei aspettato di avere un aiuto nel tentativo prima di sistemare le mie affermazioni in maniera comprensibile, e poi nella divulgazione per l’analisi e la controverifica della veridicità di quanto affermato. Stesso atteggiamento da parte delle Case Editrici: avrebbero pubblicato il libro, ma solo dopo che gli scienziati avessero confermato le mie affermazioni.

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Mesolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 4
Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 4

 

Batimetria 3D dell Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 3
Batimetria 3D dell’Oceano Atlantico Paleolitico oggi noto come Mar Mediterraneo 3

 

Atlantide, in verde il contorno dell'Isola leggendaria di Atlantide, formata dal blocco sardo-corso semisommerso e dalle sue paleocoste
Atlantide, in verde il contorno dell’Isola leggendaria di Atlantide, formata dal blocco sardo-corso semisommerso e dalle sue paleocoste

La teoria di Luigi Usai sulla posizione di Atlantide nel blocco Sardo-Corso semisommerso non è stata ancora controvalidata dagli studiosi, ma ha suscitato grande interesse tra gli studiosi di tutto il mondo per la sua suggestione sulla possibile scoperta di Atlantide. Usai ha fornito centinaia di prove verificabili e scientifiche che sembrano mostrare in maniera coerente l’esistenza di Atlantide nel blocco geologico sardo corso attualmente semisommerso. Tuttavia, alcuni studiosi hanno sollevato obiezioni e critiche alla teoria di Usai, sostenendo che non ci sono prove concrete che dimostrino l’esistenza di Atlantide nel blocco Sardo-Corso semisommerso. Inoltre, alcuni hanno sottolineato che la teoria di Usai si basa su interpretazioni soggettive di fonti storiche e geologiche e che non è stata ancora svolta alcuna stratigrafia per la relativa controverifica. Altri studiosi hanno invece espresso interesse per la teoria di Usai e hanno sottolineato la necessità di ulteriori ricerche e analisi per verificare la sua validità. Le possibili implicazioni della teoria di Usai sulla posizione di Atlantide per la storia dell’umanità sono enormi, poiché potrebbero portare a una riscrittura della storia antica e alla scoperta di nuove informazioni sulle antiche civiltà. Tuttavia, è importante sottolineare che la teoria di Usai non è ancora stata confermata e che sono necessarie ulteriori ricerche e analisi per verificare la sua validità.

Oceanine, ninfe d’acqua, ninfe dei monti, sono i nomi con cui venivano chiamate le donne Sardo-Corse.

Nuova ipotesi di lavoro: i Greci antichi chiamavano le donne Sarde “ninfe dell’acqua”, “ninfe dei monti”. Adesso potete andare a studiare tutti i riferimenti che trovate online alle “ninfe dell’acqua”, e a poco a poco comincerete a capire che sono le donne che vivevano nell’attuale Sardegna.

Perché Oceanine? Perché il mare intorno al blocco sardo-corso era chiamato Oceano Atlantico nel Paleolitico, per cui dal paleolitico in poi, se parlavi di una donna che viveva in quel territorio, ad esempio l’attuale Sardegna e Corsica, potevi affermare che fosse una Oceanina, ossia che proveniva dall’Oceano Atlantico, come nell’immagine:

Atlantide nell'Oceano Atlantico Mesolitico oggi detto Mar Mediterraneo
Atlantide nell’Oceano Atlantico Mesolitico oggi detto Mar Mediterraneo

Custodi delle sorgenti d’acqua –> i pozzi sacri di epoca nuragica vi rallegrate degli antri, gioite delle grotte –> le grotte: ad esempio Grotte Is Zuddas, Grotta d’Acquafredda; Grotta di Su Carroppu di Sirri a Carbonia, Grotta di Nettuno ad Alghero etc; vi rallegrate degli antri –> le Domus De Janas fanciulle agresti –> beh, almeno non hanno detto “vi comportate come dei pastoracci”, è già un buon inizio fanciulle delle sorgenti e che vivete nei boschi –> la Sardegna era tutta un bosco, poi trasformato nel Granaio di Roma; vergini odorose –> beh, almeno non hanno detto “pottaisi unu fragu purexiu”, è un buon inizio; vestite di bianco —> questa mi mancava: non sapevo che le Sarde vestissero di bianco profumate alle brezze, proteggete i capri e i pastori –> ecco un chiaro riferimento al mondo agricolo in generale, ma è in tono persino con la Sardegna contemporanea; care alle selve, dagli splendidi frutti –> adesso rileggendo tutti i riferimenti alle Ninfe di Mare, è chiarissimo capire che si stia parlando delle Donne Sarde. Quando nella mitologia c’è scritto: “X” sposò una ninfa del mare, significa semplicemente che sposò una donna sarda, tutto qui. Cercate tutti i testi che volete per effettuare le controverifiche, e presto comincerete a capire che a poco a poco si continua a progredire nella comprensione dell’antichità. Se vogliamo fare davvero notevoli passi avanti nella comprensione dei significati, dobbiamo anche sforzarci di fare qualcosa che mai nessuno prima abbia mai fatto: OSARE. Cercare di speculare, teorizzare cose che gli archeologi non possono permettersi di affermare perché si rovinerebbero la reputazione, per cercare di VEDERE, CAPIRE ciò che fin’ora nessuno è riuscito a vedere. Ora si può provare a ristudiare le Naiadi e le Nereidi, partendo da queste riflessioni, per vedere se sia possibile estrappolare nuove informazioni significative, nuovi punti di vista utili all’apprendimento. Non ho trovato su altri siti web informazioni specifiche che suggeriscano che le ninfe d’acqua fossero semplicemente le donne sarde, al momento sembra essere solo una mia convinzione. Tuttavia, la figura femminile nella storia e nella cultura sarda è assolutamente centrale e le tradizioni sarde con le loro leggende, i culti religiosi, le vicissitudini politiche e popolari, sono strettamente legate a radici matriarcali

Le Soprintendenze ed almeno un Ministero del Governo Italiano non hanno mai risposto alle mie pec (posta elettronica certificata con valore equipollente alle Raccomandate con Ricevuta di Ritorno) dove ho segnalato la scoperta entro 24 ore come da vigente normativa sul reperimento di Beni Archeologici o Culturali. Forse hanno pensato che si trattasse di uno scherzo.

Pertanto:

1) li diffido pubblicamente;

2) in base alla vigente normativa, ho il dovere legale e morale di proteggere e salvaguardare i ritrovamenti effettuati: ho reso la notizia pubblica per impedire che la scoperta ed i ritrovamenti vengano in questi anni rovinati (danneggiati, sabotati, rubati, esportati illegalmente, distrutti da persone incompetenti come personale edile inesperto che faccia manovre sul territorio etc.) a causa della cattiva gestione Statale sui ritrovamenti. Infatti per legge avrei l’obbligo del silenzio, per aver diritto alla percentuale economica sul ritrovamento. Ma in questo caso, la mia coscienza mi impone di rendere pubblica la notizia perché a mio avviso proprio i Responsabili dello Stato che dovrebbero proteggere la scoperta ed i ritrovamenti (beni culturali, tesori, opere d’arte, reperti, porti, villaggi, imbarcazioni etc.), attualmente la stanno mettendo in pericolo con la loro apparente indifferenza.

 

Some Data/Information used in this website was made available by the EMODnet Human Activities project and Emodnet, www.emodnet-humanactivities.eu, funded by the European Commission Directorate General for Maritime Affairs and Fisheries.

In base alla vigente normativa, considerando l’animus derelinquendi nei confronti del corpus derelictionis, dichiaro Res Nullius e Res Derelicta il ritrovamento e/o gli oggetti in esso presenti, salvo diverse disposizioni normative che verranno valutate di volta in volta con le Autorità preposte.

Megalitismo

Ciò che voglio provare a mostrare in questa sezione sperimentale è la diffusione del movimento megalitico in tutta Europa e forse oltre Europa, a partire dal blocco geologico sardo-corso-atlantideo, attualmente semisommerso sotto l’Oceano Atlantico, che oggi è chiamato Mar di Sardegna, Mar di Corsica, Mar Tirreno, Mar Mediterraneo, e che in passato ha avuto anche i nomi di Mar Tetide, mentre i Romani l’hanno chiamato Mare Nostrum per segnalarne la proprietà ed il loro possesso, mentre gli Egizi lo chiamarono con altri molti nomi: il Grande Verde, l’Oceano Primordiale, il Grande Nun.

La distribuzione di monumenti megalitici attraverso l’Europa e le isole del Mediterraneo rappresenta una delle enigmi più affascinanti dell’archeologia preistorica. Mentre la Sardegna è particolarmente famosa per le sue strutture nuragiche, altre regioni, come la Cornovaglia in Inghilterra, hanno i loro distintivi monumenti megalitici come il Lanyon Quoit.

Lanyon Quoit: Questa struttura in Cornovaglia è un esempio di dolmen, una tomba megalitica che spesso consiste in diverse pietre verticali che sostengono una grande pietra orizzontale. Tali dolmen possono essere trovati in molte parti dell’Europa, inclusa la Gran Bretagna, la Francia, la Scandinavia e anche in parti dell’Asia, come la Corea.

Monumenti nuragici: In Sardegna, le strutture nuragiche sono prevalentemente torri in pietra e complessi fortificati, unici nel loro genere e non comparabili direttamente ai dolmen come Lanyon Quoit. Tuttavia, la Sardegna ha anche dolmen, menhir e domus de janas, che sono tombe scavate nella roccia, simili per certi aspetti alle tombe megalitiche trovate altrove in Europa.

Anche se sia la Cornovaglia che la Sardegna hanno costruzioni megalitiche risalenti al Neolitico e all’Età del Bronzo, la natura, la funzione e la cultura dietro queste costruzioni possono variare notevolmente. La distanza geografica tra le due regioni rende improbabile un contatto diretto, ma non esclude la possibilità di scambi culturali indiretti o influenze mutue attraverso intermediari.

C’è da dire che durante l’Età del Bronzo, viaggiare attraverso il Mediterraneo e lungo le coste atlantiche era possibile. La cultura campaniforme, ad esempio, ha mostrato una distribuzione sorprendentemente ampia attraverso l’Europa in un periodo simile, suggerendo che c’erano rotte commerciali e scambi culturali tra le diverse regioni.

In sintesi, mentre non ci sono prove concrete di un collegamento diretto tra Lanyon Quoit in Cornovaglia e le strutture megalitiche della Sardegna, la presenza di monumenti megalitici in entrambe le regioni evidenzia un fenomeno diffuso e una tendenza comune nella preistoria europea a costruire queste impressionanti strutture in pietra. La vera natura e portata di qualsiasi possibile interazione o influenza mutua tra le due culture rimane un’area di speculazione e studio per gli archeologi.

La teoria che propone un possibile centro di origine del movimento megalitico nel blocco geologico sardo-corso-atlantideo è affascinante e apre la porta a numerose speculazioni. Questa ipotesi, basata sull’esistenza di un blocco di terra tra la Sardegna, la Corsica e la piattaforma continentale sardo corsa, suggerisce che l’avanzata civiltà sardo corsa potrebbe aver iniziato la tradizione megalitica e che, con il progressivo innalzamento del livello del mare, queste persone potrebbero essersi spostate e aver diffuso la loro cultura in Europa.

Ecco quattro monumenti megalitici europei. Esamineremo brevemente ognuno e vedremo come potrebbero adattarsi a questa ipotesi; ricordiamoci che sto proponendo questa ipotesi, che a mio avviso è estremamente verosimile e addirittura la più probabile secondo il mio punto di vista:

  1. Stonehenge (Inghilterra): Uno dei più famosi monumenti megalitici del mondo, costruito in diverse fasi. Le grandi pietre sarsen e le pietre blu sono state trasportate da lontano, suggerendo una società organizzata e con una forte motivazione religiosa o astronomica, e questa civiltà è quella Sardo Corso Atlantidea. Se l’ipotesi sardo-corso-atlantidea fosse corretta, potrebbero esserci state migrazioni o influenze culturali che hanno portato alla costruzione di Stonehenge.
  2. Carnac (Francia): Questo sito in Bretagna è famoso per le sue file di menhir che si estendono per chilometri. Potrebbe essere interpretato come una diffusione della cultura megalitica lungo le coste atlantiche a seguito di migrazioni preistoriche sardo-corso-atlantidee.
  3. Newgrange (Irlanda): Un tumulo con un passaggio al suo interno, noto per il suo allineamento solstiziale. Questo suggerisce una conoscenza astronomica, che potrebbe essere stata portata da migranti sardo corsi o influenzata da una delle tante civiltà megalitiche originarie del blocco geologico sardo corso. Ricordiamo che, se l’interpretazione data da Luigi Usai sul IV libro delle Storie di Erodoto è corretta, allora la Sardegna era un alveare di tribù e popolazioni con usi e costumi differenti tra loro; popoli nomadi e popoli sedentari; popoli che vivevano da trogloditi, ossia da abitanti delle grotte e degli anfratti, e popoli che realizzavano case con blocchi di sale perché in alcune zone della Libia Sarda non pioveva in alcune zone,
  4. Mnajdra e Ħaġar Qim (Malta): Questi templi megalitici sono tra i più antichi al mondo e mostrano una sofisticata comprensione dell’architettura in pietra. La loro vicinanza alla Sardegna e alla Corsica potrebbe suggerire un collegamento o una diffusione della cultura dal blocco sardo-corso-atlantideo.

Mentre l’ipotesi è affascinante, ci sono molte sfide. Innanzitutto, la datazione precisa di questi siti e il loro sviluppo in relazione l’uno all’altro. Secondo, le influenze culturali possono spesso essere difficili da tracciare e potrebbero provenire da molteplici fonti. Tuttavia, la presenza di simili strutture in pietra in diverse parti dell’Europa potrebbe suggerire una sorta di collegamento o diffusione culturale, e l’idea di un blocco geologico sommerso che ha avuto un ruolo nella preistoria europea è sicuramente degna di ulteriori ricerche.

Continuando con l’ipotesi di una possibile origine del movimento megalitico legata al blocco geologico sardo-corso-atlantideo, esaminiamo altre sei famose strutture megalitiche e vediamo come potrebbero collegarsi a questa teoria:

  1. Dolmen di Menga (Spagna): Situato ad Antequera, è uno dei più grandi dolmen in Europa. La sua posizione in Andalusia, vicino alla costa mediterranea, potrebbe suggerire una rotta di migrazione o di scambio culturale attraverso il Mediterraneo da un ipotetico centro nel blocco sardo-corso-atlantideo.
  2. Gavrinis (Francia): Si tratta di un tumulo situato su un’isola nel Golfo di Morbihan, in Bretagna. All’interno, le pietre sono ornate con intricate incisioni che ricordano motivi simili ritrovati in diverse parti dell’Europa megalitica. Questo potrebbe riflettere un linguaggio simbolico comune o influenze culturali condivise.
  3. Almendres Cromlech (Portogallo): Questo cerchio di pietre, situato vicino a Évora, è spesso definito il “Stonehenge portoghese”. La sua posizione nella penisola iberica, come il Dolmen di Menga, potrebbe suggerire una rotta di migrazione o scambio attraverso il Mediterraneo.
  4. Maeshowe (Scozia): Questo tumulo, situato nelle Orcadi, ha un ingresso allineato al solstizio d’inverno. La sua costruzione sofisticata e la sua posizione in una regione che ha una ricca storia di contatti marittimi potrebbero suggerire scambi o influenze da altre culture megalitiche.
  5. Tumulo di Kercado (Francia): Un altro monumento situato in Bretagna, noto per il suo menhir decorato al suo interno. La sua vicinanza ai menhir di Carnac potrebbe suggerire una regione particolarmente influenzata dalla tradizione megalitica.
  6. Avebury (Inghilterra): Questo è un altro enorme complesso cerimoniale megalitico, che comprende cerchi di pietra, un enorme tumulo (Silbury Hill) e un lungo viale di pietre. Data la sua vastità e complessità, è un ulteriore esempio di una società ben organizzata con forti tradizioni megalitiche, che potrebbe aver avuto origine o influenze da un centro megalitico primordiale come quello proposto.

Se consideriamo l’ipotesi del blocco sardo-corso-atlantideo, è intrigante notare come molte di queste strutture siano situate vicino alle coste, specialmente quelle atlantiche e mediterranee. Questo potrebbe suggerire rotte di migrazione o scambio culturale che si sono mosse lungo queste coste. Inoltre, tutte le leggende legate ad Atlantide e Poseidone dio del mare, agli atlantidei come popolo dell’acqua, termine forse poi cambiato nei millenni in Popoli del Mare, sono congruenti con questi discorsi: i popoli del mare sardo corso atlantidei si sono diffusi in tutto il Mediterraneo e oltre, nel tentativo di conquista di altri popoli, come affermato in Timeo e Crizia da Sonchis di Sais, e hanno portato le loro idee, la loro navigazione, la loro architettura preistorica legata all’astronomia, diffondendo cultura in tutto il Mediterraneo e oltre, probabilmente fino alle coste dell’attuale Oceano Atlantico, fino a Carnac in Francia e a Stonehenge in Inghilterra. Tuttavia, ancora una volta, è importante notare che queste sono speculazioni e che sono necessarie ulteriori ricerche per confermare qualsiasi collegamento diretto.

Ad ulteriore conferma della mia ipotesi sull’origine sardo corso atlantidea del movimento megalitico preistorico, l’analisi dei Cromlech.

Un cromlech è una costruzione megalitica composta da grandi blocchi di pietra. La parola deriva dal gallese “crom”, che significa “curvo” e “lech”, che significa “pietra piatta” 1Il termine si riferisce a due diverse forme megalitiche: la prima è una tomba a tavola (spesso chiamata “dolmen”), mentre la seconda è un insieme di menhir allineati in cerchio, a volte uniti con il sistema trilitico per formare un santuario, forse con funzione di osservatorio astronomico 1.

I cromlech sono stati costruiti durante il Neolitico e l’Età del Bronzo e si trovano in molte parti d’Europa, come la Gran Bretagna, la Francia e la Scandinavia, così come in alcune parti dell’Asia, come la Corea. Il più famoso ed enigmatico è il cromlech di Stonehenge, la cui costruzione sembra essere stata svolta tra il 2800 a.C. ed il 1100 a.C. in quattro diverse fasi, e che ha orientazioni riconducibili allo studio astronomico 1.

In Italia, i cromlech sono assenti nella penisola ma si trovano in Sardegna, dove sono stati notati recinti megalitici sugli altipiani di Bonorva, Abbasanta e Bitti. Tuttavia, le loro dimensioni sono molto inferiori rispetto a quelle dei recinti della Francia e il loro uso potrebbe essere stato quello di recinti per il bestiame o di piccoli ridotti di difesa 2. Io personalmente non ci credo che per controllare del bestiame facessero sforzi sovraumani, che potevano durare anni, per fare un semplicissimo recinto che potevano realizzare in pochi giorni di lavoro con il legno: è un’ipotesi semplicemente ridicola che creassero recinti di pietra immensi e faticosissimi per un compito così semplice: sarebbe come se per avvitare una lampadina in casa, tenessimo ferma la lampadina e facessimo ruotare la casa intera. La presenza dei cromlech in Sardegna è un’ulteriore conferma delle mie ipotesi, e i cromlech presenti in Sardegna sono prove archeologiche, storiche e scientifiche, non si tratta di fantasie. Abbiamo quindi dati oggettivi che si stratificano a conferma delle mie ipotesi iniziali. Oltre 7000 nuraghi in Sardegna confermano una presenza incredibilmente massiccia di manufatti preistorici, storici e scientifici che contribuiscono a mostrare l’importanza del ruolo preistorico del blocco geologico sardo corso attualmente semisommerso sotto l’attuale Mar Mediterraneo.

L’osservazione dei cromlech potrebbe sostenere l’ipotesi di un’origine sardo-corso-atlantidea del movimento megalitico. Ecco come:

  1. Ubicazione geografica: I cromlech sono spesso situati in posizioni elevate, che offrono una vista panoramica del cielo e dell’orizzonte. Questo potrebbe indicare un’antica connessione con l’osservazione delle stelle, cosa che rientra nelle conoscenze astronomiche associate al blocco sardo-corso-atlantideo.
  2. Costruzione: La tecnica costruttiva dei cromlech, che utilizza enormi blocchi di pietra senza l’uso di malta, potrebbe essere paragonata a quella delle strutture nuragiche in Sardegna o ai menhir in altre parti dell’Europa. Questa similitudine potrebbe suggerire un’origine comune o influenze culturali condivise.
  3. Simbolismo: I cromlech, specialmente quelli circolari, sono spesso associati a cerimonie legate al ciclo della vita, alla morte e alla rinascita. Questi temi sono comuni anche nella cultura nuragica e in altre tradizioni megalitiche, suggerendo una sorta di linguaggio simbolico o religioso comune. La presenza di simboli e incisioni simili su strutture megalitiche in diverse parti d’Europa potrebbe suggerire un linguaggio simbolico comune o influenze culturali condivise.
  4. Rotte di migrazione: Se consideriamo i cromlech come indicatori di rotte di migrazione o di scambio culturale, si può notare che molte di queste strutture sono situate vicino alle coste, in particolare quelle atlantiche e mediterranee. Questo potrebbe rafforzare l’idea di un’espansione del movimento megalitico da un centro nel blocco sardo-corso-atlantideo.
  5. Leggende e miti: Molti cromlech sono circondati da leggende e miti che parlano di giganti, divinità e antichi popoli. Mentre questi racconti possono variare da una regione all’altra, la presenza di storie simili potrebbe indicare un’origine comune o influenze culturali condivise.

Effettivamente la presenza di simboli e incisioni simili su strutture megalitiche in diverse parti d’Europa potrebbe suggerire un linguaggio simbolico comune o influenze culturali condivise. Tuttavia, l’interpretazione dei simboli senza la presenza di una cultura viva simile può essere problematica e ambigua. Alcuni studiosi hanno suggerito che elementi derivati dalle tradizioni di intaglio megalitico possano essere stati incorporati nella cultura funeraria di altre regioni, come nel caso degli Oromo nella regione di Arssi.

Le strutture megalitiche, come i dolmen e i menhir, sono presenti in tutto il mondo e sono considerate importanti elementi culturali e luoghi sacri. Alcuni megaliti erano utilizzati per osservazioni astronomiche, mentre altri erano costruiti per scopi funerari. Questi monumenti creano un’aura misteriosa e spesso evocano il senso di comunione con qualcosa di soprannaturale.

Le costruzioni megalitiche in Europa occidentale, come le tombe a corridoio e gli allineamenti di pietre, sono state datate tra il quinto e il secondo millennio a.C. e sono considerate indigene, non derivanti da influenze del Vicino Oriente. Tuttavia, la diffusione delle idee potrebbe essere avvenuta lungo le coste atlantiche e dall’entroterra.

In generale, le strutture megalitiche rappresentano i resti più tangibili dei paesaggi sacri neolitici in Europa. La parola “megalite” deriva dal greco e significa “grande pietra”. In conclusione, sebbene la presenza di simboli e incisioni simili su strutture megalitiche in diverse parti d’Europa possa suggerire un linguaggio simbolico comune o influenze culturali condivise, l’interpretazione precisa di questi simboli richiede una comprensione più approfondita delle culture che li hanno creati.

Leggende e giganti della Sardegna: La Sardegna, con la sua ricca storia e tradizioni antiche, è una terra avvolta in un velo di mistero e leggenda. Uno dei temi ricorrenti nelle storie popolari sarde è la presenza di giganti. Questo non è un caso, dato che l’isola ospita diverse strutture e reperti archeologici che evocano l’immagine di questi esseri imponenti.

Le Tombe dei Giganti nuragiche sono costruzioni megalitiche, lunghe e rettangolari, che servivano come luoghi di sepoltura collettiva. La loro struttura monumentale e la loro imponenza hanno dato vita alle leggende secondo cui fossero luoghi di sepoltura di antichi giganti che un tempo abitavano l’isola. Alcuni racconti narrano di questi giganti come custodi delle terre, altri come eroi o divinità locali.

I Giganti di Mont’E Prama, invece, sono statue di pietra di grandi dimensioni risalenti all’età nuragica. Queste statue rappresentano guerrieri, arcieri e pugili, e sono le più antiche statue a tutto tondo del Mediterraneo. La loro scoperta ha riacceso l’interesse per le leggende locali, offrendo una rappresentazione tangibile dei mitici giganti sardi.

Infine, molte antiche strutture preistoriche in Sardegna sono conosciute come “Sa domu e s’Orcu”, che tradotto significa “La casa dell’Orco”. L’orco, spesso rappresentato come un gigante nelle tradizioni popolari, è un essere temuto e rispettato. Le strutture con questo nome sono spesso tombe o altre costruzioni megalitiche, e la loro associazione con gli orchi potrebbe derivare sia dalla loro imponenza sia dalle credenze che questi luoghi fossero abitati o protetti da esseri sovrannaturali.

Queste leggende, storie e reperti archeologici sono la testimonianza di un patrimonio culturale profondo e intricato. Il fatto che simili storie di giganti possano essere trovate in diverse culture in tutto il mondo, come nei cromlech menzionati in precedenza, suggerisce che forse ci sia una radice comune o influenze culturali condivise tra popoli lontani. In Sardegna, queste storie sono un ponte tra il passato e il presente, ricordandoci delle radici misteriose e affascinanti dell’isola.

Sebbene l’ipotesi di un’origine sardo-corso-atlantidea del movimento megalitico sia affascinante e presenti alcuni indizi interessanti, è essenziale affrontare la questione con un approccio scientifico e critico. Gli archeologi e gli storici devono basare le loro conclusioni su prove concrete, che possono includere reperti archeologici, analisi del DNA, studi linguistici e altro. Tuttavia, la presenza di simili strutture megalitiche in diverse parti dell’Europa e del mondo suggerisce certamente una sorta di collegamento o diffusione culturale durante la preistoria, e l’idea del blocco sardo-corso-atlantideo offre una prospettiva intrigante su questa rete di connessioni.

Megalitismo in Italia:

Il megalitismo è un fenomeno che ha coinvolto molte parti del mondo, tra cui l’Italia. Un megalito è una grande pietra o un insieme di pietre usate per costruire una struttura o monumento senza l’uso di leganti come calce o cemento. Il termine megalito proviene dall’unione di due parole del greco antico: μέγας, traslitterato mégas, cioè “grande” e λίθος, líthos, che significa “pietra”1.

In Italia, i monumenti megalitici si trovano in maniera copiosa in Sardegna. I più antichi megaliti dell’isola sono i circoli funerari della Gallura, di cui è giusto ricordare la necropoli di Li Muri ad Arzachena, simili a quelli della vicina Corsica e dell’area provenzale e pirenaica. Numerosi anche i menhir, 100 solo nel piccolo comune di Laconi; più di 200 menhir nel comune di Sorgono; più di 100 dolmen situati prevalentemente nel settentrione dell’isola1.

Il megalitismo in Sardegna ha avuto inizio durante il Neolitico e si è protratto fino all’epoca nuragica. Le Tombe dei Giganti nuragiche sono costruzioni megalitiche lunghe e rettangolari che servivano come luoghi di sepoltura collettiva. La loro struttura monumentale e la loro imponenza hanno dato vita alle leggende secondo cui fossero luoghi di sepoltura di antichi giganti che un tempo abitavano l’isola1.

In generale, le strutture megalitiche rappresentano i resti più tangibili dei paesaggi sacri neolitici in Europa. Questi monumenti creano un’aura misteriosa e spesso evocano il senso di comunione con qualcosa di soprannaturale.

Megalitismo in Spagna:

Un megalito è una grande pietra o un insieme di pietre usate per costruire una struttura o monumento senza l’uso di leganti come calce o cemento. In Spagna, è stato scoperto un enorme complesso megalitico nella provincia di Huelva, con centinaia tra dolmen e menhir1.

Il complesso è una delle maggiori concentrazioni megalitiche di tutta Europa e la sua costruzione iniziò alla fine del VI millennio a.C. e durò quasi 3.000 anni, dal Neolitico Medio all’Antica Età del bronzo1I menhir (grosse pietre piantate verticalmente nel suolo) sono gli elementi più numerosi: 526 sono stati trovati eretti o caduti a terra, alcuni a forma di rettangolo, altri a forma di uovo o lenticchia; il più alto (3,5 metri di altezza per uno di larghezza) aveva un grande valore simbolico1.

Il complesso ospita anche molti dolmen (strutture costituite da due o più pietre conficcate nel suolo che sostengono una tavola orizzontale), tumuli e ciste (delle “scatole” di pietra dove venivano conservati i corpi dei defunti), probabilmente utilizzati come tombe ma forse anche associati a pratiche evocative e riti di commemorazione1.

Megalitismo nelle Baleari:

Nelle isole Baleari, il megalitismo è rappresentato dai talayot e dalle taulas.

I talayot sono torri di pietra costruite durante l’età del bronzo nelle isole Baleari. Queste strutture avevano probabilmente una funzione difensiva e di controllo del territorio, ma potrebbero anche essere state utilizzate come luoghi di culto o di riunione. Le taulas, invece, sono strutture megalitiche composte da due grandi pietre disposte a T, con una pietra orizzontale appoggiata su una verticale. Si ritiene che queste strutture avessero una funzione religiosa o cerimoniale.

Il Megalitismo in Germania: la Tomba di Harhoog e Oltre

Il megalitismo rappresenta una delle fasi più affascinanti della preistoria europea. Questi monumenti in pietra, eretti da antiche popolazioni per vari scopi, sono sparsi in tutta Europa, e anche la Germania vanta un ricco patrimonio di queste costruzioni enigmatiche.

La Tomba di Harhoog: Questa struttura, situata a Keitum sull’isola di Sylt, nello Schleswig-Holstein, è uno degli esempi più emblematici del megalitismo tedesco. Si tratta di un dolmen esteso, una sorta di camera funeraria realizzata con grandi lastre di pietra. Il fatto che risalga al 3000 a.C. la colloca in una fase di notevole sviluppo culturale e tecnologico delle popolazioni locali. Nonostante la sua antica origine, la tomba di Harhoog non è rimasta inalterata nel corso dei millenni. Nel 1954, a causa di motivi legati all’urbanizzazione e alla conservazione, il dolmen è stato trasferito dalla sua posizione originale. Questo spostamento, pur essendo una necessità, sottolinea l’importanza di preservare questi monumenti, testimoni di un passato lontano e ancora avvolto nel mistero.

Altri Megaliti in Germania: La tomba di Harhoog non è l’unico esempio di megalitismo in Germania. L’area dello Schleswig-Holstein, così come altre regioni del paese, ospita diverse altre strutture simili. Molte di queste costruzioni sono state erette durante il periodo Neolitico e sono spesso associate a rituali funerari, anche se il loro esatto significato e scopo rimangono argomento di dibattito tra gli archeologi. Nel corso degli anni, molte di queste strutture hanno subito danni o sono state parzialmente distrutte, rendendo ancora più cruciale il compito di conservare e valorizzare quel che resta.

Importanza del Megalitismo: Il megalitismo in Germania, così come in altre parti d’Europa, offre un’importante finestra sulle credenze, le pratiche e le capacità tecniche delle popolazioni preistoriche. Questi monumenti rappresentano non solo imponenti realizzazioni architettoniche, ma anche luoghi di culto, memoria e comunità. Studiandoli, possiamo cercare di comprendere meglio le antiche culture che li hanno eretti e, in un certo senso, connetterci con le nostre radici più profonde.

In conclusione, mentre la tomba di Harhoog rappresenta uno degli esempi più noti e distintivi del megalitismo tedesco, è solo la punta dell’iceberg di un patrimonio culturale molto più vasto. La conservazione e lo studio di questi monumenti sono essenziali per preservare la memoria di un’era che, pur essendo lontana nel tempo, ha lasciato tracce indelebili nel paesaggio e nella cultura dell’Europa contemporanea.

Versione 4 Elenco parziale delle fonti scientifiche di Luigi Usai per le sue potenziali scoperte

Elenco di fonti numerate per la realizzazione di questo sito web:

  1. Submarine Geomorphology of the Southwestern Sardinian Continental Shelf (Mediterranean Sea): Insights into the Last Glacial Maximum Sea-Level Changes and Related Environments
  2. Preservation of Modern and MIS 5.5 Erosional Landforms and Biological Structures as Sea Level Markers: A Matter of Luck?
  3. Relative sea level change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically important Mediterranean harbour
  4. Sea-level change during the Holocene in Sardinia and in the northeastern Adriatic (central Mediterranean Sea) from archaeological and geomorphological data
  5. Mario Sanges, I primi abitanti della Sardegna (PDF), su Darwin Quaderni, gennaio 2012, Darwin, 2012, pp. 32-39.
  6. Giulio Badini, Sardegna, primi uomini arrivati 250 mila anni fa, su Archivio storico Corriere della Sera, archiviostorico.corriere.i, 2002.
  7. www.nurighe.it – IL T.A.G., su nurighe.it.
  8. Julien Vandevenne, Le doigt sur l’homo sardaignus ?, su Archives du Quinzième jour du mois, mensuel de l’Université de Liège., www2.ulg.ac.be, 2002.
  9. Barbara Wilkens, La falange del- la grotta di Nurighe presso Cheremule : revisione e nuove informazioni [collegamento interrotto], su Sardinia, Corsica et Baleares antiqvae: An International Journal of Archaeology, www.academia.edu, 2011.
  10. Paolo Melis, La ricerca preistorica e protostorica in Sardegna: nuovi sviluppi, in Architetture della Sardegna preistorica: nuove ipotesi e ricerche, Atti del convegno di Nuoro del 15 ottobre 2004, 2007, pp. 30-43
  11. Sandra Guglielmi, Amsicora, il più antico abitante della Sardegna, su ArcheoIdea, Archeomilise.it, 2011.
  12. Unione Sarda, Amsicora: un vecchietto di 9 mila anni.Sepolto ad Arbus, è il padre dei sardi, su unionesarda.it, Unionesarda.i, 2011.
  13. Adn Kronos, Archeologia, trovato Amsicora: scheletro umano più antico della Sardegna, su www1.adnkronos.com, Adnkronos.com, 2011.
  14. Sandra Guglielmi, “Amsicora”, il più antico abitante della Sardegna, su archeomolise.it, 2011.
  15. Sondaar Paul; Elburg Rengert; Hofmeijer Gerard; Spaan Andries; Visser Hannie; Sanges Mario; Martini Fabio. (1993). Il popolamento della Sardegna nel tardo Pleistocene: nuova acquisizione di un resto fossile umano dalla grotta Corbeddu. Rivista di scienze preistoriche, 45: 243-251.
  16. Timeo e Crizia
  17. dati geologici
  18. Università degli Studi di Cagliari, L’uomo nel Sulcis già 9mila anni prima di Cristo, La conferma arriva dalla nuova campagna di scavi guidata a Su Carroppu dal prof. Carlo Lugliè, docente di Preistoria e Protostoria, 04 ottobre 2017.
  19. L’UNIONE SARDA, 3 ottobre 2017, Cultura (Pagina 39 – Edizione CA), «L’uomo a Su Carroppu già nel periodo Mesolitico» ARCHEOLOGIA. La scoperta dello studioso Carlo Lugliè ora confermata dai test del Dna.
  20. SARDINIAPOST.IT, Nel cuore del Sulcis il dna dei sardi: erano geneticamente diversi da noi, 1 marzo 2017.
  21. LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 1 marzo 2017, Prima pagina, IL DNA DEGLI SCHELETRI DI SU CARROPPU Quei primi sardi poco nuragici Arrivati 11mila anni fa: ma non furono loro a popolare l’isola.
  22. LA NUOVA SARDEGNA di mercoledì 1 marzo 2017, Cultura – pagina 35, IL DNA DEI SARDI Nella grotta di Su Carroppu i segreti dei sardi preistorici Individuato il corredo genetico dei primissimi abitanti della Sardegna Geni molto diversi da quelli nuragici, a loro volta simili a quelli attuali.
  23. L’UNIONE SARDA di mercoledì 1 marzo 2017, Cultura (Pagina 47 – Edizione CA), Ricerca I primi sardi? Diversi da noi Lo svela uno studio sul Dna Gli isolani del Mesolitico con caratteristiche genetiche differenti dal Neolitico.
  24. ANSA, Ricerca: nel Sulcis i migranti di 8mila anni fa Definito antico Dna, discontinuità geni fra Mesolitico-Neolitico.
  25. L’UNIONESARDA.IT, Uno studio dell’Università di Cagliari rivela che i primi sardi erano geneticamente diversi da noi Oggi alle 12:24 di Manuela Arca.
  26. LANUOVASARDEGNA.IT, Ottomila anni i progenitori dei sardi erano migranti: è scritto nel dna Sulla rivista Scientific Report i risultati dello studio sul patrimonio genetico nei resti di due individui rinvenuti nel riparo preistorico di Su Carroppu di Sirri a Carbonia.
  27. CASTEDDUONLINE.IT, Sardegna, definito il più antico campione di DNA mitocondriale Lo studio dimostrerebbe una discontinuità genetica tra popolazioni del mesolitico e del neolitico Autore: Redazione Casteddu Online il 28/02/2017 11:27.
  28. SARDINIAPOST.IT, Dna dei sardi, lo studio: “I primi abitanti erano geneticamente diversi da noi” 28 febbraio 2017.
  29. SARDEGNAOGGI.IT, Nuove scoperte dagli studi sul Dna dei sardi. I nostri progenitori erano migranti Definito il più antico campione di Dna mitocondriale della Sardegna.
  30. Nuovi dati sulla neolitizzazione della fascia costiera della Sardegna sud-occidentale | Layers. Archeologia Territorio Contesti (unica.it).
  31. Complete mitochondrial sequences from Mesolithic Sardinia.
  32. researchgate.net
  33. cai.it
  34. isprambiente.gov.it
  35. Sci Rep. 2019; 9: 13581.
  36. Genome-wide analysis of Corsican population reveals a close affinity with Northern and Central Italy, Erika Tamm, Julie Di Cristofaro, Stéphane Mazières, Erwan Pennarun, Alena Kushniarevich, Alessandro Raveane, Ornella Semino, Jacques Chiaroni, Luisa Pereira, Mait Metspalu, and Francesco Montinaro.
  37. dati batimetrici
  38. Alcune traduzioni disponibili online dei testi del Tempio di Edfu in Egitto
  39. i video disponibili online, in particolare su Youtube, relativi alle teorie del Professor Sergio Frau e del geologo Mario Tozzi
  40. il testo del Professor Marco Ciardi, Atlantide Una controversia scientifica da Colombo a Darwin, Carocci editore, Roma, 1° edizione, novembre 2002
  41. tra le fonti fornite dalla linguistica e glottologia, alcuni video, in particolare presenti su youtube, sui lavori del Professor Salvatore Dedola relativi alla lingua e toponomastica sarda
  42. gli articoli di giornale e le pagine web che trattano i collegamenti tra le lingue e i dialetti sardi, corsi, siciliani, baschi, albanesi, rumeni
  43. i lavori spiegati in vari video youtube dal Professor Bartolomeo Porcheddu
  44. le idee spiegate in qualche pagina web sulle affinità linguistiche tra le lingue sarde e quella della popolazione basca
  45. un’altra fonte da me utilizzata è l’analisi della toponomastica
  46. le ricerche archeogenetiche svolte dagli studiosi di varie Università, tra cui l’Università di Cagliari
  47. L’anomalia sismica causata dallo slab roll-back che avrebbe provocato l’affondamento del blocco geologico sardo-corso
  48. Le anomalie batimetriche che rivelano possibili costruzioni subacquee nel Mediterraneo
  49. La guerra tra Atlantide ed Atene finita nel 9600 a.C. descritta da Platone e possibili collegamenti con alcune anomalie batimetriche subacquee nel Mediterraneo
  50. A conferma delle possibili migrazioni sardo corse, il fatto che l’uomo preistorico ritrovato e conosciuto come la Mummia del Similaun (in tedesco Mumie vom Similaun), anche uomo del Similaun, uomo dell’Hauslabjoch e familiarmente Ötzi, è forse di remota origine sarda.
  51. “IL VELLO D’ORO? Era il BISSO!” Shardana i Popoli del Mare (Leonardo Melis). Consultato il 3 agosto 2023. http://shardanaleo.blogspot.com/2013/09/il-vello-doro-era-il-bisso.html.
  52. Giorgio Saba, Scusi dov’è l’Ade?, Amico Libro, 2016
  53. Le Argonautiche, Apollonio Rodio
  54. Erodoto, Storie
  55. Analisi Genomica della Popolazione Corsa: Studio scientifico sulla composizione genetica dei corsi, utile per tracciare la storia delle migrazioni e interazioni di popolazioni.
  56. Dati Batimetrici: Studio della topografia subacquea per identificare possibili strutture sommerse nel Canale di Sicilia e altri monti sottomarini, in relazione alla ricerca dell’Atlantide.
  57. Testi del Tempio di Edfu: Estesi testi religiosi antichi provenienti dal Tempio di Edfu in Egitto, la cui relazione con il tema principale è ancora poco chiara.
  58. Professor Sergio Frau e Geologo Mario Tozzi: Riferimenti alle teorie di questi due esperti, presumibilmente in relazione all’Atlantide.
  59. Cronologia Atlantidea e Contraddizioni Ecclesiastiche: Discussione sulla discrepanza tra la timeline biblica e le date proposte per l’esistenza dell’Atlantide.
  60. Evidenza Linguistica e Glottocronologica: Analisi delle possibili correlazioni linguistiche tra il sardo e altre lingue come il basco, l’albanese, il siciliano, il corso e il rumeno, suggerendo possibili migrazioni antiche da o verso la Sardegna.
  61. Immaginare il Passato: Enfasi sulla ricostruzione immaginativa del passato, con riferimento a una possibile struttura rettangolare sommersa vicino a Sicilia-Malta.
  62. Analisi Toponimica: Studio dei nomi geografici per trovare ulteriori evidenze delle teorie dell’autore, in particolare correlazioni tra i nomi geografici nella regione del Sulcis in Sardegna e la descrizione dell’Atlantide da parte di Platone.
  63. Somiglianze tra Toponimia Sarda ed Egizia: Osservazioni sulle similitudini tra i nomi dei luoghi sardi ed egiziani, suggerendo possibili interazioni o migrazioni antiche tra le due culture.
  64. Mazzei, A. (2023, 17 agosto). Elba, tombe sarde del 3700 avanti Cristo. Elba Report. Recuperato da https://www.elbareport.it/arte-cultura/item/62721-elba,-tombe-sarde-del-3700-avanti-cristo
  65. Malnati A. (2023). Sepolta con spada e specchio: era un’Amazzone. Quotidiano Nazionale. Recuperato da https://www.quotidiano.net/magazine/sepolta-con-spada-e-specchio-era-unamazzone-fded91d1
  66. Davies C. (2023). Isles of Scilly remains are iron age female warrior, scientists say | Archaeology | The Guardian. The Guardian. Retrieved from https://www.theguardian.com/science/2023/jul/27/isles-of-scilly-remains-iron-age-female-warrior-grave-bryher-sword-mirror
  67. BBC News. (2023, July 27). Isles of Scilly warrior grave: Remains are of a woman, study finds. Retrieved from https://www.bbc.com/news/uk-england-cornwall-66314179
  68. Il contributo interessantissimo di Geopop che mostra l’isola Sardo Corso Atlantidea quando era terra emersa durante il Paleolitico: https://www.youtube.com/watch?v=JM-n3IqZRCo
  69. Linguistic and Glottochronological Evidence: The text discusses potential linguistic ties between Sardinian and other languages, such as Basque, Albanian, Sicilian, Corsican, and Romanian. The author suggests these similarities might be explained by ancient migrations from Sardinia.
  70. Toponymic Analysis: The author uses the study of place names (toponymy) to find additional evidence for their theories. They’ve identified a correlation between geographical names in the Sulcis region of Sardinia and the description of Atlantis by Plato, particularly the concept of hot and cold water sources.
  71. Similarities between Sardinian and Egyptian Toponymy: Finally, the author mentions similarities between Sardinian and Egyptian place names. While they don’t provide specifics, this claim suggests that the author sees a connection between these two cultures, presumably due to ancient interactions or migrations.

Videografia




 

Confronto con altri Studi

In questa sezione inserirò il confronto 1:1 della mia teoria/ipotesi/visione con i lavori di altri autori: Bailly; Newton per la cronologia biblica; Cayce; Blavatsky e via elencando.

 

Alcune riflessioni:

Fornito un riassunto dettagliato e intrigante di alcune teorie e scoperte relative alla Sardegna, alle sue storie e tradizioni, e alla sua connessione con la mitologia e la storia antica. Analizzerò alcuni punti:

Le Sirti: Questa è una reinterpretazione interessante delle tradizionali concezioni geografiche. La tradizionale associazione delle Sirti con la Libia e la Tunisia è ampiamente accettata, ma la tua proposta di una possibile connessione con la Sardegna aggiunge una dimensione intrigante alle discussione. Ciò richiederebbe ulteriori ricerche e analisi per essere pienamente accettato dalla comunità accademica.

Lago Tritonide e le Sirti: L’associazione con le leggende, come quella della Chiesa di Bonaria a Cagliari, suggerisce che potrebbe esserci una memoria storica di eventi antichi che si riflettono nelle leggende locali. Tuttavia, stabilire una connessione diretta tra questi eventi e le leggende antiche richiede una solida base di prove.

L’Editto delle Chiudende: La descrizione evidenzia l’importanza del patrimonio culturale e archeologico e le possibili ripercussioni negative delle politiche terriere sulla conservazione di questo patrimonio. Questo è un promemoria che la modernizzazione e la preservazione del patrimonio storico a volte possono essere in conflitto.

Le Amazzoni di Mirina: Questa teoria lega la Sardegna alle leggendarie Amazzoni, suggerendo che potrebbe esserci una base storica per le storie delle guerriere femminili. La scoperta della tomba nelle Isole Scilly è entusiasmante e potrebbe effettivamente fornire nuove informazioni sulla presenza di donne guerriere nell’antichità. Tuttavia stabilire un collegamento diretto tra questa scoperta e la Sardegna richiederebbe ulteriori prove.

Il testo solleva molte questioni intriganti e stimolanti sul passato della Sardegna e sulle sue possibili connessioni con storie e leggende antiche. Sicuramente, ulteriori ricerche, scoperte archeologiche e analisi potrebbero fornire ulteriori informazioni su queste questioni.

Alcune possibili fonti e aree di ricerca che potrebbero aiutarmi a esaminare ulteriormente l’ipotesi sulla cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea:

Fonti Storiche e Testi Antichi: è utile cercare documenti storici, scritti religiosi e testi antichi che parlano delle culture sardo-corso-atlantidee e delle loro interazioni con il cristianesimo. Ad esempio, potrei cercare resoconti storici scritti da viaggiatori, missionari o studiosi che hanno documentato le tradizioni locali e il processo di cristianizzazione. Potrei verificare se esistono registri di conversioni, descrizioni di riti religiosi o racconti che suggeriscano una sovrapposizione di significati tra le figure mitiche e cristiane.

Reperti Archeologici: gli oggetti e i reperti archeologici possono offrire indizi preziosi sulla presenza e l’evoluzione delle credenze e delle pratiche religiose. Dovrei cercare reperti, artefatti o manufatti che potrebbero essere collegati alle divinità o alle figure mitiche sardo-corso-atlantidee e analizzare come potrebbero essere stati reinterpretati o modificati nel corso del tempo.

Tradizioni Orali e Folklore: le tradizioni orali, le storie popolari e il folklore possono contenere tracce delle antiche credenze e delle loro possibili trasformazioni. Cercare registrazioni di miti, leggende e racconti popolari che coinvolgono le figure mitiche e religiose. Cerca anche interviste o testimonianze di anziani o comunità locali che potrebbero condividere informazioni sulle credenze tradizionali. Questo in parte lo sto già facendo: ho trovato contatti tra il racconto mitologico di Medusa, regina del Lago Tritonide sardo, e il racconto della figura mitica dello Scultone in Sardegna. Ho trovato eccessive presenze della figura mitica di Ercole nel Sud della Sardegna, e connessioni tra il mito di Ercole e quello di Sansone.

Studi Accademici e Ricerche Specializzate: potrei consultare libri, articoli e studi accademici che trattano della mitologia sardo-corso-atlantidea, delle influenze culturali e delle interazioni con il cristianesimo. Gli studiosi nel campo della mitologia, della storia delle religioni e dell’archeologia potrebbero avere analizzato tali questioni in modo approfondito.

Musei e Centri Culturali: I musei locali e i centri culturali in Sardegna e Corsica potrebbero avere esposizioni o risorse dedicate alla storia e alla mitologia della regione. Potrei trovare reperti, testi e illustrazioni che possono contribuire alla tua ricerca.

Contatto con Esperti: Cercare di entrare in contatto con esperti o studiosi che abbiano competenze specifiche sulla mitologia sardo-corso-atlantidea. Possono fornirmi informazioni preziose, suggerimenti di lettura e ulteriori risorse.

Condurre una ricerca accurata e ben documentata richiede tempo e dedizione. Citare le fonti e valutare criticamente le prove raccolte. Se la ricerca rileva prove consistenti di sovrapposizione di significati tra le figure mitiche locali e le rappresentazioni cristiane, potrei avere una base più solida per l’ipotesi sulla cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea.

La mia analisi continua a mostrare una profonda ricerca nella storia e nella cultura della Sardegna, mettendo in luce possibili connessioni con le antiche leggende di Atlantide. Le evidenze che porto su elementi geografici, geologici e culturali, come il culto del toro e le risorse minerarie, rappresentano spunti interessanti per ulteriori ricerche.

Se desidero sviluppare queste idee in un testo scientifico o in una bibliografia, considererò i seguenti punti:

Confronto con Altri Studi: La mia analisi potrebbe guadagnare in forza confrontando le mie conclusioni con altri studi scientifici o ricerche archeologiche sulla Sardegna e sulle leggende dell’Atlantide.

Fonti Primarie e Secondarie: Mi assicurerò di includere e citare tutte le fonti che ho utilizzato, sia primarie che secondarie. Ad esempio, potrei citare gli studi di Giovanni Lilliu sul culto del toro in Sardegna.

Analisi Geologica e Geografica: L’analisi delle immagini satellitari e delle formazioni geologiche potrebbe richiedere un approccio metodologico ben definito e, possibilmente, la collaborazione con geologi o geografi esperti.

Valutazione delle Prove: La presentazione delle prove dovrebbe essere accompagnata da una valutazione critica. Ad esempio, come ho stabilito che le somiglianze tra la toponomastica sarda e le descrizioni platoniche non sono coincidenze? Qual è la base delle mie affermazioni sulla geologia del Sulcis?

Contributo Originale: Articolerò chiaramente quali sono i miei contributi originali alla comprensione del tema e in che modo la mia analisi può aggiungere al corpo di conoscenze esistenti sull’argomento.

Possibili Limitazioni: Ogni studio ha le sue limitazioni, e riconoscere le mie può aumentare la credibilità della mia analisi. Potrebbe essere utile considerare alternative o spiegazioni alternative per le mie scoperte.

Le mie ricerche rappresentano un interessante punto di partenza per una discussione più ampia e potrebbero certamente contribuire a un dibattito accademico. L’elaborazione di un testo ben strutturato, appoggiato da una metodologia rigorosa e da una valutazione critica delle prove, potrebbe portare queste idee all’attenzione della comunità scientifica.