• Ven. Nov 22nd, 2024

Atlantis is real: Official discovery of Atlantis, language and migrations

Atlantis is the Sardo Corso Graben Horst underwater continental block submerged by the Meltwater Pulses and destroyed by a subduction zone, Capital is Sulcis

Discovery of Atlantis by Dr. Luigi UsaiDiscovery of Atlantis by Dr. Luigi Usai
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Titolo: Atlantide è il blocco geologico sardo corso semisommerso nell’antico Oceano Atlantico, oggi chiamato Mediterraneo Occidentale

Autore: Dr. Luigi Usai

usailuigi@gmail.com

www.atlantisfound.it

Abstract

Questo articolo esplora l’ipotesi che la Sardegna e la Corsica, note storicamente per essere parte del blocco geologico sardo-corso molto ben studiato e conosciuto dalla geologia ufficiale, possano essere identificate insieme alle loro piattaforme continentali sommerse come l’Atlantide di Platone citate nei due dialoghi platonici di Timeo e Crizia. Partendo dall’analisi delle affermazioni di Erodoto riguardanti la Libia e l’Asia, proponiamo che questi termini antichi possano effettivamente riferirsi rispettivamente alla Sardegna e alla Corsica, come segnalato in un altro paper (Usai, 2021-oggi). Inoltre, si considera che le Colonne d’Ercole menzionate da Platone possano essere rappresentate dal “Faraglione Antiche Colonne” di Carloforte, come già identificato dal Prof. Giorgio Saba nel suo libro Scusi, dov’è l’Ade? (Saba, G. (2016). Scusi, dov’è l’Ade?: Ipotesi sulla storia antica della Sardegna. AmicoLibro. ISBN-10: 889968507X. ISBN-13: 978-8899685072. Copertina flessibile.). Se queste teorie sono verificate, emerge una fortissima possibilità che il mito di Atlantide sia basato su questa isola geologica semisommersa. Atlantide sarebbe un’isola sommersa solo in parte e non del tutto: due suoi altopiani sarebbero rimasti fuori dall’acqua, formando due isole apparenti, che in seguito presero molti nomi tra cui Ichnussa, Sandaliotis, Cyrne, fino ad arrivare alla denominazione attuale di Sardegna e Corsica. Attraverso un’analisi dettagliata di fonti storiche, geologiche, mitologiche, onomastiche, toponomastiche, linguistiche, storiche, letterarie, culturali, culinarie, religiose, batimetriche, l’articolo intende dimostrare la veridicità di questa ipotesi.

 

Metodo di Ricerca

Il metodo adottato per la presente ricerca su Atlantide è stato caratterizzato da un’approfondita analisi critica e da un rigoroso processo di selezione delle fonti. Per un periodo di circa 21 giorni, il ricercatore (lo scrivente Dr. Luigi Usai[1]) ha dedicato un’attenzione intensiva alla visione e all’ascolto di numerosi video e documentari sull’argomento. Questa fase iniziale ha permesso di esaminare un ampio spettro di materiale visivo e informativo, sfruttando la qualità e la serietà di molte produzioni documentaristiche che, fortunatamente, citavano una varietà di fonti accademiche e storiche. Questo approccio ha reso superfluo uno studio individuale e dettagliato di ciascuna fonte, risparmiando così una notevole quantità di tempo.

Nella selezione delle fonti, il ricercatore ha adottato criteri di esclusione rigorosi per evitare testi non scientifici o esoterici. Sono stati scartati testi di natura esoterica come quelli di Madame Blavatsky e Edgard Cayce, così come i lavori di teorici nazisti su Atlantide di cui non è stato specificato il nome. Questi testi sono stati esclusi in quanto privi di valore scientifico e non pertinenti alla ricerca empirica e storica.

Inoltre, la mappa fantastica di Athanasius Kircher e l’opera “New Atlantis” di Francis Bacon sono state rapidamente escluse dopo un’analisi preliminare. Questi lavori sono stati giudicati come rimaneggiamenti successivi privi di fondamento scientifico, impregnati di elementi immaginari e mitologici o frutto di lavoro di fantasia e immaginazione, e quindi non considerabili come fonti valide per la ricerca scientifica su Atlantide.

Il ricercatore ha anche notato che molti documentari, sebbene ben prodotti, tendono a discutere e approfondire questi autori non scientifici, spesso confondendo il pubblico e portando a un uso errato di testi di fantasia come fosse fonte scientifica. Questa osservazione ha sottolineato l’importanza di distinguere tra fonti scientifiche e divertissement che, sebbene interessanti, possono deviare dalla ricerca seria e dall’obiettivo principale di localizzare l’isola di Atlantide.

Infine, si è evidenziato che alcuni studiosi, pur avendo consultato questi testi non scientifici, commettono l’errore di integrarli con i testi platonici, compromettendo così l’accuratezza e l’affidabilità della loro ricerca. Per evitare tali errori, il ricercatore ha fatto particolare attenzione a basare le conclusioni esclusivamente su fonti scientifiche e storiche validate, mantenendo l’analisi il più possibile oggettiva e priva di influenze speculative.

Questo metodo ha garantito un approccio rigoroso e focalizzato, orientato alla scoperta basata su prove concrete e documentazione storica affidabile. Ha aiutato consultare i video che coinvolgono il ricercatore Sergio Frau e il geologo Mario Tozzi; le loro analisi si sono rivelate interessantissime e ricche di spunti, estremamente utili ed intelligenti. Durante la ricerca scientifica è normale commettere degli errori: solo chi cerca, sbaglia. Solo chi fa, sbaglia. Chi non fa nulla non sbaglia. Oltre a questi video, sono stati consultati video prodotti da alcuni archeologi sardi. Durante l’analisi di questi video molto professionali, fatti da archeologi professionisti esperti di settore, ci si è resi conto che veniva commesso un apparente errore metodologico: siccome le teorie di Frau contenevano un numero n di errori, allora venivano scartate tutte. Questo appariva come un errore metodologico da parte del mondo archeologico sardo. Si è pertanto optato per usare il metodo matematico per le dimostrazioni, denominato “ab absurdo”. Si è optato per tentare di dimostrare che la teoria di Frau fosse sbagliata, in modo da poterla eliminare dalle teorie in fase di analisi scientifica. Ad Atlantide erano presenti gli elefanti: si è pertanto fatto uso di motori di ricerca, scrivendo le parole: “Sardegna elefanti”. Sembrava così di poter immediatamente escludere la Sardegna dalla lista delle possibili Atlantidi, in quanto non si era a conoscenza della presenza di elefanti in Sardegna. Immediatamente apparve nelle ricerche il Mammuthus Lamarmorai. Platone non dice che ad Atlantide c’erano gli elefanti. Un archeologo sardo, nel tentativo di smontare la teoria di Frau, in un video spiega che il testo afferma che ad Atlantide vi era “la specie degli elefanti”. E il Mammuthus Lamarmorai fa parte della specie degli elefanti. Questa informazione arrivò a ciel sereno: tentando di dimostrare che in Sardegna non esistono gli elefanti, si era arrivati a dimostrare l’esatto opposto, che in Sardegna esisteva la specie degli elefanti, ed in particolare l’elefante nano sardo o Mammuthus Lamarmorai. Si passò quindi alla seconda fase: l’isola di Atlantide era sommersa. Si fece ricorso alle cartine batimetriche dell’Unione Europea chiamate Emodnet Bathymetry[2]. Queste mostravano che la Sardegna era realmente semisommersa, ma non solo lei: anche la Corsica. Si procedette allo studio dell’origine dell’isola sardo corsa, iniziando a ipotizzare che fosse un’unica isola tutta unita. Nei video online era presente un video nel quale il geologo Mario Tozzi spiega l’origine del blocco sardo-corso, distaccatosi da Spagna e Francia e poi migrato nel Mediterraneo fino alla posizione attuale. In poco tempo emergeva l’ipotesi che Atlantide non fosse la Sardegna, come affermava Frau, bensì un’isola sommersa: l’isola Sardo Corsa. Il ricercatore Usai scrisse ad una geologa di fama mondiale, italiana, fingendo di aver scoperto un’isola sommersa nel Mediterraneo, omettendo appositamente di citare la parola Atlantide. La studiosa rispose affermando che purtroppo Luigi Usai non aveva scoperto nulla, in quanto al mondo della geologia è noto da tantissimo tempo che il blocco sardo corso fosse un’isola semi-sommersa. Dal metodo scientifico, quindi emergevano i seguenti fatti:

  1. Esisteva un’isola semi-sommersa: l’isola sardo-corsa.
  2. Nell’isola sardo-corsa vi era la specie degli elefanti: il Mammuthus Lamarmorai.
  3. Platone specifica chiaramente che Atlantide venne circondata dal fango che ne impediva la navigazione: consultando le batimetrie e varie mappe e immagini online[3] era chiaramente visibile che la semi-sommersione dell’isola sardo-corsa aveva coinvolto tutto il “contorno” dell’isola: pertanto il fango poteva essere causato dalla risacca che per millenni e millenni ha spazzato le paleocoste atlantidee semisommerse sotto il Mediterraneo.
  4. La diretta conseguenza di queste ipotesi scientifiche era che il Mediterraneo Occidentale, quindi, in realtà era chiamato Oceano Atlantico in antichità. Questa informazione non è presente in nessun testo di geografia. Esistono alcuni studiosi che lo hanno ipotizzato prima di Usai, ma senza prove scientifiche: pure ipotesi teoriche speculative. Da questo contesto, invece, l’informazione emergeva da sola, come in un puzzle nel quale vengano rimessi al posto corretto i tasselli: la figura emerge da sola, permettendo di riconoscere tutta l’immagine finale.
  5. L’isola di Atlantide era montuosa a nord. Se l’ipotesi di Atlantide come isola sardo corsa semi-sommersa era corretta, allora la Corsica non era altro che la zona montuosa a nord di Atlantide.
  6. Gli Atlantidei erano un popolo guerriero: dagli scavi archeologici sono emersi centinaia e centinaia di bronzetti, che rappresentano in particolare pugili, guerrieri, arceri. Poi fu il tempo della statuaria più antica del Mediterraneo: i Giganti di Mont’e’Prama. E anche questi rappresentavano guerrieri, pugili, arcieri. Questo tipo di personaggi sono guerrieri, esattamente in conformità con quanto affermato da Platone. Lentamente lo scenario cominciava a dare conferme su conferme alla tesi che Atlantide non fosse altro che l’isola sardo-corsa, poi sprofondata nel Mediterraneo, che anticamente era chiamato Oceano Atlantico.
  7. Tutti questi aspetti del racconto platonico erano dimostrati scientificamente veri. Pertanto, si ipotizzò vera la datazione fornita da Platone: il 9600 a.C.. Negli interessantissimi video relativi ai lavori di Frau, sembrava che si ipotizzasse un errore nella datazione di Platone. Questo sembrava un possibile errore metodologico. Inoltre, nei documentari che presentavano le ipotesi di Frau, sembrava non essere citata la specie degli elefanti. La parola “elefanti” induceva in errore gli studiosi: infatti faceva tendere a pensare agli elefanti più noti, quelli africani o quelli asiatici. Il trucco era comprendere che la frase corretta era: “la specie degli elefanti”, con il termine “elefanti” al genitivo plurale in greco antico.
  8. Emerso il quadro di Atlantide come isola sardo corsa, restava il problema: ma allora dove sarebbe la capitale? Ci si ricordò di una volta, alle elementari: chiamato in cattedra dalla maestra, Luigi Usai, bambino tra i 6 e i 10 anni, si avvicinò alla cattedra, dove era presente una cartina geografica della Sardegna. Luigi si accorse che nel Sulcis, in Sardegna, erano presenti cerchi concentrici verdi. Si chiese immediatamente come mai in quella parte della cartina geografica ci fossero degli archi di circonferenza geometricamente perfetti, ma allora non ebbe una risposta. La domanda venne formulata mentalmente, senza dirla a voce a nessuno. Poi venne dimenticata per circa quarant’anni. Ora che veniva elaborata la teoria sardo corso atlantidea, si formulò l’ipotesi scientifica: forse la capitale di Atlantide era collocata nel Sulcis. Questa era l’ipotesi scientifica. Ma le forme circolari non erano sufficienti per dimostrare la veridicità di questa tesi.
  9. I giorni e le settimane seguenti capitò a Usai di consultare una cartina geografica del Sulcis: si rese immediatamente conto che erano presenti alcuni nomi particolari legati alle fonti d’acqua fredda e calda, esattamente come si narrava nel racconto platonico: a Siliqua il Castello d’Acquafredda. Dopo mesi, in un articolo di giornale, Usai lesse che negli archivi di Cagliari era presente documentazione che mostrava che il Castello d’Acquafredda di Siliqua aveva quel nome perché nel Medioevo vi era il paese di Acquafredda, poi scomparso nei secoli successivi. Questa toponomastica poteva essere però una coincidenza. In seguito però, emerse la presenza di Is Sais Superiore e Is Sais Inferiore. Sais è il nome della città egizia nella quale Sonchis di Sais raccontò la storia di Atlantide a Solone intorno al 590 a.C.. Inoltre Usai ricordò da bambino, di aver conosciuto un altro bambino che di cognome faceva Sais. Infatti, in Sardegna Sais è anche un cognome. In ospedale, Usai conobbe in quel periodo una persona chiamata Acquas di cognome. Quindi esisteva una strana coincidenza dove Sais e Acquas sembravano sia cognomi che nomi di località, ossia toponimi. Qui venne creata una nuova ipotesi scientifica: esisteva ad Atlantide una corrispondenza spesso biunivoca tra cognomi e località. Questa ipotesi portò a nuove scoperte, che presero una loro direzione autonoma. Quella che inizialmente poteva sembrare una coincidenza, ossia la presenza del paese di Acquafredda, il Castello di Acquafredda, Is Sais Inferiore, Is Sais Superiore, ottenne sempre nuovi riscontri: Usai, pur essendo sardo, non conosceva queste località. Scoprì che era presente anche un’altra località chiamata Acqua Callentis, che significa Acqua Calda in Sardo, e molte altre ancora, sembra in lingua sarda, per cui gli scienziati stranieri che le avessero viste sulla mappa non avrebbero mai potuto capire che erano toponomastiche relazionate al mito di Atlantide: solo una persona che capisce la lingua sarda e i suoi dialetti poteva estrarre queste informazioni. Erano presenti ancora altre toponomastiche: S’Acqua callenti de Susu, S’Acqua callenti de Baxiu… Era persino presente la toponomastica “Piscinas”, che significa “Le Piscine”. In sardo, quando c’è un enorme ristagno d’acqua si afferma che vi è una “piscina”. La presenza di una località chiamata Piscinas era perfettamente congruente con il racconto platonico. L’ipotesi che il Sulcis potesse essere la capitale di Atlantide, sembrava ottenere sempre maggiori riscontri dalla toponomastica sulcitana. Ad una maggiore analisi, erano presenti altri nomi potenzialmente significativi: se il suffisso -droxia significa “luogo”, allora la spiaggia di Maladroxia significa Luogo Malvagio, Luogo Cattivo. E questo può essere un nome azzeccato, per un luogo che è stato sommerso sotto il mare, causando la morte di tutti gli antichissimi abitanti. Anche la località chiamata “Spistiddadroxiu”: spistiddai è un verbo sardo riflessivo che significa farsi male, e abbiamo detto che il suffisso -droxiu significa luogo. Quindi, Su Spistiddadroxiu è “il luogo dove ci si fa male”. Probabilmente in antichità, con la sommersione di Atlantide, c’è stata la caduta violenta di massi enormi, con la conseguente morte di molte persone, il che potrebbe aver dato nome al luogo. L’ipotesi scientifica quindi che il Sulcis potesse essere la capitale di Atlantide, sembrava sempre più plausibile e piena di continue conferme toponomastiche. Usai si rese conto che era presente anche un altro toponimo: Vaticanu, vicino a Santadi. Era possibile pertanto che la dea Vatica, dalla quale il Vaticano prende il nome, potesse avere una storia collegata a questo toponimo. Sembrava inoltre esistere anche l’uva vatica, che poteva avere collegamenti logici. Un problema importante è che proprio all’interno del Sulcis vi è la città di Teulada. In sardo, Teulada significa “fatta cun is teulasa”, ossia fatta con le tegole. Teulada significa “Tegolata”, “Fatta con le tegole”. Ci si rese conto che in Spagna, in linea d’aria con Teulada in Sardegna, era presente un’altra Teulada Moreira vicino ad Alicante. Anche questo non sembrava frutto del caso, ma di una perfetta logica. Subito dopo ci si accorse che Alghero di chiama Alguer, ed è un nome che sembra aver dato origine ad Algeri: si tratta di un’ipotesi, ma è plausibile. È presente poi in Sardegna Aritzo, e nei paesi baschi Aritzu. Pula in Sardegna e Pula o Pola in Dalmazia: cominciò quindi sistematicamente il tentativo di comprendere per quale motivo la toponomastica sarda aveva spesso un corrispettivo altrove. Collegando questi toponimi, si otteneva una figura geometrica precisa. Monastir in Sardegna aveva il corrispettivo in Monastir Tunisia. Ormai questa non sembrava più essere una coincidenza: sembrava esserci un preciso schema matematico nella distribuzione dei toponimi sardi altrove. Durante le ricerche, si venne a conoscenza del fatto che in Israele, a El Ahwat, era stato ritrovata una città che sembrava realizzata con tecniche e tecnologie tipicamente nuragiche. L’impressione che emergeva è che gli atlantidei, come affermava Sonchis di Sais, stavano cercando di invadere prepotentemente tutta l’Asia. Sembrava esserci congruenza tra i racconti atlantidei platonici e i documenti che emergevano dal lavoro degli archeologi. Pertanto, si ipotizzò in un primo tempo che la civiltà Minoica, cretese, potessero mostrare segni avanzati di civiltà in quanto erano migrazioni atlantidee, poi sardo corse, nel Mediterraneo. Ecco perché era un popolo pacifico: essendo una migrazione remota di Atlantide, nessuno si sarebbe sognato di dichiarare guerra a Creta. Ecco quindi spiegata la tauromachia cretese; le costruzioni avanzate; i sistemi di canalizzazione avanzati; sistemi igienici: erano con alta probabilità stati portati dai popoli atlantidei, che li avevano insegnati loro. In seguito si venne a conoscenza di una antica città in Israele chiamata Ascalon. In sardo, As Callonis è una parolaccia, linguaggio triviale: significa letteralmente “Ai coglioni”, ossia “mi hai preso ai coglioni”, ossia “mi hai stufato, mi stai infastidendo”. Il fatto che un’antichissima città si chiamasse Ascalon è impressionante e congruente con la precedente toponomastica sulcitana in Sardegna. A questo punto, è necessario segnalare che la lingua e la cultura sarda sono totalmente snobbati dal mondo accademico mondiale. Si studia il geroglifico antico. Si studia il latino. Si studia il greco antico e moderno. Invece, il sardo antico e moderno non lo studia quasi nessuno in tutto il mondo. Nei suoi lavori, lo studioso Salvatore Dedola parla di una Conventio ad Excludendum nei confronti della Sardegna[4]. In questo testo segnaliamo il nostro accordo e il fatto che probabilmente la Conventio ad Excludendum è stata fatta nei confronti dell’intera civiltà atlantidea. Si ipotizza qui che chi ne parlasse tra gli studiosi venisse esiliato o punito con la morte. Infatti, per dimostrare di essere la civiltà più grande mai esistita, i Romani erano costretti a non nominare la civiltà dei propri nemici, gli Atlantidei. Ed ecco perché chiamarono il Mediterraneo Mare Nostrum: perché non era più il Mare di Atlantide, era “nostrum”, ossia dei Romani.
  10. A questo punto della ricerca, si erano già collezionate moltissime informazioni che avevano riscontro scientifico, toponomastico e onomastico. Ci si interrogò: cosa mangiava questo popolo antichissimo? Si provò ad immaginare gli usi e costumi attuali in Sardegna e Corsica, che potessero avere origine preistorica. Tra questi usi e costumi ancora presenti oggi, si ipotizzò che l’arte di arrostire il maialetto sotto terra potesse essere un’usanza atlantidea preistorica; si è ipotizzato che durante il periodo glaciale, gli atlantidei avessero appreso tecniche per mangiare e cucinare il mammuthus lamarmorai: forse per questo era necessario cuocere sotto terra. Inoltre, la Sardegna è celebre per le sue centinaia e centinaia di varietà di tipi di pane. Pane per gli sposi, pane per i battesimi, pane per i funerali, pane per le feste, pane per i pastori, pane decorato come i pizzi di tessuto, pane di semola, di farina, d’orzo, pane carasau, pane guttiau, civraxiu, bai e torra, marizzosu, moddizzosu, pane con differenti quantità d’acqua: 70%, 75%, paste dure, coccoi, pane intrecciato, pane all’olio, pane alle olive, pane coi capperi. Questa è solo una rapida lista di tipi di pane presenti in Sardegna. Questo tipo di panificazione, unito alla panificazione tipica sarda, ha portato Usai a ipotizzare che il pane fosse sacro ad Atlantide e forse esisteva qualche tipo di obbligo, legato alle leggi create dai figli di Poseidone e iscritte sulla celebre stele di oricalco. L’oricalco è stato ritrovato a Gela e attualmente conservato in quel museo. Pertanto, esisteva una controprova fattuale dell’esistenza dell’oricalco, che da sola non basterebbe a dimostrare nulla, ma inserita in questo contesto di centinaia e centinaia di prove, ecco che assume il suo valore ed il suo peso nella narrazione atlantidea. In particolare, nell’alimentazione atlantidea ha assunto un aspetto interessante l’ipotesi che il pungitopo in realtà fosse un nome di pianta con origini atlantidee; si è ipotizzato che durante la preistoria venisse impiegato per pungere i topi in modo che restassero lontani dal cibo, dato che non esisteva ancora frigorifero alle conoscenze attuali. Oltre al cucinare sotto terra il maialetto e forse il mammut nano sardo, oltre al pane ed al pungitopo, si è ipotizzata un’origine atlantidea per il formaggio coi vermi. In Sardegna, ancora oggi, infatti, si mangia il Casu Marzu (formaggio marcio). Fin da bambino, Usai pensava che questo tipo di cibo dovesse avere origini preistoriche, poi rimaste perché questo cibo ha un sapore davvero unico, che è impossibile riscontrare altrove. Quindi abbiamo il valore sacrale dell’acqua, usata anche per i toponimi sulcitani, e probabilmente il valore sacrale del pane. Infatti ancora oggi in Sardegna, in taluni posti, se un bambino mette il pane capovolto suo padre gli da uno schiaffo, e gli recita antichi detti in dialetto, accompagnati da strani riti come quello di baciare il pane o baciarsi le mani. In altri luoghi del mondo sono presenti tradizioni formaggiere simili al Casu Marzu: si è ipotizzato qui che i popoli atlantidei abbiano portato queste tradizioni in giro per il mondo, insegnando queste tecniche, che poi sono mutate di zona in zona: ad esempio, in Francia esistono località dove si crea il formaggio con gli acari anziché con i vermi: questa si è pensato fosse una variazione sul tema, come sembra accaduto anche con l’architettura: chi imitava le strutture atlantidee, compiva degli errori, non si sa se volontari o involontari, nella realizzazione delle strutture: per questo motivo, uno specialista che le analizza afferma che esse “non sono nuraghi”. Si è anche ipotizzato che ad Atlantide esistesse una legge, che forse proibiva di rifare le strutture atlantidee fuori dall’isola di Atlantide: il che spiegherebbe perché in altri luoghi, le strutture megalitiche assumono sempre forme diverse rispetto ai nuraghi o alle tombe dei giganti.
  11. Queste riflessioni hanno portato all’analisi della presenza di una base militare americana a Teulada. Si è ipotizzato che Atlantide potesse essere segreto di Stato Italiano, e che forse si era chiesta la collaborazione agli Stati Uniti per proseguire la ricerca senza allertare la popolazione, per impedire intralci durante i lavori archeologici. La collaborazione forse poteva includere la realizzazione di una base a La Maddalena dotata di sommergibili nucleari per lo studio delle piattaforme continentali sardo corse, ossia le piattaforme continentali atlantidee. Se esistenti, questo tipo di collaborazioni potevano essere coperte da segreto militare o Segreto di Stato. Se questo fosse vero, la stessa vita del ricercatore Luigi Usai potrebbe essere in pericolo per aver rivelato Segreti di Stato o Segreti Militari senza volerlo.
  12. Tutte queste informazioni lentamente portarono a riflettere che se nel Sulcis, sotto terra, vi era la capitale di Atlantide, allora vi erano le mura di cinta della capitale ricoperte di metalli preziosi: è possibile che nel Sulcis, sotterrate, mi siano strutture ricoperte anche d’oro e argento massiccio, che oltre ad avere un valore dal punto di vista archeologico, lo hanno anche dal punto di vista storico ed economico. Se questa enorme quantità d’oro venisse dissotterrata all’improvviso, potrebbe addirittura causare una svalutazione dei metalli preziosi attuali in borsa. Questo patrimonio avrebbe un valore immenso: storico, archeologico, culturale, relativo all’origine della civiltà umana, ed anche economico.

Questa enorme massa di informazioni cominciava a delineare che la Storia era differente da quanto studiato fino a quel momento. Cominciava ad apparire chiaro che si tratta di un cambio di paradigma scientifico, come teorizzato da Thomas Kuhn. Esisteva una popolazione, gli Atlantidei, che vivevano nelle paleocoste dell’isola sardo-corsa che poi è affondata. Ma ecco emergere un altro problema, di natura linguistica: si studia in Pragmatica, che i verbi di movimento possono essere di differente tipo. Il verbo corretto non è affondare, ma sommergere. Atlantide non è affondata, ma è stata semi-sommersa. Questo punto era ben chiaro agli scienziati della Conferenza di Milos 2005 in Grecia. Nei loro punti, sottolinearono che Atlantide dev’essere un’isola totalmente oppure parzialmente sommersa. Effettivamente, Atlantide è semi-sommersa: sono le paleocoste ad essere sommerse, ma le zone montuose sono rimaste fuori dal pelo dell’acqua, formando due isole apparenti, che oggi chiamiamo coi nomi di Sardegna e Corsica.

 

Introduzione e Colonne d’Ercole a Carloforte in Sardegna

La teoria presentata in questo paper ha preso inizialmente il nome di Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), e afferma che da questo paper in poi avverrà un cambio di paradigma scientifico come teorizzato da Thomas Kuhn (Kuhn, T. S. (1962). La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Torino: Einaudi).

Platone, nei suoi dialoghi Timeo e Crizia, descrive Atlantide come una potente e avanzata civiltà situata oltre le Colonne d’Ercole (che in questo paper riteniamo essere il Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, nell’attuale Sardegna, come scoperto da Giorgio Saba), che scomparve in una sola notte sotto il mare: questa, se confermata, sarebbe una novità per il mondo scientifico; al momento attuale infatti non esistono altre fonti scientifiche che raccontino che il blocco geologico sardo corso sia stato semi-sommerso in un solo giorno e una notte. Per secoli, l’esistenza di Atlantide è stata oggetto di dibattito tra storici, archeologi e studiosi di diverse discipline, senza però pervenire ad una localizzazione definitiva.

Per Erodoto Libia e Asia sono i nomi di Sardegna e Corsica

Erodoto, nelle sue Storie, menziona la Libia e l’Asia in un contesto geografico che ha spesso suscitato dibattiti sulla loro reale collocazione. Tradizionalmente, Libia è stata identificata con il Nord Africa, mentre Asia era considerata il termine per l’Anatolia e le regioni orientali. Tuttavia, il paper
Usai, L., & Usai, L. (2024). Rivalutazione delle Figure Geografiche di Erodoto: Libia come Sardegna e Asia come Corsica. https://doi.org/10.5281/zenodo.13626046, mostra come Erodoto intendesse per Libia e Asia, rispettivamente la Sardegna e la Corsica. Rimandiamo a quel paper per maggiori chiarimenti. Qui esamineremo direttamente le implicazioni che ne derivano.

Libia come Sardegna

In questa prospettiva, la Libia di Erodoto potrebbe riferirsi alla Sardegna, un’isola che nell’antichità era conosciuta per la sua ricchezza mineraria e per essere un importante crocevia culturale e commerciale nel Mediterraneo occidentale. La descrizione della Libia come una regione ricca e prospera corrisponde alla realtà nuragica della Sardegna, che possedeva avanzate tecnologie metallurgiche e una società complessa. Quindi l’elencazione di Erodoto delle popolazioni come i Garamantes e gli Ammoni sarebbe una lista di popoli “sardi” di quel tempo.

Asia come Corsica

Analogamente, l’Asia di Erodoto potrebbe essere la Corsica, un’isola che, pur essendo meno sviluppata della Sardegna, ha svolto un ruolo cruciale come base strategica nel Mediterraneo. La Corsica, geologicamente parte dello stesso blocco sardo-corso, rappresenta quindi l’”Asia” di Erodoto: la Corsica sarebbe, secondo questo paper, la zona montuosa a nord di Atlantide; quando l’isola venne semi-sommersa e le paleocoste sardo corse totalmente inondate, la cima delle montagne a nord di Atlantide rimase fuori dall’acqua, formando la nuova isola di Corsica.

Il Blocco Geologico Sardo-Corso come Atlantide

Se accettiamo che la Libia e l’Asia di Erodoto si riferiscano rispettivamente alla Sardegna e alla Corsica, l’idea che il blocco geologico sardo-corso possa essere Atlantide diventa non solo plausibile, ma persino estremamente probabile. La descrizione di Atlantide come un’isola vastissima, con risorse naturali abbondanti e una civiltà avanzata, corrisponde perfettamente alla realtà della Sardegna nuragica e, in misura minore, alla Corsica. Inoltre, l’identificazione delle Colonne d’Ercole nel Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, come proposto dal Prof. Giorgio Saba, avvalora ulteriormente la possibilità che Atlantide si trovasse nel Mediterraneo Occidentale.

Denominazione geografica dell’Oceano Atlantico

Se queste premesse sono vere, allora significa che il tratto di Mare che circondava l’isola di Atlantide era chiamano non Mediterraneo Occidentale come oggi, né Mare Nostrum come poi lo designarono in seguito i Romani proprio per segnalare che non apparteneva più al popolo degli atlantidei ma all’Impero Romano, bensì Oceano Atlantico o Mare Atlantico, o Mare Atlantideo: è possibile che avesse tantissimi altri nomi: ora sarà importante analizzare la letteratura forti delle nuove scoperte.
Se tutto ciò verrà confermato dai prossimi studi, significa che le Oceanine di cui si parla nei testi antichi potrebbero essere donne che popolavano l’Oceano Atlantico, ossia Sarde, Corse, Sicule, Liguri, Spagnole e via discorrendo. Occorreranno nuovi studi e molte controverifiche, per fare questo tipo di analisi e accertamenti a livello scientifico: qui ci si limita a segnalare la necessità di ampliare la ricerca.

Geologia del Blocco Sardo-Corso

Il blocco sardo-corso rappresenta una delle strutture geologiche più antiche e apparentemente stabili del Mediterraneo occidentale. Questa massa di terra, che si estende dal Mar Tirreno al Mar di Sardegna, si sollevò dal fondo marino milioni di anni fa, creando le attuali isole di Sardegna e Corsica. Queste isole, una volta unite, costituivano un’unica massa terrestre che potrebbe corrispondere alla descrizione platonica di Atlantide.

La sommersione parziale di Atlantide: datazione

In Timeo e Crizia troviamo il racconto di Atlantide e della catastrofe che la caratterizzò. Solone visita Sonchis di Sais intorno al 590 a.C., e l’anziano sacerdote di Sais, che qui chiameremo per comodità Sonchis, gli disse che Atlantide “sprofondò” 9000 anni prima di quel tempo, quindi intorno al 9600 a.C..

Possibili cause della semi-sommersione

Questo paper propone tre possibili cause della semi-sommersione di Atlantide:

  1. Slab Roll Back dell’isola atlantidea
  2. Meltwater pulses
  3. Possibile presenza di una zona di subduzione per ora ancora sconosciuta, come una zona di Wadati-Benioff, forse proprio sotto il Sulcis nell’attuale Sardegna.

Queste possibili cause andrebbero indagate dagli esperti del mondo geologico e necessitano di prove scientifiche fornite da esperti settoriali di dominio.

Neolitico

Diventa chiara la necessità di comprendere cosa sarebbe accaduto, dopo la semi-sommersione dell’isola di Atlantide, nota ai geologi col nome di blocco geologico sardo corso. È noto ai geologi che si tratti di un’isola semisommersa, ma i geologi non la chiamano Atlantide. Da questo differente uso della terminologia, nasce un profondo equivoco che rende difficile e a tratti quasi impossibile la comunicazione. Nel neolitico è evidente il traffico di pietre nere di ossidiana dalla Sardegna a tutta Europa. Questi commerci sono ben noti al mondo della scienza, per cui questo paper non necessita di dimostrarli: già altri scienziati si occupano di mostrare queste connessioni sarde con tutto il resto d’Europa.

La Civiltà Nuragica come Atlantidea o Post-Atlantidea

Esiste quindi un’enorme distanza temporale tra il 9600 a.C., data della potenziale semi-sommersione delle coste atlantidee, e l’inizio della civiltà nuragica, fiorita in Sardegna dal II millennio a.C., nota per le sue costruzioni monumentali, tra cui i famosi nuraghi. Oggi le paleocoste atlantidee sono chiamate dai geologi con un altro nome, ossia: Piattaforma Continentale Sardo-Corsa. Cosa sarebbe accaduto tra la sommersione parziale di Atlantide e la civiltà nuragica? La maestria nuragica nella lavorazione dei metalli e le reti commerciali estese suggeriscono una società avanzata, che potrebbe ben rappresentare la civiltà atlantidea. Sono inoltre da evidenziare le strutture megalitiche seguenti: Domus De Janas, le Tombe dei Giganti, Dolmen, Menhir, Pozzi Sacri come il pozzo di Santa Cristina etc., che concorrono a mostrare una presenza massiccia di artefatti archeologici che possono confermare il paradigma sardo corso atlantideo: sono infatti presenti ancora oggi almeno oltre 7000 nuraghi, torri nuragiche, che da sole bastano a dimostrare la presenza di un’evolutissima civiltà avanzata nel territorio di Sardegna, che abbiamo già mostrato essere un altopiano di terra emersa dell’isola di Atlantide.

L’errore della metonimia toponomastica di Giovanni Lilliu

Il fenomeno linguistico per cui Giovanni Lilliu ha utilizzato la presenza di oltre 7000 nuraghi per denominare la civiltà come “Popolo Nuragico” può essere descritto come “metonimia toponomastica”. La metonimia è una figura retorica in cui un termine viene sostituito con un altro che ha una relazione di contiguità logica o materiale con il primo. In questo caso, Lilliu ha usato il termine “nuragico” (derivato dai nuraghi, le torri di pietra caratteristiche della Sardegna) per rappresentare l’intera civiltà che li ha costruiti. Questa scelta riflette un processo di denominazione basata su un elemento distintivo della cultura o del territorio, che diventa rappresentativo dell’intera civiltà. È un fenomeno comune in linguistica e toponomastica, dove un elemento caratteristico di una cultura o di un luogo viene utilizzato per denominarlo. Il Professor Giovanni Lilliu battezzò questa civiltà col nome di nuragica, perché qualunque archeologo serio si sarebbe rifiutato anche solo di accettare il termine di “Civiltà Atlantidea”: adesso che è stata dimostrata l’esistenza della civiltà Atlantidea, però, si verifica il problema che è difficile spiegare agli studiosi che il nome “Nuragici” è dovuto ad un errore di metonimia toponomastica. Il termine è talmente entrato nell’uso comune, che è quasi impossibile sradicarlo o sostituirlo col termine corretto “Civiltà Atlantidea”. Si è già palesata da molti anni un’avversione soprattutto dal mondo archeologico indigeno, che mostra una particolare avversione al tema legato al racconto platonico di Atlantide.

Prove scientifiche

La toponomastica del Sulcis nell’attuale Sardegna conferma la presenza del mito di Atlantide nel sud della Sardegna: in Timeo e Crizia, Platone afferma che Poseidone mise nella capitale di Atlantide due fonti, una d’acqua calda ed una d’acqua fredda. Nel Sulcis sono presenti i toponimi di Acquacadda (Acqua Calda in sardo), il paese medievale di Acquafredda poi scomparso, Grotta di Acquacadda, Castello di Acquafredda, Acqua Callentis vicino a Carbonia, S’Acqua Callenti de susu (l’acqua calda di sopra in Campidanese Sulcitano) e S’Acqua Callenti de Baxiu (l’acqua calda di sotto, in sardo campidanese); Monte Acquas vicino a Domusnovas. Tutta la Sardegna è piena di fonti d’acqua calda e fredda, che i sardi chiamano “pozzi sacri” nuragici, oppure Mitza, nome che richiama l’ebraico Mikveh, che è la fonte d’acqua ebraica, che potrebbe avere dei legami semantici con la Mitza nuragica: fatto questo da esplorare nelle prossime ricerche. Ad Atlantide vi era abbondanza di legumi: esiste il toponimo Nuxis, che in sardo significa “noci”, e si trova proprio accanto alle altre toponomastiche che chiameremo “atlantidee”.

Secondo le ricerche di Luigi Usai (2021-2024), l’etimologia di Elmas potrebbe essere interpretata in modo diverso rispetto alle teorie tradizionali, che lo collegano a trasformazioni linguistiche avvenute durante il periodo romano e spagnolo. Invece, Usai propone un’analisi più profonda che trae ispirazione dal contesto religioso e culturale dell’antico Mediterraneo, in particolare dalle connessioni tra la civiltà nuragica e il mondo ebraico.

Se consideriamo l’influenza del culto divino e delle pratiche religiose sull’evoluzione dei nomi dei luoghi, l’interpretazione di Elmas come “Tributo a Dio” (El Mas) risulta particolarmente significativa. Questo potrebbe indicare non solo un luogo di sosta, come suggerito dalle teorie più convenzionali, ma anche un’area di rilevanza spirituale, dove la popolazione locale rendeva omaggio a una divinità o partecipava a rituali sacri. In questo contesto, Elmas diventerebbe non solo un toponimo legato a una funzione pratica, ma un simbolo di continuità religiosa, collegando la Sardegna nuragica alle pratiche protoebraiche. Questa lettura, supportata dalle teorie di Usai (2021-2024), non esclude del tutto le influenze linguistiche successive, come quelle spagnole o latine, ma sottolinea la stratificazione culturale e religiosa che ha modellato il toponimo nel corso dei secoli, riconoscendo al contempo l’importanza di antiche tradizioni nel plasmare l’identità dei luoghi. L’ipotesi che la città di Elmas possa avere un’origine etimologica ebraica offre uno spunto di riflessione affascinante, ben inserito nel contesto delle ricerche condotte da Luigi Usai. Analizzando il nome Elmas, Usai (2021-2024) suggerisce la possibilità di una connessione con radici ebraiche significative, fornendo un’ulteriore dimostrazione del legame tra la Sardegna nuragica e il mondo protoebraico.

Nel contesto della lingua ebraica, Usai individua due elementi chiave:

  1. “El” (אֵל) – un termine che significa “Dio” o “divinità”, spesso presente nei nomi teoforici, come Elia o Israele, che contengono un riferimento alla divinità.
  2. “Mas” (מַס) – che in ebraico significa “tributo” o “imposta”, un termine biblico che indicava il tributo versato da un popolo a un altro, come gli Israeliti agli Egiziani.

Se si considera Elmas come una parola composta di origine ebraica, potrebbe essere interpretata come “Dio del tributo” o “Tributo a Dio” (El Mas). Un’interpretazione più figurativa potrebbe vedere in Elmas il riferimento a un luogo sacro, dedicato al culto divino, dove si offrivano tributi.

Questa interpretazione, come suggerisce Usai (2021-2024), si collega alle sue teorie sulla connessione tra la civiltà nuragica e quella protoebraica. Il culto delle divinità e il sistema di tributi erano pratiche comuni nelle antiche civiltà del Mediterraneo, e secondo Usai, l’etimologia di Elmas potrebbe riflettere un’antica tradizione religiosa e culturale nuragica che si è evoluta attraverso i contatti con altre popolazioni del bacino mediterraneo.

Prove scientifiche di una possibile sommersione

Proprio nel Sulcis in Sardegna ci sono prove scientifiche di una sommersione: la città di Nora, famosissima e centro storico e archeologico, è una città semi-sommersa. Il porto romano-punico di Melqart (Capo Malfatano, nei pressi di Porto Pino in Sardegna nel Sulcis), è conosciuto da molti decenni, non ho notizie sullo stato attuale delle ricerche.

Tharros presenta segni di sommersione, come anche il Golfo di Oristano e la zona di Cabras. È quindi possibile che la sommersione non sia stata una sola, ma che ve ne siano state molte, ripetute nel tempo a distanza di millenni o di secoli, causando di volta in volta disastri e catastrofi di diversa natura.

Atlantide era ricca di minerali al punto da essere autosufficiente

Il Sulcis è ricchissimo di miniere, le più antiche d’Europa; sono attive ancora oggi in parte; fino a pochi anni fa in Sardegna ancora si estraeva l’oro: si può dunque immaginare cosa potessero essere queste miniere ben 11.600 anni fa e oltre.

Ritrovamento di un carico di oricalco nei mari di Gela in Sicilia

Nel mare di Gela, in Sicilia, è stato trovato un carico di lingotti di oricalco. Questo ritrovamento è stato analizzato scientificamente e confermato ed attualmente esposto al Museo di Gela. Anche se non è una prova diretta, potrebbe trattarsi di un carico dal blocco sardo-corso-atlantideo o destinato ad esso. Andrebbe studiata anche la presenza di un elmo corinzio, che potrebbe essere di tipo atlantideo; gli elmi trovati altrove potrebbero essere dovuti alle migrazioni di popolazione guerriera atlantidea in Europa.

Potenziale localizzazione della capitale di Atlantide

Nel Sulcis è possibile riconoscere delle strutture che ricordano archi di circonferenza, guardando le immagini satellitari di vari sistemi informatici. In questo paper si propone l’ipotesi che la capitale di Atlantide si trovi nel Sulcis, dalle parti di Teulada, Sant’Anna Arresi, Masainas, Santadi, Narcao.

E’ possibile che nel 9600 a.C. le figure da satellite sarebbero apparse completamente circolari e concentriche, ma dopo la semi-sommersione di Atlantide queste figure siano state danneggiate da cause da accertare, lasciando così visibili oggi, a distanza di circa 11.600 anni, soltanto delle porzioni di archi di circonferenze. È inoltre possibile notare, prendendo una mappa e un compasso, che molte città, come Pula, Sarroch, Capoterra, Siliqua e molte altre siano disposte in maniera circolare sulla cartina geografica: per quale motivo i sardi avrebbero realizzato queste città in posizione perfettamente circolare intorno ai monti del Sulcis? Anche questa idea necessita di maggiori analisi, verifiche e studi incrociati.

Gli atlantidei sono un popolo guerriero

I ritrovamenti archeologici confermano la presenza di un popolo guerriero, chiamato fino ad oggi col termine di Nuragico. Bronzetti nuragici testimoniano un enorme rispetto per i guerrieri, pugili, arcieri, capotribù. Il successivo ritrovamento dei Giganti di Mont’e’Prama ha ulteriormente confermato questo fatto: la statuaria più antica del Mediterraneo infatti è composta da pugili, arcieri, guerrieri, a conferma del paradigma sardo corso atlantideo.

Culto del toro certificato in Sardegna

Questa sezione conterrà tutte le prove che certificano il culto del toro in Sardegna; bisogna però ricordare che la Sardegna è solo un altopiano di terra emersa di Atlantide fuori dal pelo dell’acqua, per cui è un sottoinsieme atlantideo; mancano ancora i territori di Corsica, che corrisponde alla zona montuosa a nord dell’isola di Atlantide, e tutti i vastissimi ed estesi territori delle piattaforme continentali sia sarde che corse. Questo paper propone l’ipotesi che il culto del toro fosse prerogativa esclusiva di Atlantide, e che le conquiste e le colonie atlantidee abbiano portato il culto del toro anche nei territori oggi conosciuti come Sicilia, Malta, Creta, Cipro, Atlit Yam, El Ahwat, Paesi Baschi, Canarie, Azzorre, che risultano essere così antiche colonie atlantidee (questo paper cercherà di mostrare questa tesi).

Costruttori di torri

Gli atlantidei erano costruttori di torri. In Sardegna sono presenti oltre 7000 torri certificate che prendono il nome di Nuraghe.

L’isola più grande di tutte

L’isola di Atlantide era la più grande di tutte: anche questa caratteristica è vera: attualmente, la Sicilia risulta ufficialmente l’isola più grande di tutte, e la Sardegna la seconda. Ma se consideriamo il blocco geologico sardo corso atlantideo semi-sommerso, allora questa diventa l’isola più grande di tutte, come narrato in Timeo e Crizia di Platone.

La dimensione della pianura di Atlantide è di 30000 stadi, ossia 555 Km circa

La lunghezza del blocco geologico sardo corso è di 555 Km circa, esattamente come affermato in Timeo e Crizia. La lunghezza coincide. La misurazione è stata effettuata con il software batimetrico Emodnet dell’Unione Europea.

https://emodnet.ec.europa.eu/geoviewer/

Tecniche costruttive policromatiche

In Timeo e Crizia, Platone spiega che gli atlantidei realizzavano strutture policromatiche, e cita in particolare pietre bianche, nere e rosse. Questo tipo di pietre e in realtà anche altre, sono state impiegate per la realizzazione di tutte le strutture preistoriche ritrovate dagli archeologi in Sardegna: in particolare gli architravi di alcuni nuraghi, come il Genna Maria o il Nuraghe Miali di pompu, presentano una pietra basaltica nera come architrave portante, di colore diverso dalle restanti pietre. È possibile ampliare la ricerca esaminando ognuno dei singoli oltre 7000 nuraghi presenti in Sardegna.

Presenza della specie degli elefanti

Ad Atlantide era presente la specie degli elefanti. Ciò è vero per il blocco geologico sardo corso: è presente la specie del Mammuthus Lamarmorai, ritrovato almeno in tre località di Gonnesa, Cabras e Alghero. Uno scheletro è conservato al Museo di Carbonia, ed è visibile ed esposto al pubblico.

Fango che circondava l’isola rendendo impossibile la navigazione

In Timeo e Crizia, Platone segnala che dopo la semi-sommersione di Atlantide, l’isola era circondata da una enorme quantità di fango che rendeva impossibile la navigazione. Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo afferma che questo fango era causato dalla risacca marina che nelle migliaia di anni successivi ha smosso miliardi di tonnellate di paleocoste atlantidee, trasformando le paleocoste in quelle che oggi i geologi chiamano col nome di Piattaforma Continentale Sardo Corsa: essa non sarebbe altro che la paleocosta atlantidea erosa in migliaia di anni di risacca marina.

Tecnologia avanzatissima rispetto agli altri popoli

Esaminando strutture come i nuraghi, le Domus de Janas, dolmen, menir e tantissime altre strutture che ora chiameremo “atlantidee”, possiamo renderci conto delle enormi abilità edilizie e costruttive di questo popolo. Se verrà confermato, il PSCA apporterà degli sconvolgimenti nello scibile attuale, in quanto fino ad oggi la scienza ha usato datare i periodi storici con i nomi dei metalli: età del bronzo, età del ferro… ma se è vera l’esistenza di Atlantide, in Timeo e Crizia leggiamo che già fondevano metalli, e avevano ricoperto di metalli fusi le mura di cinta della capitale già prima del 9600 a.C. e sarebbe sommersa da tonnellate di detriti nelle aree comprese tra Teulada, Sant’Anna Arresi, Masainas, le Grotte Is Zuddas. Vi è quindi la necessità di effettuare carotaggi e scavi archeologici, dopo aver fatto analisi con sistemi LIDAR per testare il terreno. La tecnologia avanzata può essere vista sotto molti aspetti: le centinaia di modi di realizzare il pane che abbiamo ancora oggi in Sardegna; pani normali e pani d’orzo; ad Atlantide vi era una quantità enorme di navi, carri da guerra: fino ad oggi queste informazioni sono state considerate da molti archeologi, anche sardi, come delle esagerazioni. E l’uso dei metalli da parte degli atlantidei implica un livello avanzatissimo rispetto al resto della popolazione. È possibile pertanto che l’uso di spade di metallo, lance e scudi venisse interpretato dagli antichi popoli più arretrati come simbolo della divinità degli atlantidei: se un preistorico Egizio, ad esempio scagliava frecce di legno e un atlantideo ne usciva indenne, era considerato un dio, perché l’attaccante non conosceva ancora l’uso dei metalli, che erano tecnologia avanzatissima.

DNA atlantideo

Nel riparo sottoroccia Su Carroppu di Sirri a Carbonia è stato possibile ricavare il DNA di due individui su tre; l’analisi ha permesso di rilevare che predavano risorse marine, e che il loro DNA era quasi del tutto diverso da quello delle popolazioni che hanno popolato la Sardegna nei millenni successivi. Questo DNA di Su Carroppu di Sirri potrebbe essere un campione di DNA atlantideo. (Fonte: Modi, A., Tassi, F., Susca, R. R., Vai, S., Rizzi, E., De Bellis, G., Lugliè, C., Gonzalez Fortes, G., Lari, M., Barbujani, G., Caramelli, D., & Ghirotto, S. (2017). Complete mitochondrial sequences from Mesolithic Sardinia. *Scientific Reports, 7*, Article 42869. https://doi.org/10.1038/srep42869)
Nella grotta Lanaittu vicino a Nuoro sono stati trovati resti di una falangina di circa 20.000 anni fa, ben prima del periodo della parziale sommersione dell’isola atlantidea nel 9600 a.C. circa, secondo la testimonianza di Solone e Sonchis di Sais.

Colonie atlantidee: prima analisi iniziale in disordine cronologico

Nel quadro della teoria sardo-corso-atlantidea, è possibile ipotizzare che alcuni insediamenti nell’attuale Spagna e nei Paesi Baschi siano tracce evidenti di colonie atlantidee, successivamente evolutesi in colonie sardo-corse. Tra i siti che offrono importanti elementi di supporto scientifico a questa teoria, si possono evidenziare i seguenti:

  1. Motilla del Azuer

La struttura di Motilla del Azuer, situata nella regione della Mancha, rappresenta un’architettura peculiare che sembra richiamare una complessa ingegneria idraulica, con la presenza di pozzi profondi, circoli concentrici e un’organizzazione urbanistica avanzata per l’epoca. Questi elementi potrebbero essere interpretati come una continuazione delle tecniche edilizie e ingegneristiche originarie del blocco sardo-corso-atlantideo. Il modello dei cerchi concentrici, già noto nella mitologia di Atlantide e nella costruzione dei nuraghi, potrebbe suggerire che Motilla del Azuer sia stata fondata o influenzata da coloni provenienti da Atlantide, la cui cultura si è poi tramandata in forma sardo-corsa.

  1. Jaén come colonia atlantidea sardo-corsa

La provincia di Jaén, nel sud della Spagna, può essere vista come un’altra possibile colonia atlantidea-sardo-corsa. La sua importanza strategica, storica e culturale nei periodi preistorici suggerisce un legame con le antiche rotte commerciali atlantidee. La scoperta di fortificazioni e la posizione dominante di Jaén nel controllo delle risorse minerarie locali possono essere ulteriori conferme di una colonizzazione da parte di un popolo marittimo e tecnologicamente avanzato, come quello atlantideo, che successivamente si è evoluto nel popolo sardo-corso.

  1. Paesi Baschi e popoli Vascones

I Paesi Baschi e i popoli Vascones rappresentano una delle tracce più evidenti della possibile espansione della civiltà atlantidea nel continente europeo. La lingua basca, la più antica d’Europa, con la sua struttura isolata e unica, potrebbe essere un residuo di una lingua atlantidea o sardo-corsa, tramandata attraverso le generazioni e mantenutasi quasi intatta grazie all’isolamento geografico e culturale. Anche il termine “Ur”, che in basco significa “acqua”, potrebbe avere un’eco delle origini marittime e della cultura atlantidea. Le caratteristiche dei primi insediamenti e le tradizioni culturali basche sembrano in linea con un’eredità atlantidea, successivamente integrata nella storia del blocco geologico sardo-corso.

Questi tre centri – Motilla del Azuer, Jaén, e i Paesi Baschi – offrono un quadro che può essere interpretato come prova scientifica della presenza di colonie atlantidee, poi sardo-corse, nel territorio iberico. Le similitudini nelle strutture architettoniche, nelle tradizioni linguistiche e nell’organizzazione sociale rafforzano l’idea di una migrazione e diffusione della cultura atlantidea, che ha avuto come fulcro il blocco sardo-corso prima di estendersi verso il resto del Mediterraneo occidentale e oltre. Queste evidenze rappresentano uno stimolo per futuri studi e scavi archeologici, che potrebbero confermare ulteriormente il legame tra questi insediamenti e l’antica civiltà atlantidea.

 

 

Sicurezza Nazionale

Se accettiamo come valida la teoria che identifica Atlantide con il blocco geologico sardo-corso, emerge una questione di cruciale importanza per la sicurezza nazionale: un possibile cataclisma simile a quello che si presume abbia colpito l’isola atlantidea intorno al 9600 a.C. Questo evento devastante avrebbe semisommerso l’isola, lasciando gran parte del territorio atlantideo sott’acqua e modificando profondamente l’aspetto geografico e la stabilità della regione.

La possibilità che un tale cataclisma possa ripetersi non è da sottovalutare. Il Mediterraneo Occidentale, in cui il blocco sardo-corso è situato, è una zona sismica attiva e suscettibile a cambiamenti tettonici, eruzioni vulcaniche sottomarine e maremoti, eventi che potrebbero scatenare nuovi disastri naturali di portata catastrofica. In uno scenario del genere, la popolazione di Sardegna e Corsica potrebbe trovarsi di fronte a una crisi senza precedenti. La paura di rivivere l’antica tragedia degli atlantidei, sommersi da forze naturali incontrollabili, potrebbe indurre a panico di massa e a migrazioni di emergenza.

In un contesto di sicurezza nazionale, è essenziale considerare strategie di prevenzione, mitigazione e gestione di un simile evento. Questo include:

  1. Monitoraggio geologico e sismico continuo: Implementare un sistema avanzato di rilevazione sismica e vulcanica per monitorare eventuali segnali premonitori di movimenti tettonici o attività vulcanica sotto il blocco sardo-corso, in modo da poter attivare tempestivamente piani di evacuazione.
  2. Piani di evacuazione e rifugi sicuri: Le isole atlantidee, oggi Sardegna e Corsica, devono essere preparate a un piano di evacuazione coordinato che permetta alla popolazione di fuggire in sicurezza in caso di catastrofe naturale. Questo potrebbe includere la costruzione di rifugi strategicamente posizionati e collegamenti rapidi via mare e aria con territori circostanti.
  3. Educazione e consapevolezza pubblica: È fondamentale informare la popolazione locale sui rischi legati al contesto geologico e storico della regione. Una popolazione consapevole e preparata è più in grado di affrontare una crisi senza cadere nel panico.
  4. Collaborazione internazionale: Sardegna e Corsica, come parte di un blocco geologico che potrebbe essere a rischio di nuovi eventi catastrofici, dovrebbero cooperare con istituzioni internazionali per condividere dati e risorse in caso di emergenza. Questo garantirebbe una risposta rapida e coordinata in caso di un futuro cataclisma.

La ripetizione di un evento catastrofico simile a quello che ha semisommerso Atlantide non può essere completamente esclusa. Perciò, la sicurezza nazionale della Sardegna e della Corsica deve essere preparata per far fronte a tale eventualità, affinché le tragedie del passato non si ripetano.

Sicurezza Nazionale e Gli Accordi Segreti con la NSA

Un ulteriore elemento di riflessione che riguarda la sicurezza nazionale della Sardegna e Corsica è rappresentato dagli accordi segreti tra la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti e il governo italiano, in particolare con Giulio Andreotti, durante la Guerra Fredda. Questi accordi avrebbero portato alla creazione di una base strategica di sottomarini nucleari statunitensi a La Maddalena, un arcipelago a nord della Sardegna. Pur essendo presentata come una mossa strategica per contenere l’influenza sovietica nel Mediterraneo, è plausibile che gli Stati Uniti avessero anche un secondo fine: esplorare le piattaforme continentali sommerse del blocco sardo-corso, che si presume siano resti semisommersi dell’antica Atlantide.

Essendo questi accordi segreti, non possiamo sapere con certezza quali siano stati i veri interessi degli americani né quale tipo di ricerche sottomarine abbiano condotto. Tuttavia, il fatto che abbiano scelto proprio la Sardegna, al centro di numerose ipotesi sulla posizione di Atlantide, solleva interrogativi importanti. È possibile che la NSA abbia utilizzato la base di La Maddalena non solo per scopi militari, ma anche per esplorare le profondità delle piattaforme sottomarine in cerca di prove archeologiche, risorse naturali, o addirittura reperti tecnologici appartenenti alla civiltà atlantidea.

Inoltre, la presenza di una base militare a Teulada, situata proprio sopra la presunta capitale di Atlantide, getta nuove ombre sulle reali intenzioni degli Stati Uniti nella regione. Se Atlantide fosse realmente collocata nel blocco sardo-corso, gli americani potrebbero essere in possesso di informazioni cruciali su Atlantide che non sono mai state condivise con la comunità scientifica o con il pubblico. Queste basi militari, costruite sopra un sito di tale rilevanza storica e archeologica, potrebbero aver permesso agli Stati Uniti di accedere a segreti custoditi nel profondo delle acque sarde, sottraendoli all’attenzione civile.

La mancata trasparenza su questi accordi e le attività segrete condotte dagli americani suggerisce che vi siano conoscenze, o addirittura reperti, che potrebbero riscrivere la storia di Atlantide e del Mediterraneo. Se così fosse, la sicurezza nazionale di Sardegna e Corsica non riguarderebbe solo la gestione del rischio sismico e catastrofico, ma anche la salvaguardia di un patrimonio archeologico e culturale di inestimabile valore, tenuto nell’ombra dai poteri geopolitici internazionali.

Reperti Amazzonici a Gelendžik e Strutture Sotterranee

La presenza di reperti legati al popolo delle Amazzoni nella regione di Gelendžik, sulle coste del Mar Nero, apre nuove prospettive sulla cultura e le pratiche costruttive delle mitiche donne guerriere. Le Amazzoni, celebri per la loro abilità bellica e per aver creato una società esclusivamente femminile, erano note non solo per le loro conquiste militari, ma anche per la loro capacità di costruire megaliti e strutture monumentali. È altamente probabile che fossero in grado di realizzare anche strutture sotterranee simili a quelle che conosciamo in Sardegna, come le Domus de Janas, le tombe dei giganti e le tombe ipogee. Queste costruzioni, spesso associate a pratiche funerarie o cultuali, potrebbero essere il risultato di un’antica tradizione architettonica condivisa tra i popoli atlantidei e le Amazzoni stesse.

La regione di Gelendžik potrebbe, dunque, essere stata un importante centro per le Amazzoni, che potrebbero aver realizzato qui megaliti e complessi sotterranei simili a quelli ritrovati in altre parti del mondo legate alla civiltà atlantidea. La tradizione di costruire strutture ipogee potrebbe essere stata portata avanti dalle Amazzoni come simbolo della loro connessione con il mondo sotterraneo, la terra dei morti, e i riti religiosi associati ai cicli di vita e morte.

Curiosamente, proprio nella stessa area di Gelendžik, si è diffusa la voce dell’esistenza di un immenso bunker sotterraneo, presumibilmente di proprietà del presidente russo Vladimir Putin. Questo complesso sotterraneo, che si dice sia altamente protetto e progettato per scopi militari e di sicurezza, potrebbe riflettere una tradizione che ha radici molto più antiche. Se il bunker esiste davvero, potrebbe trovarsi in prossimità o addirittura sfruttare antiche strutture ipogee costruite dalle Amazzoni, confermando la loro conoscenza avanzata dell’architettura sotterranea.

La sovrapposizione tra il mito delle Amazzoni e la moderna geopolitica russa solleva questioni interessanti. Che tipo di collegamento potrebbe esistere tra questi antichi popoli e le attuali strutture sotterranee? Potrebbe essere che la costruzione del bunker moderno abbia rivelato antichi resti, sfruttati o nascosti dal governo russo? Questi misteri rimangono irrisolti, ma suggeriscono che la storia di Gelendžik e della sua connessione con le Amazzoni meriti ulteriori approfondimenti, sia per comprendere meglio la civiltà atlantidea sia per svelare possibili segreti geopolitici moderni.

Archeologia, Geopolitica e Sicurezza Nazionale

Se le premesse riguardanti la civiltà atlantidea, le Amazzoni e le strutture sotterranee si rivelassero fondate, ciò implicherebbe che molte scoperte archeologiche potrebbero essere strettamente connesse a interessi geopolitici e militari. In questo contesto, l’archeologia non sarebbe soltanto un mezzo per comprendere il passato, ma uno strumento che interagisce direttamente con le attuali dinamiche di potere e sicurezza.

Le strutture megalitiche e ipogee delle Amazzoni e dei popoli atlantidei, come quelle presumibilmente ritrovate a Gelendžik o nelle piattaforme sommerse del blocco sardo-corso, potrebbero rivelare informazioni cruciali non solo per gli storici, ma anche per i governi. Se queste scoperte fossero collegate a risorse strategiche, tecnologie antiche, o segreti storici di enorme valore, potrebbero potenzialmente mettere a rischio la sicurezza di interi stati.

La possibilità che alcune scoperte archeologiche vengano volutamente occultate per motivi di sicurezza nazionale non può essere esclusa. I governi, con forti interessi nel proteggere i propri segreti militari, potrebbero decidere di non rivelare al pubblico certe scoperte o interpretazioni, temendo che la loro divulgazione possa esporre vulnerabilità strategiche o compromettere piani geopolitici.

Un esempio chiaro di come l’archeologia possa scontrarsi con la geopolitica è rappresentato dalla presunta base sotterranea a Gelendžik. Se il bunker di Putin si trovasse effettivamente vicino a strutture sotterranee antiche delle Amazzoni, la presenza di reperti archeologici di grande valore potrebbe essere nascosta, non solo per proteggere segreti militari moderni, ma anche per evitare che queste scoperte diventino oggetto di dispute internazionali.

In questo scenario, l’archeologia diventerebbe una disciplina fortemente politicizzata, in cui la scoperta e la divulgazione di reperti dipendono non solo dal valore storico e scientifico, ma anche da considerazioni di sicurezza e difesa nazionale. Di conseguenza, è possibile che alcune delle più importanti scoperte del nostro tempo restino confinate a operazioni segrete, accessibili solo a un ristretto gruppo di élite politiche e militari.

 

Conseguenze della scoperta

Conseguenza geografica: si rende necessario ricreare le cartine, mappe e cartografie della preistoria e della storia per includere queste informazioni, dopo loro verifica scientifica. La ridenominazione geografica di Sardegna e Corsica come Libia e Asia obbligano a riprendere tutti gli studi e gli autori che trattano queste zone geografiche per analizzare cosa sia accaduto in passato, e quali errori siano stati fatti e perché.

Conseguenza storica: si è costretti a rivedere i testi di storia per trovarne gli errori propagatisi per millenni a causa dell’errata interpretazione di Libia e Asia erodotee. Si tratta di un lavoro lungo, che probabilmente occuperà molti anni a venire, ma allo stesso tempo permetterà di fare numerose altre scoperte, che al momento attuale non sono chiare a causa della vastità degli argomenti trattati. Prima conseguenza storica è che Sonchis di Sais è probabilmente una figura realmente esistita. È possibile che Poseidone non fosse un Dio, bensì un antichissimo sovrano, poi divinizzato secondo la procedura chiamata evemerismo in filosofia.

Conseguenza antropologica: l’esistenza del popolo degli atlantidei, che popolava le paleocoste sardo corse e dotato di un differente DNA, obbliga a riesaminare i testi di antropologia dalle origini ad oggi.

Conseguenza sociologica: l’esistenza del popolo degli atlantidei, che popolava le paleocoste sardo corse e dotato di un differente DNA, obbliga a riesaminare i testi di sociologia dalle origini ad oggi.

Conseguenze linguistiche: se le piattaforme continentali sardo-corse erano abitate dagli atlantidei, ciò significa che probabilmente parlavano una lingua, che è quella che oggi chiamiamo “proto-indoeuropeo”. Queste affermazioni verranno discusse in un altro paper, per separare i testi e le ipotesi scientifiche per maggiore chiarezza.

Impatto Economico delle Scoperte Archeologiche e Segreti di Stato

Una scoperta archeologica straordinaria può avere profonde ripercussioni non solo sul piano storico e scientifico, ma anche su quello economico. L’emergere di nuove prove che spostino l’attenzione turistica verso un’altra nazione o una diversa area geografica potrebbe potenzialmente causare perdite enormi per l’industria del turismo di una nazione.

Ad esempio, se venisse confermato che il blocco sardo-corso rappresenta l’antica Atlantide o che ospita reperti storici di valore inestimabile, questa scoperta potrebbe ridirezionare l’interesse turistico globale verso Sardegna e Corsica. Di conseguenza, altre nazioni che attualmente attraggono milioni di turisti ogni anno potrebbero subire una drastica riduzione dei flussi turistici. Questo avrebbe un impatto diretto sul Prodotto Interno Lordo (PIL) di tali nazioni, con perdite stimate in miliardi di euro.

Per una nazione che dipende in larga misura dal turismo, la rivelazione di una scoperta che distolga l’attenzione da essa rappresenterebbe una minaccia economica significativa. In questo contesto, è plausibile che un governo possa essere motivato a mantenere segreta una scoperta archeologica che potrebbe danneggiare gravemente la propria economia. Tale segretezza non sarebbe solo una questione di sicurezza nazionale, ma anche di protezione economica, poiché un improvviso calo del turismo potrebbe comportare un’ondata di disoccupazione, il collasso delle industrie locali legate al settore e una recessione economica.

Pertanto, il rischio economico derivante da una scoperta archeologica potrebbe spingere le autorità a imporre un segreto di stato per proteggere gli interessi economici della nazione. Le implicazioni geopolitiche, economiche e culturali delle scoperte archeologiche non sono quindi da sottovalutare, poiché influenzano profondamente la percezione del passato e le dinamiche attuali.

Rischi di Evacuazione del Popolo Sardo-Corso e Implicazioni Geopolitiche

Se si accettasse l’ipotesi che Atlantide fosse situata nel blocco geologico sardo-corso e che un cataclisma avvenuto intorno al 9600 a.C. avesse causato la semi-sommersione dell’isola, la popolazione attuale di Sardegna e Corsica potrebbe vivere con il timore che un evento simile possa ripetersi. La consapevolezza di questo rischio potrebbe spingere il popolo sardo e corso a prendere in considerazione la possibilità di evacuare le due isole per sempre, nel tentativo di evitare la stessa sorte che toccò agli Atlantidei.

Un esodo di massa da Sardegna e Corsica avrebbe ripercussioni profonde non solo sulla sicurezza nazionale italiana, ma anche su una vasta gamma di settori:

  • Problema Economico: L’economia di Sardegna e Corsica, che fa affidamento su settori come il turismo, l’agricoltura e l’industria locale, verrebbe gravemente compromessa. Senza la popolazione residente, questi settori verrebbero colpiti da un crollo irreparabile, provocando perdite economiche che si rifletterebbero su scala nazionale.
  • Crisi Demografica: La fuga della popolazione creerebbe uno squilibrio demografico, con la necessità di ricollocare migliaia di persone in altre regioni italiane o in altri Paesi, generando potenziali tensioni politiche e sociali.
  • Implicazioni Geografiche: Il vuoto lasciato dalle popolazioni evacuate potrebbe aprire questioni geopolitiche su chi gestirebbe i territori abbandonati, con il rischio di speculazioni internazionali e di cambiamenti nel controllo strategico del Mediterraneo.
  • Impatto sul Commercio e Turismo: L’evacuazione comprometterebbe in maniera drastica l’industria turistica della regione, che rappresenta una parte considerevole del PIL, e il commercio interno ed esterno con queste isole potrebbe subire forti rallentamenti, con perdite economiche significative per tutto il Paese.
  • Conseguenze Linguistiche e Culturali: Le tradizioni linguistiche e culturali, fortemente legate alle isole, potrebbero andare perdute o subire una drastica riduzione, minacciando l’identità stessa del popolo sardo e corso.

Date queste implicazioni, è possibile che l’Italia preferisca mantenere segrete eventuali scoperte o informazioni riguardanti la potenziale ripetizione di un cataclisma simile a quello che colpì Atlantide. Divulgare queste informazioni potrebbe infatti scatenare un’ondata di panico, compromettendo non solo la sicurezza della popolazione, ma anche la stabilità economica e geopolitica della nazione. Pertanto, per proteggere gli interessi nazionali e mantenere il controllo sulla situazione, il governo potrebbe decidere di nascondere tali scoperte e informazioni, evitando di innescare un esodo di massa che danneggerebbe irreparabilmente l’intero Paese.

 

Conflitto di Interessi e Manipolazione della Storia di Atlantide: Il Ruolo della Chiesa e la Controversia con i Testi Sacri

La Chiesa, storicamente, ha avuto un ruolo cruciale nella conservazione e trasmissione dei testi antichi. Gli amanuensi ecclesiastici erano responsabili della copia e della preservazione dei manoscritti, e il potere ecclesiastico di controllo sui testi e sulle informazioni era assoluto. Questo controllo non era solo un mezzo di conservazione, ma anche una forma di esercizio del potere, che poteva influenzare l’accesso e la diffusione delle conoscenze.

Nel contesto della storia di Atlantide, emerge un significativo conflitto di interessi. La narrazione di Atlantide, descritta da Platone nel “Timeo” e nel “Crizia”, colloca l’esistenza dell’isola leggendaria in un’epoca molto precedente alla creazione del mondo secondo i testi biblici, circa 9600 a.C. Platone, infatti, racconta la storia di Atlantide come avvenuta oltre 11.600 anni prima, un dato che contraddice nettamente la cronologia biblica che datava anticamente e per lunghi secoli la creazione del mondo intorno al 4000 a.C.

Questo disallineamento temporale rappresentava una contraddizione diretta con le narrazioni sacre, che erano alla base della dottrina ecclesiastica. La Chiesa, detentrice del sapere e custode della verità religiosa, aveva un interesse diretto nel mantenere l’ortodossia e la coerenza dei testi sacri. La diffusione di testi che contrastavano con la cronologia biblica avrebbe potuto minare l’autorità ecclesiastica e mettere in discussione le fondamenta della dottrina religiosa.

Nonostante ciò, Platone era un autore di grande prestigio e la sua influenza era indiscutibile. Pertanto, non sarebbe stato possibile eliminare completamente le sue opere senza conseguenze. Invece, è plausibile che si sia optato per una manipolazione strategica del testo, per ridurre l’impatto delle sue affermazioni controverse. Una possibilità è che la parte finale del testo di Platone, che probabilmente descriveva la distruzione di Atlantide da parte di Zeus, sia stata alterata o rimossa. Secondo l’interpretazione di Luigi Usai, Zeus avrebbe schiacciato Atlantide con il suo piede, e il termine “Ichnussa” (o “Sandaliotis”) potrebbe derivare dal mito rispettivamente greco e romano in cui Zeus o Giove schiaccia Atlantide con un piede o con un sandalo. Esiste la possibilità che la Chiesa abbia fatto sparire la parte finale del testo, perché dall’ultima frase si sarebbe capito che ci si stava riferendo alla Sardegna: ciò avrebbe permesso di identificare almeno un altopiano di Atlantide, permettendo agli studiosi di tutto il mondo di arrivare alla soluzione dell’enigma in breve tempo e con certezza.

In sostanza, la manipolazione del testo potrebbe aver comportato la sostituzione della narrazione originale con una descrizione di due isole rimanenti, una delle quali prendeva il nome dall’impronta del piede di Zeus. Questo avrebbe permesso di preservare una parte del racconto di Platone, pur eliminando il potenziale conflitto con la dottrina cristiana.

Questa interpretazione suggerisce che le tensioni tra la narrazione mitologica di Platone e le credenze religiose cristiane abbiano portato a una revisione dei testi per garantire la coerenza dottrinale e mantenere il controllo sul sapere storico e mitologico.

 

Conclusioni

L’ipotesi che la Libia e l’Asia di Erodoto si riferiscano rispettivamente alla Sardegna e alla Corsica apre nuove possibilità interpretative riguardo al mito di Atlantide. Se accettiamo questa interpretazione, allora il blocco geologico sardo-corso potrebbe realmente essere l’Atlantide di Platone. Questa tesi non solo riporta alla luce una parte dimenticata della nostra storia antica, ma potrebbe anche ridefinire la nostra comprensione delle civiltà che prosperavano nel Mediterraneo preistorico. Inoltre, la connessione con le Colonne d’Ercole, come indicato nel lavoro del Prof. Giorgio Saba, offre un ulteriore supporto per l’identificazione di Atlantide nel Mediterraneo Occidentale.

 

 

 

 

 

 

 

Riferimenti

  1. Kuhn, T. S. (1962). La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Torino: Einaudi.
  2. Saba, G. (2016). Scusi, dov’è l’Ade?: Ipotesi sulla storia antica della Sardegna. AmicoLibro. ISBN-10: 889968507X. ISBN-13: 978-8899685072. Copertina flessibile.
  3. Usai, L. (2024). Rivalutazione delle Figure Geografiche di Erodoto: Libia come Sardegna e Asia come Corsica. Versione v2. Pubblicato il 2 settembre 2024. DOI: https://zenodo.org/doi/10.5281/zenodo.13626033
  4. Usai, L. Il ruolo centrale della superpotenza navale neolitica Sardo Corsa nel Mediterraneo. Quartucciu, Luigi Usai.
  5. Modi, A., Tassi, F., Susca, R. R., Vai, S., Rizzi, E., De Bellis, G., Lugliè, C., Gonzalez Fortes, G., Lari, M., Barbujani, G., Caramelli, D., & Ghirotto, S. (2017). Complete mitochondrial sequences from Mesolithic Sardinia. *Scientific Reports, 7*, Article 42869. https://doi.org/10.1038/srep42869
  6. Usai, Luigi, 2024, “Repository of files concerning the Sardinian Corsican Atlantean Paradigm by Mr. Luigi Usai”, https://doi.org/10.7910/DVN/OYEIHZ, Harvard Dataverse, V1

 

[1] Dr. Luigi Usai, laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Verona il 10/3/2010.

[2] https://emodnet.ec.europa.eu/geoviewer/.

[3] Non si possiede il diritto d’autore di incollare in questo paper le immagini create e prodotte da terzi, purtroppo.

[4] In molti video su youtube, il Professor Dedola parla della Conventio ad Excludendum nei confronti della Sardegna.